Blake Wheeler, qui con la maglia dell'Università del Minnesota, si è fatto trovare pronto al debutto con i Bruins.
La NHL è stata presa d'assalto da un'orda di rookie. Ma non sono rookie e basta, sono ragazzini draftati pochi mesi or sono, 18enni imberbi che tentano il grande salto. Un tempo, solo il fuoriclasse in fasce, il Sidney Crosby di turno, approdava stabilmente nel massimo campionato mondiale nell'anno del draft. Quest'anno, ben sette delle prime dieci promesse scelte a giugno hanno già debuttato nella National Hockey League (Steven Stamkos, Drew Doughty, Zach Bogosian, Alex Pietrangelo, Luke Schenn, Mikkel Boedker e Josh Bailey).
Ma le sorprese sono spuntate anche ben oltre le prime dieci scelte al draft, basti pensare a Viktor Tichonov a Phoenix o a Luca Sbisa a Philadelphia. Certo, tutti questi talenti potrebbero essere rispediti nelle varie leghe giovanili prima di giocare la decima partita, limite oltre il quale non è più possibile fare ritorno in uno dei tre campionati della Canadian Hockey League. Ma intanto sono il simbolo della linea verde seguita da qualche anno a questa parte dalla NHL, sulla scia dei successi sì di Sidney Crosby e Alexander Ovechkin, ma anche di Patrick Kane, Jonathan Toews, Milan Lucic, David Perron e via elencando.
La Northeast Division, in questo senso, non fa eccezione e, anzi, persino i Toronto Maple Leafs hanno imboccato questa strada. Le foglie d'acero, tenute costantemente sotto tiro da una stampa tra le più assetate di sangue del Nordamerica e da un pubblico allergico alla parola "ricostruzione", hanno per anni sacrificato scelte al draft (il futuro di ogni franchigia) per acquisire giocatori esperti nel tentativo di vincere qui e adesso.
Quest'anno, le porte dell'Air Canada Centre si sono spalancate anche per le potenziali stelle del futuro, anche se la decisione di resuscitare Curtis Joseph quando Justin Pogge appariva pronto per fungere da riserva al collaudato Vesa Toskala non lasciava presagire nulla di buono. E invece, ecco Luke Schenn inanellare minuti di ghiaccio con la posatezza di un veterano (talvolta è stato il terzino più schierato dopo Tomas Kaberle), ecco il 22enne Nikolai Kulemin, arrivato direttamente da Magnitogorsk, realizzare due reti nelle prime tre partite, ecco il 20enne Jiri Tlusty, un centro naturale, spostarsi all'ala della terza linea d'attacco ed esprimersi come un veterano di mille battaglie ed ecco il 24enne Mikhail Grabovski dare spettacolo il 9 ottobre contro i Detroit Red Wings e, in generale, dimostrare che a Montréal meritava più spazio.
Ma se i Maple Leafs sono stati in qualche modo una sorpresa, anche le altre squadre del Nordest non si sono fatte pregare a mettere in mostra i loro gioielli. Il 22enne Blake Wheeler dei Boston Bruins, letteralmente scappato dall'organizzazione dei Phoenix Coyotes, oltre ad aver bagnato l'esordio con una rete da consumato Power Forward contro i Colorado Avalanche ha messo in mostra quella voglia di lottare a tutta pista che i tifosi del Massachusetts hanno imparato ad apprezzare sin dai tempi del grande Cam Neely.
L'organico dei Buffalo Sabres è costellato di giovani promettenti e quasi debuttanti, da Patrick Kaleta a Clarke MacArthur, ma probabilmente i fiori all'occhiello delle nuove leve tra le sciabole sono Nathan Gerbe, minuscolo attaccante dotato di un cambiamento di direzione impressionante, e il difensore Mike Weber, duro sull'uomo e preciso nel far ripartire l'azione. Entrambi sono ancora a digiuno di NHL, ma ben presto potremmo vedere anche loro ai massimi livelli.
A Montréal, la profondità di un organico che vede comunque Sergei Kostitsyn debuttare sin dall'inizio della stagione non sembra lasciare spazio, almeno per il momento, a giovani in rampa di lancio come Max Pacioretty, Matt D'Agostini e Yannick Weber. Quest'ultimo, in particolare, è stato protagonista di una serie di amichevoli prestagionali con i fiocchi e ha dimostrato di poter tranquillamente assumere l'eredità in Power Play del connazionale Mark Streit, passato ai New York Islanders.
Gli Ottawa Senators, infine, hanno dato fiducia al versatile Jesse Winchester che, con la temporanea assenza di Daniel Alfredsson (sottopostosi ad artroscopia al ginocchio), potrebbe riconquistare i preziosi minuti accanto a Jason Spezza e Dany Heatley che si era meritato nelle amichevoli di settembre.
È vero, siamo solo all'alba di una nuova stagione, ma la sensazione è che il tetto salariale ha obbligato molte squadre a gestire con maggiore oculatezza le scelte al draft e a dare maggiore fiducia ai talenti di casa. Se un tempo giocare stabilmente nella NHL quando la carta d'identità non consente ancora di bere bevande alcoliche era un privilegio accordato solo ai "Next One", ora sembra diventata la regola. E considerato l'impegno che nonnetti come Chris Chelios ci mettono per dimostrare di tenere il passo dei giovincelli, il campionato non può che guadagnarne in spettacolo.