Il percorso dei Red Wings

La squadra di Babcock appare lanciatissima verso la coppa Stanley

Un'autostrada con la carreggiata un po' sconnessa qua e là , ma sempre un'autostrada. Potrebbe essere definito così il percorso compiuto dai Detroit Red Wings allenati da un sempre più convincente Mike Babcock. E così, le ali rosse del Michigan, di gran lunga la franchigia meglio gestita della NHL, si appresta a lottare per conquistare quella che sarebbe l'undicesima Stanley Cup, la quarta negli ultimi dodici anni.

Dopo una Regular Season dominata in lungo e in largo ma conclusa con il fiatone, c'era il timore che Chris Chelios e compagni potessero squagliarsi sul più bello, come spesso era accaduto dall'ultimo trionfo, datato 2002. Il primo turno dei Play Off metteva di fronte una squadra che puntava decisamente al bersaglio grosso (Detroit) a una compagine contenta di avere ancora uno stadio e una città  disposta a ospitarla (Nashville). Sulla carta, non c'era storia.

Con il senno di poi, è stato effettivamente così, ma non senza qualche spavento. Presentatisi in Tennessee con un comodo vantaggio di 2 a 0 nella serie, i Red Wings si lasciano sorprendere dall'esuberanza e dalla consapevolezza di non avere nulla da perdere dei padroni di casa e incassano due inopinate sconfitte. Il primo ostacolo sull'autostrada diretta verso la Stanley Cup costa il posto a tale Dominik Hasek, costretto a passare il testimone a Chris Osgood, campione con le ali rosse nel 1997 (quale riserva di Mike Vernon) e nel 1998 (da titolare).

Henrik Zetterberg e compagni decidono di smettere di scherzare con il fuoco e riprendono a correre. Si fermeranno soltanto in Gara 4 della finale di Conference. Quella che segue, infatti, è una straordinaria miscela di ermeticità  difensiva (raramente gli avversari superano di molto i venti tiri a partita) ed efficacia offensiva.

Dopo aver regolato i Nashville Predators in Gara 5 e Gara 6, è il turno dei Colorado Avalanche, che si presentano con molte stelle in infermeria ma con una grande convinzione nei propri mezzi dopo avere avuto la meglio dei Minnesota Wild al termine di una dura battaglia. Ebbene, la squadra di Joà«l Quenneville non ha neppure il tempo di pronunciare la frase "Che bello, siamo al secondo turno", che già  si ritrova a programmare le vacanze.

Sotto quindi con i Dallas Stars, reduci da un proficuo soggiorno in California, dove hanno eliminato nell'ordine i campioni in carica degli Anaheim Ducks e i San José Sharks. Il clima del Michigan, tuttavia, non è dei più accoglienti e anche il ritorno in Texas non è indolore.

È tuttavia proprio sul 3 a 0 nella serie che i Red Wings si ricordano di essere umani e incontrano un nuovo ostacolo sulla famosa autostrada. L'orgoglio della franchigia texana li costringe a tornare a Detroit, e poi addirittura di nuovo a Dallas per una Gara 6 che si annuncia alquanto ostica. Macché: le ali rosse decidono di dare il colpo decisivo e con una partita dominata dall'inizio alla fine si involano definitivamente verso la finalissima.

La squadra di Mike Babcock non sembra avere punti deboli. Grazie alla forza del reparto difensivo, Chris Osgood non ha mai dovuto fare gli straordinari, ma la sua notevole esperienza e la riconosciuta puntigliosità  nella preparazione fisica dovrebbero consentirgli di cavarsela anche con una mole di lavoro superiore. E il fatto che proprio Osgood sia l'unica potenziale incognita non fa che ribadire la forza di questa squadra.

La difesa ha in Nicklas Lidstrà¶m, Brian Rafalski e Niklas Kronwall (forse il terzino che ha compiuto più miglioramenti dell'intera Lega) tre eccellenti creatori di gioco dalle retrovie. Brad Stuart e il sempreverde Chris Chelios assicurano invece la necessaria grinta, che spesso nel 45enne di Chicago si trasforma in nuda e cruda cattiveria agonistica. Il piccolo e rapido Brett Lebda a tratti non è sembrato all'altezza dei compagni, ma all'occorrenza Mike Babcock può ricorrere al possente Andreas Lilja (come in Gara 6 contro Dallas) o a Derek Meech.

Sul fronte offensivo, Henrik Zetterberg e Pavel Datsyuk sono di gran lunga gli attaccanti più completi in circolazione. La duttilità  dei giocatori di maggior talento è forse il più grande vantaggio di cui dispongono i Red Wings nei confronti della concorrenza. In tutte le altre squadre, oltre a sfiancare la squadra, un numero eccessivo di penalità  fischiate contro rompe il ritmo ai fuoriclasse d'attacco, che di solito non scendono sul ghiaccio in questi frangenti e restano a languire in panchina. A Detroit questo problema non sussiste: Zetterberg e Datsyuk sono tra i migliori anche nel Penalty Killing e Babcock può quindi continuare a far girare le sue linee, senza correre il rischio di "raffreddare" qualche campione.

E se è vero che buona parte delle reti realizzate nei Play Off nascono nello slot, beh, i Red Wings non possono certo lamentarsi. Con Tomas Holmstrà¶m e, se dovesse rientrare, Johan Franzen, dispongono di due dei migliori specialisti in questo particolare esercizio. Il cast di attaccanti è completato da atleti come Mikael Samuelsson, Valtteri Filppula, Kris Draper, Dallas Drake e Daniel Cleary, gente brava tanto nel terzo di difesa quanto in quello d'attacco.

Sabato notte inizieremo a scoprire se l'autostrada dei Detroit Red Wings è asfaltata fino alla Stanley Cup. Mancano pochi chilometri, i più duri. Ma anche i più entusiasmanti.

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