Mister polemica

Abiti impresentabili, opinioni controverse. Tutto questo è Don Cherry

Si è parlato spesso, anche su queste pagine, della tremenda pressione alla quale allenatori e giocatori delle squadre canadesi sono sottoposti. Se in alcune città  che ospitano franchigie della NHL il disco su ghiaccio è relegato nelle ultime pagine dei giornali, nelle sei metropoli hockeistiche della nazione con la foglia d'acero schiere di giornalisti seguono minuto dopo minuto ogni allenamento, analizzano ogni intervista, vivisezionano ogni errore.

Ron Wilson, al primo anno sulla panchina dei Toronto Maple Leafs dopo cinque stagioni nella ben più pacifica California alla guida dei San José Sharks, sta vivendo sulla sua pelle che cosa significhi allenare una delle squadre più seguite del pianeta. Da qualche settimana, infatti, un drappello di giornalisti ha messo in atto una vera e propria campagna anti-Wilson. Uno di questi è Don Cherry, un personaggio che vale la pena di conoscere.

Chi è abituato a fare le ore piccole il sabato notte per seguire il mitico "Hockey Night In Canada" della CBC, un programma che sfruttando il fuso orario prevede la trasmissione in diretta di una partita di una squadra canadese della costa orientale, seguita da un incontro di una compagine della costa occidentale, avrà  senz'altro già  avuto modo di fare la conoscenza del 75enne controverso giornalista di Kingston (Ontario).

La rubrica di Don Cherry, "Coach's Corner", va in onda nel corso del primo intervallo della prima partita. Dura soltanto dieci minuti, ma bastano e avanzano per lasciare settimanalmente il segno. Accompagnato dal più morigerato Ron MacLean, che spesso fatica a contenerlo, Cherry ne ha per tutti, ma i suoi cavalli di battaglia sono i soliti.

Patriota fino al midollo con un fastidioso retrogusto xenofobo, Cherry, vestito come al solito in maniera improponibile, tenta ancora di convincere i telespettatori che i giocatori europei, e in particolare gli svedesi, sono "soft", molli, privi di grinta, quando da anni, tanto per fare un nome, Tomas Holmstrà¶m realizza reti a raffica combattendo come un leone nello slot, dove le bastonate sono colpi di clava alle spalle.

Le sue ire non risparmiano (in parte giustamente, va ammesso) alcune regole, giudicate insensate (i due minuti di penalità  per scaraventare il disco fuori dal ghiaccio dal settore difensivo) o pericolose (la liberazione vietata "nordamericana", con il difensore che deve giungere prima sul disco affinché l'arbitro la sanzioni). Spesso, l'hockey viene addirittura messo in disparte per lodare l'operato dei valorosi soldati canadesi dislocati in giro per il mondo. Il tutto, senza peli sulla lingua. In breve, Don Cherry è un personaggio politicamente scorretto, idolatrato entro i confini canadesi, detestato negli Stati Uniti.

Nato il 5 febbraio 1934, Donald Stewart Cherry ha giocato una sola partita nella NHL, con la maglia dei Boston Bruins. La sua carriera si è svolta nei campionati minori, in prevalenza nella AHL, dove ha collezionato più di 700 presenze con Hershey Bears, Springfield Indians e Rochester Americans. Ma più volte, durante i suoi dieci minuti di gloria settimanali, non ha mancato di ripetere che solo un infortunio riportato giocando a baseball gli ha impedito di sfondare ai massimi livelli.

Molto meglio la sua carriera da allenatore. Dopo tre anni nella AHL dietro la balaustra degli stessi Americans, i Boston Bruins, reduci da due Stanley Cup, a metà  degli Anni '70 gli offrono la panchina. Don Cherry è uno dei maggiori paladini dell'hockey duro, al limite della violenza, modellato sullo stile dei Philadelphia Flyers di quegli anni. I Bruins approdano due volte alla finalissima, ma perdono in entrambe le occasioni dai Montréal Canadiens.

Ma nel 1979, ecco il patatrac. In Gara 7 delle semifinali contro i soliti Canadiens, i Bruins sono avanti di un gol a meno di due minuti dalla sirena conclusiva. Don Cherry sbaglia a chiamare un cambio e la sua squadra viene penalizzata per aver schierato un giocatore di movimento di troppo. Guy Lafleur realizza la rete del pareggio in Power Play e i Canadiens vincono l'incontro ai supplementari conquistandosi la finale, poi vinta, contro i New York Rangers.

Harry Sinden, il proprietario dei Bruins che già  mal sopportava l'eccentricità  del suo tecnico, coglie l'occasione al volo e lo esonera. Cherry finisce sulla panchina dei Colorado Rockies, i futuri New Jersey Devils, dove conia uno slogan che non necessita di spiegazioni: "Venite a vedere le risse, potrebbe nascerne una partita". La festa, tuttavia, dura poco. Sul finire della stagione si sporge dalla balaustra per acchiappare per il collo un suo giocatore, reo di aver ignorato le sue indicazioni. La sua carriera da allenatore nella NHL è al capolinea.

Ed eccolo dietro la telecamera di "Hockey Night In Canada" pronto a dispensare le sue "verità " ("i caschi con le visiere sono indossati solo da quei mollaccioni di europei e canadesi francofoni") e a idolatrare i suoi beniamini, da Bobby Orr, a Steve Yzerman, a Doug Gilmour. E ultimamente, a prendersela con la sua ultima vittima designata, Ron Wilson che, a suo modo di vedere, sta rovinando i numerosi giovani promettenti che finalmente costellano la rosa dei Maple Leafs.

Ma quanto si stava bene in California"

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