Umberger, Biron e Briere festeggiano il passaggio del turno
Ma allora era soltanto una tattica quella di giocare al gatto col topo con i Montréal Canadiens e di dilapidare regolarmente il vantaggio di una o più reti con il quale i Philadelphia Flyers si presentavano all'inizio del terzo tempo. Anche in Gara 5, come in tutte le sfide precedenti, la squadra di John Stevens ha iniziato gli ultimi venti minuti di gioco con una rete di vantaggio, ma ha dovuto concedere in entrata il gol del pareggio, prima di prendere ancora il volo.
A ben guardare, il maggiore punto debole dei Flyers è al contempo un'enorme qualità : pur assistendo al prepotente rientro in partita degli avversari, Daniel Brière e compagni non si fanno prendere dal panico, continuano a macinare il loro gioco e ripassano a condurre.
Certo, va detto che in questa sfida di semifinale della Eastern Conference tutto è girato per il verso giusto per i Flyers. Ogni rimpallo, ogni deviazione fortuita, sembrava portare il disco sulla paletta del bastone di un giocatore della franchigia americana. I minuti finali di Gara 5 sono il manifesto dell'intera serie: Guillaume Latendresse converge verso il centro e colpisce la traversa a Martin Biron battuto, sul capovolgimento di fronte Jeff Carter scaglia un disco senza troppa convinzione dalle parti di Carey Price e trova il bastone di Scottie Upshall che dà a Philadelphia la rete decisiva.
Ma una serie conclusasi sul 4 a 1 con due vittorie in trasferta (e al Bell Centre, non in uno stadio qualunque) non può ovviamente essere classificata soltanto alla voce fortuna. I motivi del trionfo dei Flyers sui Canadiens sono sostanzialmente due: i portieri e il tipo di gioco delle due franchigie.
Iniziamo dagli estremi difensori. Come scritto in queste stesse pagine dopo la terza partita, la sfida tra Martin Biron e Carey Price (o Jaroslav Halak in Gara 4) rischiava di essere decisiva per l'esito finale. E così è stato. Price ha perso nettamente il confronto con uno strepitoso Biron, e la decisione di Guy Carbonneau di escluderlo nel quarto incontro e di riproporlo tra i pali per il quinto è parsa per lo meno discutibile. Se Price era degno di fiducia dopo Gara 3, andava confermato. In caso contrario, Carbonneau avrebbe dovuto schierare Halak anche per la quinta partita, visto che il portiere slovacco se l'era cavata egregiamente nella contesa precedente.
È sempre facile esprimere giudizi con il senno di poi, ma è impossibile non pensare che in contemporanea a Gara 5 a pochi chilometri di distanza Cristobal Huet stava dando letteralmente spettacolo con la maglia della Francia contro la Svizzera.
Ma sarebbe ingiusto addossare le responsabilità dell'eliminazione dei Canadiens al solo Carey Price. La serie tra Montréal e Philadelphia ha infatti dimostrato una volta di più che nei Play Off il gioco nordamericano prevale su quello europeo.
I Montréal Canadiens applicano il gioco tipico delle nostre latitudini. Tanta tecnica, pochi dischi lanciati nell'angolo, passaggi smarcanti in orizzontale, entrata nel terzo offensivo in velocità . Si tratta di uno stile di gioco a tratti altamente spettacolare e spesso redditizio durante la Regular Season, quando l'intensità nelle marcature difensive non è ancora ai livelli di questo periodo. Non a caso, i Canadiens vantavano il miglior attacco al termine della stagione regolare.
Nei Play Off, però, la rete va cercata con il sudore e, spesso, con il sangue. Occorre avere il coraggio di buttarsi a peso morto nello slot, l'area davanti al portiere, con il rischio di uscirne ammaccati. E allora torna in auge il gioco tipicamente nordamericano, applicato talvolta alla perfezione proprio dai Flyers: disco nell'angolo e ala che si precipita a riconquistarlo facendo tremare le balaustre, tiro verso la porta avversaria e almeno due uomini che si gettano nella mischia per ostruire la visuale al portiere e sfruttare eventuali rimbalzi.
Andrei Kostitsyn si è avvicinato una volta ai pali di Martin Biron in Gara 1, e si è trovato riverso sul ghiaccio dopo una devastante carica di Derian Hatcher. Da allora è girato al largo, dimostrando sì tutto il suo indiscutibile talento, ma in una zona che nella Post Season risulta raramente decisiva. Lo stesso si può dire di Alexei Kovalev: ha dato spettacolo soprattutto in Power Play con la sua straordinaria tecnica di bastone, ma raramente si avventurato nelle zone che contano. Quando lo ha fatto, ha realizzato una rete con una deviazione fortuita in Gara 5.
Non dimentichiamo che l'anno scorso fu proprio la trasformazione di Daniel Alfredsson da incredibile talento a grintoso trascinatore di stampo nordamericano a dare agli Ottawa Senators quel valore aggiunto che li portò fino alla finalissima.
I Flyers hanno staccato il biglietto per la finale della Eastern Conference proprio con la lotta e il sacrificio. Di fronte alla velocità dei Canadiens, sono stati bravi a tenere un terzo uomo costantemente alto, in modo da frenare sul nascere l'azione avversaria. Daniel Brière, il giocatore più europeo tra i canadesi, non ha brillato come nella precedente serie contro i Washington Capitals. Sono stati il solito bravissimo Mike Richards, l'indomabile Scott Hartnell e il sorprendente R.J. Umberger, l'MVP della serie insieme a Martin Biron, a conquistare un centimetro di ghiaccio dopo l'altro.
Centimetri che hanno portato la squadra di John Stevens a un passo dal sogno.