Claude Julien si arrabbia se la difesa dei suoi Bruins non è ermetica.
Vincere segnando una rete in più dell'avversario oppure subendone una in meno. Due espressioni apparentemente legate allo stesso concetto rappresentano invece due correnti di pensiero diametralmente opposte che interessano da sempre la maggior parte degli sport di squadra.
Da un lato gli Edmonton Oilers anni '80, protesi imperterriti all'attacco, consapevoli che, indipendentemente dal numero di gol realizzati dai rivali, loro sarebbero riusciti a farne uno in più. Il portiere Grant Fuhr, le cui statistiche lasciano trasparire solo in parte il suo immenso talento, amava ripetere ironicamente che il suo compito era quello di fare la guardia al fortino fino al ritorno di uno dei suoi compagni e che di solito il primo ad arrivare era Paul Coffey al terzo rebound.
Dall'altro i New Jersey Devils della seconda metà degli anni '90. Difesa a prescindere, l'1 a 0 quale risultato prediletto, una batteria di difensori straordinari, da Scott Stevens a Scott Niedermayer, a Ken Daneyko, davanti a un portiere che non necessita di presentazioni, Martin Brodeur. Un allenatore, Jacques Lemaire, ideatore del famigerato trappolone a centro pista.
Due concezioni opposte del gioco dell'hockey, due ricette che, con i giusti protagonisti sul ghiaccio, hanno consentito di cucinare Stanley Cup a ripetizione. Nel microcosmo della Northeast Division si osservano entrambe le tendenze, ma i Boston Bruins, soprattutto nelle ultime uscite, a livello tattico sono sembrati una squadra allenata da Jacques Lemaire.
La mano è invece quella di Claude Julien, che per mentalità può essere considerato un allievo dell'attuale coach dei Minnesota Wild. Il 48enne tecnico di Blind River (Ontario) aveva iniziato la sua carriera nella NHL sulla panchina dei Montréal Canadiens ma, nonostante i discreti risultati, era stato allontanato proprio perché il gioco d'attesa che intendeva inculcare ai suoi giocatori mal si combinava con la sete di spettacolo del severo pubblico del Bell Centre.
Dopo una tappa di una stagione, guarda un po', nel New Jersey, ecco Claude Julien dietro la balaustra dei Boston Bruins. Nel Massachusetts Julien sembra aver trovato un ambiente più ricettivo nei confronti delle sue idee e, soprattutto, una rosa da plasmare secondo i suoi ideali tattici.
Nel gioco di Claude Julien non c'è spazio per fronzoli e svolazzi. Tutti gli attaccanti, dalle stelle della prima linea ai lavoratori della quarta, devono pensare in primo luogo a togliere tempo e spazio agli incursori avversari. Chi ricorda il Marc Savard genio e sregolatezza degli Atlanta Thrashers, strabuzzerà gli occhio alla vista di un centro sempre geniale nel distribuire assist nel terzo offensivo, ma ora disciplinato come pochi in quello difensivo.
Se n'è accorto il talentuoso Phil Kessel nell'ultima parte della stagione e durante i Play Off dello scorso anno, quando in diverse occasioni è stato costretto a guardare i compagni dalla tribuna a causa della sua scarsa propensione a giocare anche quando il disco è sul bastone avversario.
In genere, l'ala sul lato "caldo", il settore nel quale si trova il disco, sale in fore-checking, mentre quella sul fronte opposto si appiattisce all'altezza della linea blu. Il centro, che nella maggior parte delle squadre sale sul collega rivale, si tiene pronto a posizionarsi nello slot nel caso la squadra avversaria riesca a penetrare nel terzo.
Per questo particolare esercizio sono utilissime ali "pane e salame" come Marco Sturm, P.J. Axelsson, Shawn Thornton e, quando guarirà , Chuck Kobasew e centri disciplinati difensivamente come il citato Marc Savard, Patrice Bergeron e Stéphane Yelle. Non a caso, un centro di un'accortezza tattica impressionante come Glen Metropolit, ora ai Philadelphia Flyers, l'anno scorso ha rilanciato la sua carriera nella NHL proprio nei Bruins targati Claude Julien.
Per non cozzare sulla diga eretta all'altezza della linea blu, gli avversari sono costretti a propendere per il dump and chase, il gioco tipicamente nordamericano che prevede il lancio del disco nell'angolo e la corsa delle ali ad acchiapparlo prima dei difensori.
Ed è a questo punto che entrano in scena terzini come Zdeno Chara ed Andrew Ference, colossi abilissimi nello spazzare tutto ciò che transita dalle parti di Tim Thomas e Manny Fernandez. Da notare anche l'ottimo avvio di stagione di Dennis Wideman, l'anno scorso inviso a buona parte del pubblico di Boston per il semplice motivo di essere arrivato in cambio di Brad Boyes, che a St. Louis sta segnando a raffica.
Certo, paragonare l'apparato difensivo dei Boston Bruins a quello dei New Jersey Devils di dieci anni or sono sarebbe blasfemo. I meccanismi sono ancora da oliare, basti pensare alla partita del 25 ottobre contro gli Atlanta Thrashers, in cui solo l'attuale pochezza di Ilya Kovalchuck e compagni aveva consentito ai Bruins di portare a casa i due punti nonostante una prestazione difensiva alquanto lacunosa.
Il lavoro di Claude Julien comincia comunque a dare anche i primi frutti, come dimostrano le sfide di questi ultimi giorni sulla costa occidentale contro Edmonton Oilers, Vancouver Canucks e Calgary Flames: due vittorie per 1 a 0 e una sconfitta di misura contro Jarome Iginla e compagni al termine però di una gara molto accorta. Certo, lo spettacolo è un'altra cosa. Ma i tifosi dei Devils scambierebbero le tre Stanley Cup vinte tra il 1995 e il 2003 con qualche emozione in più sul ghiaccio?