Martin Biron ha dimostrato di essere un buon portiere, ma di sicuro non ha il bernoccolo degli affari
Evidentemente il detto "Chi troppo vuole nulla stringe" funziona anche nell'hockey su ghiaccio. Chiedere a Martin Biron per credere. Il 32enne estremo difensore di Lac St.Charles (Québec) è uscito con le ossa rotte dal mercato dei senza contratto. Lo aveva affrontato come una partita a poker, ma l'avversario ha chiamato il bluff e Biron è rimasto con un pugno di mosche. Ma andiamo con ordine.
Martin Biron è un buon portiere, anche se piuttosto enigmatico, tra i più discontinui del campionato. Dall'esterno appare piuttosto fragile di testa, una rete parabile subìta lo manda in crisi e rischia di scatenare una valanga di erroracci. Momenti in cui pare il gemello di Patrick Roy, come nei Play Off della stagione 2007-08 quando trascinò con prestazioni fantascientifiche (soprattutto contro i Montréal Canadiens) i Philadelphia Flyers alla finale della Eastern Conference, si alternano a strisce di partite in cui dà l'impressione di non riuscire a parare nemmeno un pallone da calcio.
Le prestazioni degli ultimi due anni, i primi da titolare dopo diverse stagioni quale riserva di Ryan Miller ai Buffalo Sabres, parlavano però nettamente a suo favore. O almeno così credevano Biron e il suo agente (nel frattempo licenziato). Che diamine: al suo primo campionato a Philadelphia, una squadra reduce dalla stagione più disastrosa della sua storia, aveva letteralmente portato di peso i Flyers alla finale orientale contro i Pittsburgh Penguins. E quest'anno, l'eliminazione al primo turno ancora a opera dei rivali della Pennsylvania non può certo essere addebitata al portiere.
Deve aver fatto questo ragionamento Biron quando, con l'avvicinarsi del primo luglio e quindi della scadenza del suo contratto, si è presentato nell'ufficio di Paul Holmgren, il General Manager degli arancione-neri, per chiedere un contratto pluriennale vicino ai 5 milioni di dollari a stagione. I Flyers erano con le spalle al muro: senza lo straccio di un talento draftato in casa da far sbocciare e con anche Antero Niittymaki, nel frattempo passato ai Tampa Bay Lightning, a scadenza.
Ma Paul Holmgren non si è fatto prendere dal panico e non ha messo mano al portamonete. Al contrario, ha rimpatriato Ray Emery dalla Russia e ha riportato a casa l'ex figliol prodigo Brian Boucher. Due portieri per meno di due milioni e mezzo di dollari l'anno, la metà di quanto chiesto da Martin Biron. Una scommessa obbligata per una franchigia con poca libertà d'azione sotto il tetto salariale dopo l'ingaggio di Chris Pronger.
Fa nulla, deve aver pensato Biron. Dopo due stagioni come le mie, ci sarà la fila per ingaggiarmi. Ma in rapidissima successione, i Colorado Avalanche hanno confermato Peter Budaj e ingaggiato Craig Anderson, i Florida Panthers hanno sostituito quest'ultimo con Scott Clemmensen, gli Edmonton Oilers hanno pescato Nikolai Khabibulin, i Phoenix Coyotes hanno optato per Jason Labarbera e i Los Angeles Kings hanno deciso di ridare fiducia a Erik Ersberg e Jonathan Quick. Tutte le squadre che avevano urgente bisogno di un portiere titolare hanno percorso altre strade. Biron è rimasto lì ad aspettare, con addosso l'odioso imbarazzo del bambino meno bravo degli altri a giocare a pallone che viene sempre scelto per ultimo al momento di fare le squadre.
Martedì scorso, ventidue giorni dopo l'apertura del mercato dei senza contratto, anche lui ha finalmente trovato una nuova casa. Ha firmato per i New York Islanders. Per un anno. A 1,4 milioni di dollari. La franchigia di Long Island ha già sotto contratto Rick Di Pietro fino alla fine dei tempi (stagione 2019-2020) per 4,5 milioni a stagione e Dwayne Roloson per i prossimi due anni per 5 milioni complessivi. Considerato l'ingaggio di un terzo potenziale titolare, è lecito supporre che Rick Di Pietro non si sia ancora ristabilito dai gravi problemi al ginocchio che hanno compromesso la stagione appena conclusa.
Ed è altrettanto lecito supporre che fra dodici mesi, quando scadrà anche questo contratto, Martin Biron imposterà in modo diverso la sua estate sul mercato.