Che ci fa Alexei Kovalev all'All Star Game?
Ebbene sì, ce l'ho ancora con l'All Star Game.
Un anno fa, giorno più giorno meno, criticavo la rassegna delle stelle definendola una noia mortale, un'interminabile serie di numeri da circo frutto esclusivamente della benevolenza di avversari ben felici, per una volta, di poter ammirare dal ghiaccio i migliori giocatori dell'altra Conference senza dover rincorrerli per tutta la pista.
Oggi, a dodici mesi di distanza, ce l'ho invece con la procedura di selezione dei campioni che parteciperanno all'evento. È senz'altro bello lasciare ai tifosi la possibilità di votare i cinque giocatori di movimento più il portiere che avranno l'onore di scendere per primi sul ghiaccio del Bell Centre di Montréal sabato 24 gennaio. Ma allora occorre cambiare i connotati della manifestazione: non è più una "sfida" tra i migliori giocatori, bensì un censimento per stabilire quale squadra possa vantare il maggior numero di appassionati.
Nell'anno del centenario dei Canadiens e con l'All Star Game proprio a Montréal, i numerosissimi tifosi québecois vanno messi al rogo per aver votato non i migliori giocatori della Eastern Conference, ma solo i loro beniamini? Certo che no. Se si organizzasse un All Star Game del calcio italiano credete che la maggior parte dei tifosi juventini voterebbe Zlatan Ibrahimovic perché è uno dei migliori attaccanti in circolazione?
Ma allora, mi ripeto, è il sistema che non funziona. Il portiere titolare della selezione orientale sarà Carey Price. Bravissimo, per carità , ma a causa di un infortunio ha giocato poco più della metà delle partite disputate dai Canadiens. Ancora più scandaloso il caso di Mike Komisarek, selezionato come terzino entrante insieme al più meritevole compagno di squadra Andrei Markov: il 26enne difensore di West Islip (New York) ha saltato sedici gare per un problema alla mano e da quando è rientrato non sta certo giocando ai suoi abituali (alti) livelli.
All'attacco la sostanza non cambia di molto. Accanto a Sidney Crosby e Evgeni Malkin è riuscito a intrufolarsi Alexei Kovalev che, se continuasse al ritmo attuale, finirebbe la stagione con una sessantina di punti, tra i venti e i trenta in meno dell'ottima scorsa stagione.
Ma il problema non riguarda solo i giocatori che, per vari motivi, parteciperanno all'All Star Game pur non avendolo meritato. La vera beffa è quella vissuta dagli atleti che hanno inanellato prestazioni degne di questa rassegna ma che la guarderanno, ammesso che importi loro qualcosa, dalla poltrona di casa. La Lega, costretta a selezionare almeno un atleta per squadra, ha dovuto fare i salti mortali, ma ovviamente non è bastato.
Dov'è per esempio Mike Richards, anima e cuore dei Philadelphia Flyers? A casa. Se all'est si ride per non piangere, non stanno certo meglio all'ovest, dove i tifosi degli Anaheim Ducks hanno titolarizzato un Jean-Sébastien Giguère recentemente messo maluccio e quelli dei Chicago Blackhawks sono riusciti a comporre il trio Patrick Kane-Jonathan Toews-Brian Campbell nel quintetto di partenza. E così, dov'è Henrik Zetterberg? A casa.
L'All Star Game fa acqua da tutte le parti. Dalla procedura di selezione dei giocatori, tendente a premiare oltremodo le squadre con un notevole seguito (Anaheim in questo senso è una curiosa eccezione), all'effettivo svolgimento della manifestazione, con l'iniziale interesse violentato dalle numerose pause in cui non accade nulla.
In attesa di accorgimenti, speriamo almeno che l'appassionatissima città di Montréal, contenta di poter ammirare quattro esponenti dei suoi Canadiens, sappia ravvivare il weekend con il suo contagioso entusiasmo.
Per quanto mi riguarda, prometto che l'anno prossimo lascerò stare l'All Star Game. Ma forse l'avevo già detto dodici mesi or sono"