Brian Burke è pensieroso. La sfida che ha deciso di affrontare è impegnativa.
La notizia era nell'aria da settimane. Da pochi giorni è ufficiale: sulla strada del rinnovamento, i Toronto Maple Leafs saranno condotti per mano da Brian Burke, una delle figure più carismatiche (e discusse) degli ultimi decenni.
Il 53enne General Manager di Providence (Rhode Island), dopo aver portato per la prima volta una squadra californiana sulla vetta più alta, ha accettato una delle sfide più ardue del mondo hockeystico: riportare le foglie d'acero ai massimi livelli, convivendo con tifosi tra i più severi e con organi d'informazione tra i più ossessivi. L'inizio, con una convincente vittoria casalinga contro i Philadelphia Flyers il 29 novembre scorso, è stato promettente. Ora si tratta di costruire, tassello dopo tassello, una squadra per lo meno da Play Off.
Inutile dire che la squadra che Brian Burke si trova a guidare non è la sua. L'ex General Manager di Hartford Whalers, Vancouver Canucks e Anaheim Ducks eredita un organico assemblato da Cliff Fletcher e, prima ancora, da John Ferguson. Sarà dunque interessante osservare come Burke si comporterà da qui fino alla chiusura del mercato e al draft del mese di giugno.
La sua storia recente, in questo senso, è incoraggiante. Non dimentichiamo infatti che è stato lui a convincere Scott Niedermayer ad accettare l'offerta degli allora Mighty Ducks e, soprattutto, a imbastire il clamoroso scambio che portò nell'estate 2006 Chris Pronger in California in cambio di Joffrey Lupul, Ladislav Smid e tre scelte al draft. Due difensori, Niedermayer e Pronger, che si sono poi rivelati autentici trascinatori verso il trionfo.
Ma la sua abilità sul mercato l'aveva già dimostrata nel 1999, quando durante la serata del draft riuscì a mettere in moto una girandola di scambi che gli consentirono di scegliere uno dopo l'altro Daniel ed Henrik Sedin.
A Toronto potrà sbizzarrirsi, visto che lo spazio sotto il tetto salariale (oltre nove milioni di dollari) non manca. Ma proprio la gestione del famigerato salary cap ha dato adito a discussioni ad Anaheim. Tutto, è vero, ha avuto inizio con il tira e molla messo in scena da Scott Niedermayer e Teemu Selà¤nne dopo aver alzato al cielo la Stanley Cup.
Convinto che i due fuoriclasse decidessero di appendere i pattini al chiodo, Burke aveva deciso di ingaggiare Mathieu Schneider e Todd Bertuzzi. Il ritorno in California di Niedermayer e Selà¤nne aveva creato i presupposti per una squadra formidabile, ma anche per non pochi grattacapi di ordine contabile.
I nodi sono giunti irrimediabilmente al pettine l'estate scorsa, quando i Ducks hanno dovuto smantellare una delle difese più forti della NHL cedendo Sean O'Donnel ai Los Angeles Kings e lo stesso Mathieu Schneider agli Atlanta Thrashers e spedire il promettentissimo Bobby Ryan nella AHL non perché non fosse pronto per il grande salto, ma semplicemente perché non c'era più spazio per il suo stipendio. Spazio che nel frattempo è stato liberato dall'infortunio e la conseguente esclusione dalla rosa di Franà§ois Beauchemin.
In questo senso, Brian Burke a Toronto non può sbagliare. Non ha tra le mani una franchigia fresca di Stanley Cup, con un organico in grado di restare competitivo pur perdendo alcuni elementi. La squadra che si appresta a guidare è una creatura fragile, esposta ai rigori di un pubblico stufo di attendere e di una stampa mai sazia di polemiche.
Polemiche che sono state fedeli compagne di viaggio anche del sanguigno Brian Burke, dal turbolento addio a Vancouver ai recenti furibondi litigi con Kevin Lowe, collega degli Edmonton Oilers. Sarà fondamentale trovare immediatamente la giusta sintonia con le decine di giornali, radio e televisioni che quotidianamente vivisezionano a beneficio di milioni di appassionati l'operato di Tomas Kaberle e compagni. Inimicarsi gli organi d'informazione sarebbe l'inizio della fine.
Infine, il capitolo allenatore. Nella sua carriera di General Manager, Brian Burke ha assunto soltanto tre coach - Paul Holmgren ad Hartford, Marc Crawford a Vancouver e Randy Carlyle ad Anaheim. Con gli ultimi due, in particolare, la collaborazione era totale, l'allenatore veniva coinvolto nelle decisioni di ordine gestionale e il General Manager diceva la sua sulle questioni puramente tecnico-tattiche.
A Toronto, Ron Wilson è reduce da una collaborazione molto simile a San José con il General Manager Doug Wilson. Non ci sono quindi motivi per credere che il duo Wilson-Burke non possa trovarsi sulla stessa lunghezza d'onda.
Riuscirà Brian Burke a riportare in alto i Toronto Maple Leafs dopo anni di figuracce? La sensazione è che sia l'uomo giusto al posto giusto. Ma affinché i tifosi delle foglie d'acero tornino a sorridere, moltissimi tasselli devono trovare la giusta collocazione in un complicatissimo mosaico.