Mike Keenan è tornato…
Non furono in pochi, l'estate scorsa, ad accogliere con scetticismo la notizia dell'ingaggio da parte dei Calgary Flames dell'allenatore Mike Keenan. La carriera del 59enne tecnico di Bowmanville (si noti la curiosa assonanza con il leggendario Scotty Bowman, il coach più vincente di sempre) sembrava essersi conclusa nel 1994, negli istanti successivi al suo massimo capolavoro, la Stanley Cup vinta con i New York Rangers.
Da sempre un tecnico integralista nelle sue idee e inflessibile nella gestione dei giocatori (è soprannominato Iron Mike), per vent'anni Keenan è passato da picchi formidabili a disastri memorabili, da elogi incondizionati a litigi furibondi con i leader delle squadre che via via gli venivano affidate. Proprio quest'ultimo è stato l'aspetto che più gli è stato rinfacciato: secondo i suoi detrattori, il suo ego e la sua ingombrante presenza sotto i riflettori non lasciavano spazio ad atleti dotati di personalità . Lo scontro era inevitabile.
E così, la prospettiva di vederlo lavorare con tipetti tosti come Jarome Iginla e Kristian Huselius ("scappato" dai Florida Panthers proprio a causa sua) non lasciava presagire nulla di buono per una compagine che puntava dichiaratamente al bersaglio grosso. E invece, con il "nuovo" Mike Keenan le fiamme dell'Alberta, tra alti e bassi, sono in piena lotta per il primo posto nella sempre competitiva Northwest Division, Jarome Iginla è uno dei candidati al titolo di MVP della stagione e Kristian Huselius, per creatività e concretezza, assomiglia sempre più a quel Peter Forsberg al quale era stato paragonato a inizio carriera.
Il debutto di Mike Keenan sul palcoscenico della NHL è di quelli con il botto. Nel 1984-85, il suo stile senza compromessi conduce i Philadelphia Flyers alla finalissima, poi persa contro i pressoché imbattibili Edmonton Oilers.
Il quadro si ripete due stagioni dopo quando, in una città ancora sotto choc per la tragica morte di Pelle Lindbergh, il portiere che avrebbe dovuto difendere la porta dei Flyers per almeno un decennio, Keenan dà fiducia a Ron Hextall, proveniente dalla AHL. Gli Oilers si dimostrano ancora una volta superiori, ma per il giovane tecnico gli elogi si sprecano. Sembra l'inizio di una carriera da leggenda.
Ma dopo pochi giorni, un'accesa controversia contrattuale tra lo stesso Keenan e Bob Clarke, allora General Manager dei Flyers, cambia completamente le carte in tavola. Nonostante i successi nella stagione appena conclusa e in quelle precedenti, Iron Mike viene esonerato.
I Chicago Blackhawks non si fanno sfuggire l'occasione e gli affidano una squadra che, se plasmata con cura, da lì a qualche anno avrebbe potuto competere per l'obiettivo massimo. I litigi con Jeremy Roenick, atleta che per i gusti di Keenan appare troppo spesso sulle prime pagine dei quotidiani, sono all'ordine del giorno, ma in questo ambiente da bufera i Blackhawks crescono e, dopo due finali delle Western Conference, nel 1991-92 si arrendono solo nella finalissima contro i Pittsburgh Penguins allenati da, guarda un po', Scotty Bowman.
Anche in questo caso, il successo diventa l'anticamera dell'addio. Un conflitto insanabile con il vicepresidente esecutivo Bob Pulford convince l'allenatore a cambiare aria al termine del campionato successivo e ad accettare la corte dei New York Rangers. Il resto è storia. Alla prima stagione nella grande mela, Keenan porta i Rangers al trionfo contro i Vancouver Canucks, dopo che nella finale della Eastern Conference avevano sconfitto i favoriti New Jersey Devils in una delle più emozionanti serie della storia dell'hockey.
È finalmente tempo di mettere radici? Macché. Qualche settimana dopo il trionfo, Keenan accusa il General Manager Neil Smith di aver violato un accordo interno e se ne va sbattendo la porta. In quel momento, Iron Mike non sa ancora che quella porta la sta sbattendo in faccia alla sua carriera.
Dopo un periodo di tre stagioni senza infamia e senza lode a St. Louis, dove per lo meno contribuisce a plasmare il talento ancora grezzo di Chris Pronger e a instradarlo verso una brillantissima carriera, Keenan approda a Vancouver. Ed è nella Columbia Britannica che Keenan dà il peggio di sé.
