Eric Staal è protagonista di un duello d'altri tempi con Zdeno Chara
Sembra impossibile, ma ci sono occasioni nelle quali anche una vittoria provoca svantaggi psicologici nei confronti dell'avversario. Accade quando occorre estrarre dal cilindro una partita più che perfetta, quando tutti i giocatori, dal primo all'ultimo, devono oltrepassare i propri limiti, quando una squadra per vincere raggiunge livelli che non credeva di poter raggiungere. È a quel punto che ci si chiede: va bene, abbiamo vinto, ma quando mai azzeccheremo un'altra serata del genere? Ed è in quell'istante che, paradossalmente, la montagna da scalare sembra ancora più alta.
Pareva potesse succedere ai Carolina Hurricanes dopo Gara 2, una partita splendida, giocata a ritmi incredibili da entrambe le squadre. In Gara 1 gli uragani non avevano disputato un brutto incontro. Certo, due delle quattro reti concesse a Boston erano nate da erroracci di Tuomo Ruuttu (3-1) e Matt Cullen (4-1). Ma i Boston Bruins sembravano un'onda che si infrange sugli avversari cambio dopo cambio, a prescindere dalla linea gettata in pista da Claude Julien. Alla fine, Rod Brind'Amour e compagni erano stati presi per sfinimento. Impressionante.
Gara 2 era destinata a seguire lo stesso copione, con gli Hurricanes a pattinare e a lavorare come formiche operose, ma sempre con meno veemenza, sfiancati dalle continue cariche portate dai vari Milan Lucic, Blake Wheeler, Zdeno Chara. Carolina non dispone degli stessi chili di Boston, tanto meno della stessa aggressività . Ma un Cam Ward in formato 2006, supportato da una squadra encomiabile per spirito di sacrificio ed efficacia nello sfruttare le occasioni da rete dalle parti di Tim Thomas, ha permesso di infliggere la prima sconfitta ai Boston Bruins. Ma, appunto, quando mai sarebbero riusciti a ripetere una prestazione del genere?
La risposta è semplicissima: in Gara 3. Spinti dallo straordinario pubblico dell'RBC Center (l'hockey farà pure fatica a mettere radici al sud, ma lo stadio di Raleigh è sempre uno spettacolo), gli Hurricanes hanno bissato per intensità e foga la partita precedente e i Bruins si sono resi colpevoli di errori in fase di uscita dal terzo ai quali non eravamo abituati.
Zdeno Chara, che in Gara 1 aveva tenuto sotto controllo la linea di Eric Staal e di Ray Whitney (completata all'inizio della serie da Chad Larose e più avanti da Erik Cole) ma che già nella seconda sfida aveva iniziato a scricchiolare, ha perso di nuovo il duello con il centro degli uragani, duello sempre più simile agli scontri tra Adam Foote e Keith Tkachuk che avevano infiammato diverse serie di Play Off negli anni Novanta.
Solo le prodezze di Tim Thomas hanno consentito a Marc Savard e compagni di raggiungere i tempi supplementari, dove l'ennesima rete decisiva di Jussi Jokinen ha permesso a Carolina di conservare il vantaggio casalingo strappato agli avversari in Gara 2.
E ora? Scoperto di potersi esprimere su livelli assurdi per due volte nello spazio di 48 ore, gli Hurricanes devono battere il ferro finché è caldo. Nella seconda partita a Raleigh Paul Maurice, uno degli allenatori che più ama modificare le linee in corsa, potrà di nuovo beneficiare dell'ultimo cambio per sganciare Eric Staal da Zdeno Chara. La rete dell'1 a 1 in Gara 3 è stata favorita dalla brillante intuizione di Maurice, che ha invertito la rotazione dei terzetti offensivi ributtando nella mischia Staal quando Chara aveva appena concluso un cambio estenuante e non poteva rimanere sul ghiaccio.
I Boston Bruins, dal canto loro, hanno ben poco da cambiare, se non evitare gli errori che tanto cari sono costati nella terza partita. Devono continuare a proporre il loro classico gioco fatto di fore-checking asfissiante e aggressività nello slot nella speranza che alla lunga gli avversari cedano, come in Gara 1. La serie, insomma, è ancora tutta da gustare.