Tim Duncan in azione. Il caraibico ha ancora voglia di salire sul tetto del mondo…
L'Acqua.. l'elmento più importante, fondamentale, il 75% del nostro corpo, forma gli oceani, i mari, che a lora volta creano la vita, gli uomini e successivamente ne alimentano la fantasia raccontando storie straordinarie, leggende.
Hemingway, in uno dei suoi romanzi più riusciti, narrava la storia del vecchio Santiago e della sua ultima lotta contro ciò che era stato per lui l'alfa e l'omega: il mare.
Timothy Theodore “Tim” Duncan, come Santiago, ha il mare nel destino e come lui sembra purtroppo essere arrivato nei pressi dell'ultima battaglia.
Nato a St Croix, Isole Vergini, nel bel mezzo del Mar dei Caraibi, da piccolo Duncan sognava di diventare più veloce della corrente, voleva essere il nuovo Mark Spitz.
Grandissima promessa già da giovanissimo la sua carriera nel nuoto venne stroncata dalla prematura morte della madre (grande tifosa del giovane Duncan in piscina) e dalla furia dell'uragano Hugo che distrusse le strutture dove il giovane Tim si allenava.
Il mare toglie… il mare dà .
Duncan in seguito a questa catastrofe naturale si darà al basket, sport mai praticato prima di allora, diventando un campione assoluto, ciò che è oggi, uno dei migliori giocatori di sempre, il più forte di sempre nel suo ruolo, 4 volte campione NBA.
Timmy arriva nella lega nel 1997 via Wake Forest (4 anni in cui viene frantumato ogni singolo record del college del North Carolina), è il numero 1 del draft, e la destinazione sembra essere Boston. Il caraibico è atteso nella lega come giocatore in grado sin dal primo anno di cambiare il volto di una squadra, il destino però non sorriderà ai Celtics, che vedranno Duncan andare verso un'altra franchigia, anch'essa caduta nei bassifondi perchè priva della sua stella, The Admiral, David Robinson.
San Antonio, dunque. Nel Texas Duncan troverà non solo l'ambiente ideale per lo sviluppo del suo gioco, il caraibico non ama i riflettori e la piccola San Antonio per lui è il massimo, ma anche un vero e proprio mentore, un uomo in grado di portarlo ad un livello superiore.
Insieme a David Robinson, Duncan formerà un duo eccezionale, le Twin Towers di San Antonio, in grado di risollevare la squadra fino a portarla all'incredibile primo titolo della loro storia nel 1999 al Madison Square Garden di New York.
Nelle stagioni successive David Robinson entrerà inesorabilmente, data l'età , nella propria parabola discendente, lasciando in questo modo a Duncan il ruolo di stella assoluta e maggiori responsabilità offensive, risultando in ogni caso ancora fondamentale per la propria squadra.
Arriva così il titolo 2003 (anno del ritiro di The Admiral e dell'ingresso in squadra di un certo Manu Ginobili…). Le prestazioni di Robinson durante i playoff e soprattutto nelle finals sono da applausi e la sua grandissima carriera si chiude così con i punti esclamativi.
Sono passati più di 6 anni da quelle finali.
Nel frattempo i San Antonio Spurs hanno vinto altri 2 titoli NBA (2005 e 2007), la lega ha cambiato fisionomia, Tony Parker e Manu Ginobili (già presenti nel 2003) sono cresciuti fino a diventare delle vere e proprie stelle, e Duncan ha raggiunto ormai lo status di futuro hall of famer.
Il tempo , però, nello sport non è affatto galantuomo e come aveva già fatto l'Ammiraglio a suo tempo, anche Tim sembra essere diretto verso la l'ultima parte della sua carriera cestistica.
Possiamo parlare di declino totale? La risposta è no.
Tim probabilmente ha già dato il meglio di sè ma a 33 anni, in ogni caso, è ancora in grado di essere decisivo su un campo da basket.
Non avrà la freschezza atletica, e la facilità di movimenti di un tempo ma il suo gioco col passare degli anni si è sviluppato a tal punto da poter fare a meno delle qualità atletiche incredibili che possedeva durante i primi anni di carriera nella lega.
Gli Spurs anche quest'anno ambiscono al titolo (ed è forse una delle ultime occasioni per conquistarlo…) e come sempre avaranno bisogno del caraibico per provarci. Per avere delle chance, Duncan deve restare sano ed arrivare fresco ai playoffs, dove anche l'anno scorso ha dimostrato di poter dominare.
Per questo motivo Gregg Popovich sembra voler ripetere ciò che stato fatto per David Robinson, meno minuti possibili in Regular Season e responsabilità offensiva dirottata sugli esterni (il nuovo Jefferson, Parker, ma soprattutto Ginobili). Duncan sembra essere contento del nuovo ruolo, non gli sono mai interessate le statistiche e non ha ambizioni individuali, il suo unico obiettivo è vincere un altro titolo, il quinto.
La regular season verrà affrontata in questo modo con Duncan nei panni del nuovo Ammiraglio, cercando di evitare qualsiasi problema fisico (anche se purtroppo per gli Spurs c'è già stato) e lasciando ad altri le luci della ribalta.
Data l'altissima competitività della Western Conference, sacrificare la regular season potrebbe essere un azzardo troppo grande, ma è un rischio che probabilmente bisogna correre se si vuole arrivare alla fine (la stagione scorsa lo dimostra) con delle possibilità concrete.
La stagione parla per ora di un 3-3 con 3 vittorie casalinghe e 3 sconfitte in trasferta (prossima partita il derby texano l'11 novembre). L'ultima partita ha visto inoltre le assenze di Parker e dello stesso Duncan per infortunio (anche se non è nulla di grave a quanto pare).
Gli innesti dei nuovi arrivati in estate sembra procedere bene. Jefferson sembra essere sempre più a suo agio, McDyess è sempre prezioso, George Hill sembra molto migliorato, e il rookie Dejuan Blair potrebbe diventare per Duncan ciò che il caraibico è stato per David Robinson (con le dovute proporzioni ovviamente…).
Gli Spurs possono ambire al titolo, sulla carta sembrano inferiori a Lakers e Celtics, anche se i tifosi neroargento confidano ancora nel loro numero 21.
L'uomo venuto da un'isola paradisiaca in mezzo ai mari, l'uomo che sognava di diventare il nuotatore più veloce di sempre, il caraibico, che si prepara forse alla sua ultima battaglia. La nuova era NBA è già iniziata.
Duncan sa di poter dire ancora la sua e vuole lasciare il segno ancora una volta. Adesso è lui l'Ammiraglio, e sicuramente Timmy è uno che non ha paura della tempesta.