Nicklas Lidstrà¶m con la coppa
Questa volta è finita davvero. In due occasioni, i Pittsburgh Penguins erano stati dati per spacciati ed erano riusciti a rimettersi in corsa, con una splendida prestazione casalinga in Gara 3 dopo due inopinate sconfitte e con uno straordinario colpo di coda a una manciata di secondi dalla sirena finale di Gara 5, bissato poi dalla prodezza di Petr Sykora al terzo tempo supplementare.
Questa volta, invece, è finita davvero. La squadra di Michel Therrien è andata vicinissima a un'altra clamorosa rimonta dopo l'ennesimo terzo tempo condotto a tambur battente dai Detroit Red Wings. Ma, paradossalmente, è parso che dopo la maratona di lunedì notte fossero le "brizzolate" ali rosse ad avere più benzina nei serbatoi, e non i giovani pinguini. E alla fine, Nicklas Lidstrà¶m è stato il primo capitano europeo della storia ad alzare la mitica Stanley Cup.
I Red Wings denotano meno nervosismo degli avversari sin dalle primissime battute, quasi si sentissero sollevati dal non dover più chiudere la serie davanti al loro pubblico. Iniziano a far circolare il disco come solo loro sanno fare, e a tratti la difesa dei Penguins sbanda paurosamente.
La prima rete non tarda ad arrivare. Con Darryl Sydor sulla panchina dei puniti, Brian Rafalski raccoglie uno splendido assist di Henrik Zetterberg, attende pazientemente che Tomas Holmstrà¶m si posizioni davanti a Marc-André Fleury e fa partire un tiro precisissimo che il portiere di casa non può vedere e, di conseguenza, parare.
Pittsburgh potrebbe pareggiare di lì a poco, quando i direttori di gara penalizzano in rapida successione Dallas Drake e Kris Draper ma, come già in Gara 4, il pacchetto difensivo di Detroit, guidato da un Henrik Zetterberg e un Pavel Datsyuk una volta di più maestosi anche sul fronte difensivo, resiste agli assalti.
I Penguins, sospinti da una Mellon Arena mai così scatenata, provano a insistere. Ma Sidney Crosby non è quello delle partite precedenti, Evgeni Malkin, pur molto migliorato rispetto alle recenti esibizioni, va a corrente alternata e Marc-André Fleury è un muro pieno di crepe rispetto alla saracinesca invalicabile di Gara 5.
Proprio l'estremo difensore dei pinguini ha sulla coscienza la rete del raddoppio. Mikael Samuelsson scende sulla destra e scaraventa il disco verso la porta avversaria con l'intento di procurarsi un ingaggio offensivo e consentire il cambio delle linee, sempre difficoltoso nel secondo tempo. Fleury commette un primo errore quando si lascia sfuggire il disco e si ripete quando, invece di restare in ginocchio sul ghiaccio ad aspettare l'eventuale rimbalzo, tenta disperatamente di alzarsi proprio quando Valtteri Fillpula lo infila tra i gambali.
Sarebbe la mazzata definitiva per qualsiasi squadra, ma non per questi indomabili Penguins. A meno di cinque minuti dalla seconda sirena, Evgeni Malkin esce finalmente dal suo letargo e in situazione di Power Play scaraventa un violento slap alle spalle di Chris Osgood.
Tutto lascia pensare che nel terzo periodo Sidney Crosby e compagni tornino sul ghiaccio per sparare tutte le cartucce rimaste e mettere a ferro e fuoco l'area attorno alla porta di Osgood, ma come è spesso accaduto in questa serie gli ultimi venti minuti sono totale appannaggio delle ali rosse. Con una difesa alla New Jersey Devils di metà anni '90 e un attacco alla" Detroit Red Wings, le ali rosse contengono a piacimento le iniziative avversarie. E colpiscono al momento giusto, sfruttando un'altra indecisione di Marc-André Fleury.
Da posizione diagonale, Henrik Zetterberg scaglia un disco potente ma centrale verso la gabbia dei Penguins. Il disco si incunea tra i gambali e, lemme lemme, si incammina verso la linea di porta alle spalle del portiere. Fleury si accartoccia su sé stesso ma, non sentendo il fischio dell'arbitro, capisce che qualcosa non va e si getta all'indietro, sospingendo il puck in rete. Sarà il gol della vittoria, il gol che vale una Stanley Cup. A nulla serve la deviazione volante di Marian Hossa che riduce le distanze a un minuto e mezzo dalla conclusione, se non ad aggiungere un ultimo carico di emozioni alla contesa.
E così, i Detroit Red Wings sono campioni per la quarta volta dal 1997. Da anni, ormai, sono la squadra di gran lunga meglio gestita della NHL. I coniugi Ilitch, proprietari della franchigia, la guidano come un'azienda famigliare, in cui tutti si sentono a proprio agio. Il General Manager Ken Holland e il suo staff sembrano conoscere ogni risvolto del tetto salariale, un problema che attanaglia ogni estate gli altri 29 colleghi. I talent scout, su tutti Hakan Andersson, responsabile per l'Europa, sembrano avere la vista più aguzza dei rivali.
In una città da sempre tra le più violente degli Stati Uniti e nella morsa della crisi che ha messo in ginocchio l'industria automobilistica, i Red Wings sono un giocattolo che da oltre un decennio diverte ed entusiasma gli appassionati di hockey su ghiaccio. E niente lascia presagire un cambiamento di rotta.
Che dire dei Pittsburgh Penguins? In questi casi, vista anche la giovane età media della splendida squadra allestita dal General Manager Ray Shero e, non dimentichiamolo, da Craig Patrick prima di lui, sarebbe facile affermare che i pinguini non potranno che migliorare, che come i leggendari e giovani Edmonton Oilers della metà degli anni '80 potranno dare il via a una lunga serie di trionfi dopo essere stati sconfitti in finale dai più esperti New York Islanders.
Ma ben difficilmente la dirigenza di Pittsburgh riuscirà a lasciare intatto questo gioiellino. Ryan Malone, Marian Hossa, Pascal Dupuis, Brooks Orpik e Marc-André Fleury, per non citare che i più rappresentativi, sono a scadenza di contratto. Come se non bastasse, entro l'anno prossimo occorrerà sottoporre un'offerta di rinnovo anche a Evgeni Malkin, a Petr Sykora e a Jordan Staal. Inutile dire che, in regime di tetto salariale, non tutti potranno restare.
Si chiude con Gara 6 una nuova pagina della splendida storia della National Hockey League. I Detroit Red Wings sono campioni, viva i campioni. Ma dal 20 giugno, prima giornata di draft a Ottawa, ripartirà la corsa al prossimo Sidney Crosby, al prossimo Alexander Ovechkin, al prossimo fuoriclasse che trascinerà la sua squadra fino al trofeo finale.
Non temete, la stagione 2008/09 è dietro l'angolo. Anzi, è già iniziata.