On The Road #6

Wayne Gretzky ha dato la spinta decisiva all'hockey in California

Per la terza e ultima tappa californiana dobbiamo spostarci giusto di una quarantina di chilometri, da Anaheim a Los Angeles. Qui, tra la passeggiata delle stelle di Hollywood Boulevard, le ville di Beverly Hills e spiagge famose in tutto il mondo come Venice Beach, è ancora più difficile pensare all'hockey di quanto già  lo fosse durante la sosta a San José e San Francisco.

Eppure, i Los Angeles Kings li conoscono tutti. Gli Anaheim Ducks hanno vinto una Stanley Cup, i San José Sharks sono da anni ai vertici, ma i Kings, che come se non bastasse devono convivere con i planetari Lakers del basket, li conoscono tutti, anche chi non segue il disco su ghiaccio. È solo perché i re sono nella NHL dal 1966, mentre squali e papere sono arrivati solo negli anni Novanta? Anche. Ma il vero evento che ha piazzato i Kings (e l'hockey californiano) sulla cartina geografica nordamericana è avvenuto il 9 agosto 1988.

Un paio di mesi prima, Wayne Gretzky aveva alzato al cielo la quarta Stanley Cup degli Edmonton Oilers delle meraviglie. Era assolutamente impensabile immaginarlo con un'altra maglia, figuriamoci in una franchigia non canadese, e magari pure di un mercato poco hockeistico. Pura fantascienza. Ma in quel momento, in pochi sapevano che gli affari al di fuori dell'hockey di Peter Pocklington, allora proprietario degli Oilers, andavano maluccio. Urgeva fare cassa. E l'impensabile, la pura fantascienza, diventò realtà  quel 9 agosto 1988.

Gli Edmonton Oilers spedirono ai Los Angeles Kings Wayne Gretzky, Marty McSorley e Mike Krushelnyski in cambio di Jimmy Carson, Martin Gelinas e una scelta al primo turno nel 1989, nel 1991 e nel 1993. La scelta del 1989 venne girata ai New Jersey Devils nel quadro di un'altra operazione, mentre con quelle del 1991 e del 1993 i petrolieri selezionarono Martin Rucinsky (che giocò solo due partite a Edmonton prima di passare ai Québec Nordiques) e Nick Stajduhar (che non riuscì a sfondare nella NHL).

I canadesi la presero piuttosto male. I tifosi degli Oilers bruciarono fotografie di Peter Pocklington fuori dallo stadio e, addirittura, Nelson Riis, presidente alla camera del Partito democratico, chiese al governo di bloccare lo scambio. Ma non ci fu nulla da fare e Wayne Gretzky, il più grande giocatore di tutti i tempi, sbarcò in California con pattini e bastone.

La prima stagione a Los Angeles è un successo: sul ghiaccio, dove i Kings si qualificano per i Play Off e addirittura si concedono il lusso di eliminare proprio gli Edmonton Oilers, campioni in carica, e soprattutto fuori dal ghiaccio, con un entusiasmo crescente a Hollywood e dintorni e una serie di tutto esaurito nelle partite casalinghe. Ma il bello arriverà  qualche anno dopo.

La stagione 1993-93 non nasce sotto i migliori auspici. Dopo stagioni da 168, 142, 163 e 121 punti, un'ernia del disco confina The Great One in tribuna per metà  campionato. Ma quando rientra, è semplicemente intrattabile. Conclude la Regular Season con 65 punti in 45 partite e inserisce una marcia ancora superiore nei Play Off. Con lui, tutta la squadra, da Luc Robitaille a Jari Kurri, da Tony Granato a Rob Blake, dal portiere Kelly Hrudey all'allenatore Barry Melrose, gira a mille.

Nel primo turno, i Kings massacrano i Calgary Flames. Nel secondo, si sbarazzano in sei partite dei Vancouver Canucks. Tocca ai Toronto Maple Leafs, che allora appartenevano alla Western Conference. La sfida è equilibratissima e si conclude solo a Gara 7, decisa da una tripletta di Wayne Gretzky. I Los Angeles Kings, una squadra che fino a qualche anno prima doveva inventarsi promozioni assurde per trascinare la gente allo stadio, avevano conquistato l'accesso alla finalissima della Stanley Cup dove, in un duello tra estremi, avrebbero affrontato i Montréal Canadiens, franchigia storica, tra le più seguite al mondo.

I re iniziano alla grande, vincendo la prima partita 4 a 1 e conducendo 2 a 1 fino a pochi minuti dal termine di Gara 2. Ma proprio in quel momento, uno degli eventi più discussi della storia della NHL cambia la partita e, probabilmente, gira tutta la serie. Jacques Demers, allenatore dei Montréal Canadiens, chiede all'arbitro di misurare la paletta del bastone di Marty McSorley. La paletta ha effettivamente una curva troppo marcata e il difensore losangelino viene penalizzato. Patrick Roy lascia spazio a un sesto uomo di movimento e, in doppia superiorità  numerica, i Canadiens pareggiano con Eric Desjardins, che realizzerà  anche la rete della vittoria nei tempi supplementari. I Los Angeles Kings non si riprenderanno più dallo shock di veder sfuggire il possibile doppio vantaggio nella serie in simili circostanze, e si inchinano ai canadesi, che trionfano in cinque partite.

I Los Angeles Kings, trascinati da Wayne Gretzky, hanno solo sfiorato un'impresa improbabile: portare la Stanley Cup in California. Ci riusciranno quattordici anni dopo gli Anaheim Ducks. Ma è indubbio che gli stessi Ducks, così come tutte le altre squadre di mercati cosiddetti minori, da Nashville a Phoenix, da Tampa a Miami, debbano la loro stessa esistenza ai Kings e al loro fuoriclasse numero 99, che con i loro successi hanno fatto opera pionieristica, dimostrando che questo magnifico sport non deve per forza rimare con freddo e ghiaccio.

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