Terrore a Buffalo

Richard Zednik se l'è vista brutta, ma tutto sembra risolversi per il meglio…

I tifosi dei Buffalo Sabres non sentivano minimamente il bisogno di rivivere lo stesso incubo a distanza di poco meno di 19 anni. L'incidente, rapido come un lampo, il sangue, il panico, la corsa verso gli spogliatoi e l'ospedale per evitare la tragedia. E invece, il destino beffardo ha voluto che fosse ancora la città  sulle Cascate del Niagara a rendersi conto che, in fondo, l'hockey su ghiaccio si fa piccolo piccolo al cospetto della grandezza di una vita umana.

La prima volta accadde il 22 marzo 1989. I Buffalo Sabres ospitano i St. Louis Blues. Rick Meagher, discreto centro della compagine del Missouri, scende lungo l'ala sinistra e scaraventa il disco al centro alla ricerca di una deviazione sottoporta. Il suo compagno di linea Steve Tuttle ha seguito l'azione e, ostacolato da Uwe Krupp, cerca di deviare il disco in rete. I due contendenti perdono l'equilibrio e si schiantano contro Clint Malarchuk, il portiere dei Buffalo Sabres.

Chiunque abbia visto la scena, non dimenticherà  mai gli istanti immediatamente successivi. Malarchuk si alza sulle ginocchia e con una calma tanto apparente quanto agghiacciante solleva la maschera con la mano sinistra e porta la destra al collo. Tra le sue dita, a getti regolari, il sangue zampilla sul ghiaccio. La lama del pattino di Tuttle gli ha tranciato di netto la carotide.

Il cronista della televisione locale che trasmette l'incontro prega la regia di sospendere le immagini. Alcune telecamere vengono girate verso gli spalti, altre si limitano a una ripresa senza zoom, per non portare in tutte le case dettagli spaventosi di quanto sta accadendo.

Attorno a Malarchuk, compagni e avversari gesticolano presi dal panico, chiamano disperatamente i soccorsi. Il primo ad accorrere è Jim Pizzutelli, il medico dei Sabres, che con le dita tenta di bloccare l'emorragia e guadagnare preziosi secondi. Il portiere ha la forza di alzarsi sulle sue gambe e di lasciare la pista attraverso l'ingresso della Zamboni, nel frattempo aperto alle sue spalle. Giorni dopo confesserà  che il solo pensiero che sua mamma potesse vederlo morire in diretta televisiva gli aveva permesso di utilizzare le ultime energie per ritirarsi negli spogliatoi.

I medici suturano la ferita con oltre 300 punti. Dopo una sola notte all'ospedale e quattro giorni di riposo, Clint Malarchuk torna ad allenarsi con i compagni. Una settimana dopo è di nuovo tra i pali contro i Québec Nordiques. Oggi è l'allenatore dei portieri dei Columbus Blue Jackets.

La tragedia sfiorata induce la Lega a costringere gli estremi difensori a portare una protezione per il collo. I giocatori di movimento, invece, possono ancora scegliere se vestire o meno il colletto protettivo, che in Europa è obbligatorio. Serviva un altro incidente per spingere la NHL a modificare di nuovo le regole? Eccolo.

Lo scorso 10 febbraio la HSBC Arena di Buffalo ospita la partita dei Sabres contro i Florida Panthers. Verso la metà  del terzo conclusivo, Olli Jokinen e Clarke MacArthur si contendono il disco nell'angolo alla sinistra di Ryan Miller, il portiere delle sciabole. Richard Zednik gira attorno alla porta e si dirige in quella direzione per dare man forte al suo capitano, ma arriva proprio nel momento sbagliato.

Nel contrasto con l'ala sinistra dei Sabres, Jokinen perde l'equilibrio e finisce a gambe all'aria. Il suo pattino destro recide con precisione chirurgica la carotide del 32enne compagno di squadra slovacco che, a sua volta, si accascia al suolo. La sua freddezza nel portarsi la mano al collo, rialzarsi e uscire dal ghiaccio senza attendere i soccorsi è impressionante e, probabilmente, gli salva la vita.

A pochi passi dalla panchina dei Panthers sembra perdere le forze ed è sorretto da un medico e dal compagno Jassen Cullimore. Zednik viene trasportato al Buffalo General Hospital e operato d'urgenza. In questi ultimi giorni è stato dichiarato fuori pericolo e le sue condizioni continuano a migliorare.

Basta una frazione di secondo, e il risultato di una stagione, di una partita, gli stipendi milionari e il benessere, vengono cancellati con un colpo di spugna. Purtroppo serve sempre il dramma o la tragedia sfiorata per ricordarci che quello che seguiamo incollati ai teleschermi o alla poltroncina dello stadio è un gioco. La vita è un'altra cosa.

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