Iron Mike è convinto che solo il suo protetto Mark Messier, forse l'unico fuoriclasse con il quale Keenan abbia mai avuto un rapporto privilegiato, è in grado di trascinare i Canucks ai vertici e fa di tutto per portare il suo capitano in Canada. Anche a costo di ammainare la bandiera di mille battaglie, Trevor Linden, il Canuck per antonomasia.
La convocazione di quest'ultimo per le Olimpiadi di Nagano proprio a scapito del grande Messier è la goccia che fa traboccare il vaso. In un'intervista tanto imbarazzante quanto inelegante, Keenan dice peste e corna di Linden, che il 6 febbraio 1998 viene ceduto ai New York Islanders in cambio di Todd Bertuzzi, Bryan McCabe e una scelta al draft. Certo, il pacchetto di ritorno non è dei più scarni, ma i tifosi non perdonano: Trevor Linden era la franchigia.
Come se non bastasse, Mark Messier e Pavel Bure sono due galli in un pollaio, non sembra esserci posto per entrambi. Keenan opta ancora una volta per il suo Mark, e il 17 gennaio 1999 il razzo russo decolla per la Florida. Tra una polemica e l'altra, si gioca anche a hockey. Molto male, per la verità . I Vancouver Canucks mancano i Play Off sia nel 1997-98 che nel 1998-99, stagione nella quale Keenan viene silurato. L'anno successivo, anche Messier se ne torna a Manhattan, lasciandosi alle spalle una Vancouver senza Linden, senza Bure, e ora anche senza Messier.
Il periplo di Keenan riparte da Boston nel 2000-01, dove i Bruins lo licenziano dopo 74 partite, e prosegue in Florida, dove assume sia la carica di allenatore che quella di General Manager. È quello che ha sempre sognato, condurre una franchigia in maniera dittatoriale. Una delle prime operazioni è quella di liberarsi per la seconda volta di Pavel Bure, spedito ai Rangers.
Ma il suo colpo migliore lo conserva per il 2006, quando ormai si è autolicenziato come allenatore per concentrarsi sull'attività di General Manager. Dopo aver massacrato a mezzo stampa Olli Jokinen, che come a suo tempo Trevor Linden è reo di essere adorato dai tifosi, decide che i Panthers hanno bisogno di una scossa. Il 23 giugno Keenan spedisce Roberto Luongo, Lukas Krajicek e una scelta al draft ai Canucks in cambio di Todd Bertuzzi, Bryan Allen e Alex Auld.
A soli due anni di distanza, Todd Bertuzzi è dall'altra parte degli Stati Uniti, Alex Auld è a Boston e Bryan Allen è un terzino molto disciplinato e nulla più. Considerando che Roberto Luongo invece continua a miracoleggiare per i Canucks, è inutile commentare l'ennesima operazione di mercato di Keenan. Poco più di due mesi dopo, Iron Mike rassegna le dimissioni anche da General Manager e abbandona elegantemente la barca che affonda.
Visti i fiaschi collezionati dal 1994 a questa parte, non è quindi difficile comprendere lo scetticismo di cui si parlava in entrata una volta reso noto il suo ingaggio come allenatore dei Calgary Flames. E invece, Mike Keenan sembra un'altra persona.
Jarome Iginla, proprio come Trevor Linden con i Canucks e Olli Jokinen con i Panthers, incarna i Flames. È intoccabile, i tifosi lo portano in palmo di mano. Segna, assiste, picchia. Attacca, difende. È la franchigia. Tutte caratteristiche che lo avrebbero reso ingombrante agli occhi del vecchio Iron Mike.
Ma quello nuovo usa la stampa come la maggior parte dei suoi colleghi, per commentare le partite con frasi fatte, non più per umiliare pubblicamente i suoi giocatori. E Kristian Huselius? Scappato dalla Florida perché stufo di lavorare per un allenatore che tarpava le ali al suo talento per inserirlo a forza in uno schema tattico inflessibile, ora è devastante per i Flames in tutta la sua eleganza e i suoi fronzoli, messi al servizio proprio del suo ex grande nemico.
Forse Mike Keenan non riuscirà a farci rivivere le emozioni nel 1994. Forse quello resterà il suo unico, grande trionfo. In ogni caso, bentornato Iron Mike. Così ci piaci molto di più.