Alex Ovechkin si scaglia contro le balaustre. È il suo classico modo di esultare
Fino a dove può spingersi un'esultanza? A che punto la gioia di una persona sfocia nella mancanza di rispetto nei confronti di un'altra?
Queste domande sorgono spontanee pochi giorni dopo la cinquantesima rete stagionale di Alex Ovechkin, realizzata il 19 marzo in Florida contro i Tampa Bay Lightning e festeggiata con una scenetta che ha scatenato mille polemiche.
Per chi si fosse perso quanto accaduto, ecco i fatti: all'ottavo minuto del primo tempo di una partita bloccata sullo 0 a 0, il formidabile attaccante russo raccoglie un passaggino di Nicklas Backstrà¶m all'altezza della linea blu difensiva, attraversa tutta la pista contro tre avversari e infila il malcapitato Mike McKenna con un polsino improvviso.
Chi a quel punto si aspetta una delle classiche esultanze scatenate di Alexander Ovechkin, magari con un balzo contro le balaustre, resta sorpreso. Il fuoriclasse dei Washington Capitals si ferma dietro la porta avversaria, appoggia il bastone sul ghiaccio e lo tocca con i guantoni, subito ritraendoli come se fosse bollente. È il suo modo di spiegare che il suo "hot stick" gli ha appena consentito di realizzare il cinquantesimo gol stagionale, e che molti altri seguiranno.
La fantasia di Ovechkin non è piaciuta a molti. Lasciando perdere la classica entrata a piedi uniti dell'immancabile Don Cherry, che probabilmente sarebbe stato di opinione diversa se a esultare in quel modo fosse stato un campione canadese, il primo a farsi sentire è stato Rick Tocchet, allenatore dei Lightning. A suo modo di vedere, se quell'esultanza fosse occorsa in una partita contro i "suoi" Philadelphia Flyers degli anni Ottanta, quel primo tempo sarebbe durato tre ore. Un modo simpatico per dire che i capitolini avrebbero accolto la prima sirena come una liberazione dopo venti minuti di botte.
Ma se in un certo senso può essere comprensibile che l'allenatore avversario non sia entusiasta di vedere un "nemico" festeggiare in quel modo in casa sua, è emblematica la reazione di Mike Greene e Bruce Boudreau, rispettivamente compagno di squadra e coach di Ovechkin.
Il primo, che secondo quanto confabulato in allenamento avrebbe dovuto partecipare al teatrino, se ne è rimasto in disparte, limitandosi ad abbracciare il compagno una volta finito lo show. Ai cronisti ha poi ammesso di aver rinunciato all'ultimo momento perché "non gli sembrava il caso". Boudreau, dal canto suo, ha confidato ai giornalisti che avrebbe parlato a quattr'occhi con il suo giocatore.
Fino a dove può spingersi un'esultanza, quindi? Come spesso accade in questi casi, soprattutto nello sport nordamericano in cui tutto ciò che arriva da fuori è storicamente guardato di traverso, dal nulla è nata una polemica di cui si poteva fare a meno. Ovechkin non ha mancato di rispetto a nessuno, non ha guardato sogghignando un avversario, non ha fatto gesti verso il pubblico di casa. E la rete incriminata era un preziosissimo 1 a 0, non un 8 a 0 vergognosamente festeggiato.
Gli appassionati di calcio sono abituati a festeggiamenti organizzati di ogni sorta, dalle mani agitate accanto alle orecchie, ai balletti sculettanti, agli spogliarelli. L'hockey, tranne alcune eccezioni (il rookie Teemu Selà¤nne che lancia il guantone in aria e lo abbatte usando il bastone a mo' di fucile o il saluto militare del primo Jaromir Jagr, per dirne due), è molto più stereotipato nelle esultanze, e quindi un atleta che si inventa un modo originale per festeggiare il cinquantesimo gol viene additato come qualcosa di diverso, una voce fuori dal coro.
Ma il bello è che Alex Ovechkin è una voce fuori dal coro. Lo è nel modo di giocare, sempre e solo avanti tutta, tiri a bizzeffe intervallati da cariche alle assi degne del miglior checker. Lo è nel modo di vivere il tempo libero, divertendosi in mezzo alla gente comune e non sotto una campana di vetro come altri campioni. Lo è nel modo di parlare ai giornalisti, senza peli sulla lingua, una sorta di Jeremy Roenick europeo. Alex Ovechkin, come probabilmente la maggior parte dei suoi colleghi, si diverte un mondo a giocare a hockey. La differenza è che lui lo dimostra ogni secondo che trascorre sul ghiaccio con un entusiasmo contagioso.
Se la National Hockey League aspira a vendere il suo prodotto in mercati meno ricettivi, è sull'immagine di gente come Ovechkin che deve puntare. I giocatori che dicono e fanno sempre le stesse cose, per quanto altrettanto talentuosi, dopo un po' stufano.