Milan Lucic esulta con i suoi tifosi. Purtroppo per i Bruins, la sua doppietta non è bastata.
Poco più di un mese fa su queste pagine avevamo rispolverato il megascambio che il 30 novembre 2005 aveva portato Joe Thornton dai Boston Bruins ai San José Sharks e, alla luce degli eccellenti risultati di questa stagione, avevamo concluso dicendo che, chissà , le squadre di Claude Julien e Todd McLellan potrebbero ritrovarsi in finale.
Un antipasto lo abbiamo gustato martedì notte, quando gli squali, reduci da tre sconfitte consecutive ma sempre al comando della Western Conference, hanno fatto visita ai Boston Bruins, leader della Eastern Conference.
Non era la prima volta che Joe Thornton faceva ritorno nel Massachusetts con la maglia della compagine californiana. Chi gode di buona memoria ricorderà che il 10 gennaio 2006 gli Sharks divorarono famelicamente i Bruins per 6 a 2, ma Big Joe abbandonò clamorosamente la compagnia dopo poco più di cinque minuti del primo tempo, espulso per una violenta carica da tergo ai danni di Hal Gill.
La sfida di martedì non è stata una di quelle da registrare, guardare e riguardare per il prossimo decennio, ma è stata estremamente godibile per l'intensità quasi da Play Off e le poche pause di gioco che l'hanno contraddistinta.
I San José Sharks praticano un gioco molto simile a quello dei Detroit Red Wings (e in parte dei Philadelphia Flyers), il che non dovrebbe sorprendere considerato che Todd McLellan l'anno scorso ha vinto la Stanley Cup nel Michigan quale assistente di Mike Babcock. In fase di possesso del disco, il centro si porta costantemente e aggressivamente sul portiere avversario, mentre ali e terzini sono abilissimi nell'instaurare il cosiddetto cycling, ossia la rotazione del disco lungo le balaustre fino a trovare un varco attraverso il quale convergere verso la porta.
Claude Julien, tuttavia, è riuscito ad adottare le giuste contromisure e per ampie porzioni dell'incontro i Boston Bruins sono stati di gran lunga la miglior squadra sul ghiaccio. Il gioco della compagine del Massachusetts è solo apparentemente ultradifensivo: quando ad attaccare sono gli avversari, i centri restano molto bassi, ma una volta recuperato il puck, il quintetto si catapulta in avanti come un unico blocco. Il fianco, però, non resta mai scoperto: persino Dennis Wideman, che a St. Louis spesso si dimenticava di essere un difensore, dimostra di aver acquisito la disciplina tattica necessaria a questi livelli e si proietta in fase offensiva solo a colpo sicuro.
Sfruttando il vantaggio casalingo di poter cambiare per ultimo, Julien sguinzaglia di preferenza Zdeno Chara contro la linea formata da Joe Thornton, Patrick Marleau e Devin Setoguchi. Sull'altro fronte, McLellan ha molti più problemi a contenere il trio composto da Marc Savard, Phil Kessel e Milan Lucic.
Lucic, in particolare, nella prima parte della contesa è letteralmente scatenato. Dopo aver realizzato da distanza ravvicinata la rete del primo vantaggio vanificata pochi minuti dopo da un tiro di Rob Blake in Power Play deviato più volte, il 20enne di Vancouver dimostra a tutti perché i tifosi dei Bruins vedono in lui il nuovo Cam Neely: va in fore-checking, conquista il disco in zona neutra, mette a sedere sulla linea blu un avversario con una finta, smista su Petteri Nokelainen e va a scaraventare in fondo al sacco la respinta di Evgeni Nabokov sul tiro del compagno finlandese. Perseveranza, tecnica e opportunismo. Straordinario.
Nel secondo tempo gli squali continuano a faticare a sostenere la loro consueta pressione nel terzo di difesa avversario, ma i Bruins hanno il torto di non riuscire a rimpinguare il bottino. E la partita gira improvvisamente nell'ultimo terzo, quando sale in cattedra la miglior linea della serata per gli Sharks, quella di Milan Michalek, Ryane Clowe e Joe Pavelski.
In entrata di tempo, Patrick Marleau, che da quando è schierato all'ala sembra rinato, pareggia ribadendo in rete un tiro dalla distanza di Christian Ehrhoff, e poco più di quattro minuti dopo Milan Michalek porta in vantaggio i californiani con una splendida conclusione dal basso verso l'alto. Trascorrono altri 140 secondi e Joe Thornton, fin lì assolutamente invisibile, realizza il quarto gol con una deviazione fortuita di pattino. La partita è virtualmente chiusa, manca solo il timbro finale di Mike Grier a porta sguarnita negli istanti finali.
I Boston Bruins non escono assolutamente ridimensionati dalla supersfida con i leader della Conference occidentale, anzi. Paradossalmente, praticando un gioco da Play Off hanno contribuito a far sorgere come ogni anno i dubbi sull'effettiva capacità degli squali di divorare gli avversari quando il gioco si fa più intenso, ossia quando più conta.
Possibile antipasto di finalissima, si diceva. Ebbene, nonostante il risultato, i Bruins hanno dimostrato di poter aspirare al traguardo più ambito. Gli Sharks, in una Conference nella quale occorre sempre e comunque fare i conti con i Detroit Red Wings, per il momento sono rimandati ad aprile, quando si comincerà a tirare le somme"