Giocare sotto la neve che scende: come da bambini, insomma.
Sono passate due settimane dal mio ultimo articolo, e ne sono successe di cose (per i più distratti, siamo entrati nell'anno nuovo).
Quindi potrei parlarvi di come le squadre hanno passato le feste natalizie. Di come Washington abbia vinto ben quattro partite, permettendosi di battere anche Ottawa. Oppure potrei dirvi di Toronto, e di quanto male abbia fatto perdendo praticamente sempre. O ancora di Buffalo e Tampa Bay, che effettivamente non ne hanno vinta neanche una. Oppure informarvi che finalmente anche Malkin ha fatto fermare il cronometro per permettere agli addetti alla pista di raccogliere i cappellini.
Ma non voglio parlarvi di tutte queste quisquilie. Voglio invece parlarvi della Partita dell'anno, con la P maiuscola. Voglio parlarvi del perchè mi piace questo sport. Voglio parlarvi di quello che rappresenta, delle possibilità che dà , delle emozioni e dei ricordi che mi piacerebbe lasciasse a tutti.
E' il primo giorno dell'anno, nello stato di New York.
Pensate allo stadio dei Buffalo Bills, su cui da un mese si sta lavorando per creare la pista da hockey adatta all'occasione. Ogni giorno a controllare, bagnare, creare ghiaccio, curarlo, come se fosse l'orticello di casa. Tutto deve essere pronto per Capodanno. Pensate allo stadio illuminato, e all'unico altissimo soffitto delle nubi plumbee cariche di neve.
Pensate a 71217 persone raccolte attorno al ghiaccio e sotto la neve che fiocca dal cielo a vedere una partita di hockey, che già da sole fanno record. Un pò come se alla partitella tra amici del sabato pomeriggio ci fosse un'intera città a guardarvi giocare. Gente di tutti i tipi, colori, razze e religioni, ma che in quel momento è assorta a guardare 12 giocatori che si affrontano, con la determinazione dei gladiatori e la leggerezza dei ballerini. E l'unica divisione che c'è tra quelle persone è quella del tifo, dell'amore per l'una o per l'altra squadra.
Non ci sono tornelli all'ingresso, non ci sono barriere in plexiglas, anche perchè non ce ne sarebbe bisogno. Un tifoso con la maglia di Pittsburgh sta seduto vicino ad un tifoso con la maglia di Buffalo, ci parla, ci discute, ma tutto finisce lì: non si picchiano, non divelgono seggiolini, non lasciano cadere motorini. Anzi, è molto probabile che fuori nel parcheggio si ritrovino a bere una birra fresca o, vista la temperatura glaciale, qualcosa di caldo. E non ci sono striscioni, inni, cori, ma solo persone che mostrano cartelli: ognuno a da dire la sua, come quello che ci tiene a far sapere a casa che: “Look Mom, no roof”.
Pensate ai giocatori, che si affrontano sul ghiaccio, che devono difendersi dagli avversari ma anche dal freddo, che devono togliersi dalla faccia i fiocchi di neve spinti dal vento, che devono cercare il disco nascosto dai mucchietti di neve e ghiaccio sciolto, che devono temere ancora più del solito la panca puniti, visto che lì di riscaldamento non se ne parla proprio.
Pensate ad un gol dopo solo 21 secondi, al gol del pareggio nel secondo periodo, e allo shootout decisivo segnato da un ragazzino che compirà 21 anni il 7 agosto, lo stesso ragazzino che ci sta facendo sognare da due anni, e da cui tutti si aspettano tanto e resteranno soddisfatti. Lo stesso ragazzino che sì apprezzo, ma se gioca contro la mia squadra del cuore lo fischio come se fosse il mio nemico numero uno. Lo stesso ragazzino che, anche se ha fatto perdere la mia squadra preferita, domani loderò quando ne parlerò in ufficio con i miei colleghi. Perchè non mi interessa che casacca indossa, se uno è bravo è bravo e basta.
Pensate, gente, pensate. Se il buongiorno si vede dal mattino, il 2008 sarà un anno splendido.
Tanti cari saluti.