William Christopher Handy ha composto il pezzo che ha dato il nome ai St. Louis Blues
Siamo a un terzo del cammino, il tempo vola. La decima tappa del nostro viaggio alla scoperta delle trenta franchigie che compongono la National Hockey League ci fa prendere l'Interstatale 30 in direzione nord-est, prima di imboccare per un centinaio di chilometri la 40 dopo Little Rock (capitale dell'Arkansas il cui nome deriva dal fatto che i primi esploratori, all'inizio del XVIII secolo, avevano come punto di riferimento della zona una piccola roccia emergente dall'Arkansas River) e, infine, poco prima di Memphis, la 55 verso nord, su su fino a St. Louis, nel Missouri.
La città , fondata nel 1764 da due transalpini e battezzata in onore del re di Francia Luigi IX, è chiamata anche Gateway to the West, il passaggio verso ovest, per il ruolo fondamentale giocato nell'espansione a occidente degli Stati Uniti. E la prima cosa che si scorge avvicinandosi in auto è proprio il Gateway Arch, un enorme arco che segna profondamente lo skyline della metropoli.
St. Louis, che ha dato i natali a Chuck Berry, il papà di "Johnny B. Goode", ha una lunga tradizione legata alla musica jazz e blues. Nei primi decenni del secolo scorso, in regime di segregazione razziale, era una tappa fissa del Chitlin' Circuit, un circuito con strutture e locali predesignati nei quali gli artisti di colore, da Jimi Hendrix a B.B. King, da Aretha Franklin a Ray Charles, erano autorizzati a esibirsi.
La squadra dei St. Louis Blues, fondata nel 1967 con una nota musicale come logo, deve il suo nome a queste profonde radici e in particolare al musicista William Christopher Handy, che nel 1914 compose "St. Louis Blues", splendido pezzo blues. Eseguito nel corso degli anni da numerosissimi musicisti di diversa estrazione, tra cui Mina, è considerato uno dei primi ad aver raggiunto il successo come canzone pop.
Il pezzo è famoso per il ritmo habanera che contraddistingue l'introduzione (e un secondo passaggio più avanti nella composizione), ritmo tipico della musica popolare cubana che, una volta esportato, ha contribuito alla nascita del tango argentino. All'epoca, nessuno aveva mai osato alterare la classica struttura metrica del blues, articolata su dodici misure.
"St. Louis Blues" è tuttora suonata allo Scottrade Center, lo stadio dell'omonima squadra della National Hockey League. Dovendo andare incontro ai palati più rockettari degli amanti del disco su ghiaccio, tuttavia, la versione sparata a mille dagli altoparlanti è molto più veloce e jazzata dell'originale.
I Blues, che l'anno scorso avevano compiuto un mezzo miracolo qualificandosi per i Play Off dopo un'incredibile rimonta, sono stati protagonisti di un ottimo inizio di stagione, con due vittorie ai danni dei Detroit Red Wings a Stoccolma, ma ora, nonostante la vittoria di questa notte, si stanno trascinando a fatica. Paul Kariya non segna da una vita, Andy McDonald fatica a distribuire assist, David Backes ha racimolato la miseria di quattro punti e Brad Boyes, reduce da campionati da 43 e 33 reti, è fermo a quota quattro. Un lento e straziante blues, insomma.
La parte cantata di "St. Louis Blues" si apre con il verso "I hate to see that evenin' sun go down" ("Odio veder tramontare quel sole della sera"). Per i giocatori dei St. Louis Blues, il timore è quello di veder tramontare le speranze di partecipare ai Play Off.