Da martedì scorso Martin Brodeur è il portiere più vincente di tutti i tempi
Giù il cappello. Non importa la fede hockeistica. Giù il cappello di fronte a Martin Brodeur, che con una sofferta vittoria contro i Chicago Blackhawks martedì ha superato Patrick Roy nella classifica dei portieri più vincenti di tutti i tempi.
La partita che ha portato in dote il 552° trionfo dello straordinario estremo difensore nato a Montréal non è stata delle migliori, ma l'atmosfera che si respirava al Prudential Center di Newark sin dal riscaldamento era degna di una Gara 7 per la Stanley Cup. La consapevolezza che qualcosa di storico stava per avvenire era palpabile, così come la certezza che il record sarebbe stato battuto quella notte. Non sarebbe potuta andare diversamente.
I Chicago Blackhawks, in crisi di risultati, hanno fatto il possibile per mettere il bastone tra le ruote ai diavoli ma, sotto di tre reti dopo poco più di metà incontro, sono riusciti soltanto ad accorciare le distanze consentendo ai 17'625 presenti di vivere un finale al cardiopalma. L'ultima parata compiuta da Martin Brodeur su Troy Brouwer a tre secondi dalla sirena finale, forse la più difficile della partita, ha dato il via ai festeggiamenti e a momenti di grande emozione.
Nelle ultime settimane, gli organi d'informazione nordamericani hanno proposto confronti in ogni salsa tra Martin Brodeur e Patrick Roy. Anche noi, alla fine del 2007, in occasione della cinquecentesima vittoria del cerbero dei New Jersey Devils, avevamo lanciato il dibattito su chi fosse il miglior estremo difensore degli ultimi decenni.
Ma in questi momenti, non occorre fare altro che alzarsi in piedi e applaudire un portiere che ha attraversato come se niente fosse tre lustri di hockey su ghiaccio conditi da regole rivoluzionate con l'obiettivo di incrementare il numero di reti realizzate. La forma trapezoidale tracciata alle spalle delle due gabbie dalla quale il portiere non può uscire giocando il disco, in particolare, è stata introdotta per contrastare l'egemonia degli estremi difensori (Brodeur su tutti) capaci di impostare l'azione come i migliori difensori.
Martin Brodeur ha giocato protetto da una difesa megagalattica come quella composta tra gli altri da Scott Niedermayer, Scott Stevens, Shawn Chambers, Lyle Odelein, Ken Daneyko e Jason Smith a metà degli anni Novanta, e alle spalle di una retroguardia sulla carta ben più modesta come quella di quest'anno, in cui Mike Mottau, per un'intera carriera impelagato nelle sabbie mobili della AHL, rasenta regolarmente i venti minuti di presenza sul ghiaccio a partita.
Parallelamente, Brodeur è stato supportato da attacchi stitici, il cui miglior cannoniere raggiungeva a malapena i sessanta punti, come Steve Thomas e Bobby Holik nel 1996 e nel 1997, e da pacchetti offensivi esplosivi, come quest'anno, con Zach Parise, Brian Gionta, Brian Rolston, Jamie Langenbrunner, Patrik Elias, Travis Zajac, Dainius Zubrus e Brendan Shanahan in grado di andare a rete in qualsiasi momento.
In breve, Martin Brodeur le ha viste tutte, ma le sue statistiche non sembrano averne sofferto: una media di reti subìte mai oltre le 2.57 e una percentuale di tiri parati mai al di sotto del 90,2%. Statistiche per le quali molti portiere metterebbero la firma. Per Brodeur sono state le annate peggiori.
Il fatto che il record sia giunto in una stagione nella quale Martin ha saltato cinquanta partite per una grave lesione al tendine del gomito sinistro non fa che rendere ancora più indimenticabile la sceneggiatura di un film già di per sé strabiliante. Rientrato sul ghiaccio qualche settimana fa, Brodeur ha ripreso a vincere come se non avesse mai lasciato. Chi si aspettava (o si augurava) di ritrovarlo arrugginito o per lo meno inizialmente legato nei movimenti è rimasto deluso.
Man mano che Brodeur farà il vuoto tra sé e Patrick Roy, i dibattiti su chi sia stato il migliore continueranno a incalzare. I sostenitori dell'ex portiere dei Montréal Canadiens e dei Colorado Avalanche diranno che ai tempi di Roy si poteva pareggiare, oggi grazie a supplementari e rigori molti di quei risultati si trasformano in vittorie. E poi, aggiungeranno, il fatto stesso che l'eterna riserva Scott Clemmensen abbia brillato durante l'assenza di Brodeur dimostra che è l'organizzazione difensiva dei Devils a fare la differenza.
È una discussione destinata a non concludersi mai. Ma in questo momento non conta nulla. In questo momento bisogna togliersi il cappello di fronte a Martin Brodeur e alle sue 552 vittorie.