Ogni campo è un campo difficile, ormai, per Todd Bertuzzi…
È il 16 febbraio 2004 e si affrontano Vancouver Canucks e Colorado Avalanche. Nel corso di una rapida azione di gioco, Steve Moore, attaccante delle valanghe, colpisce con una dura carica a gomito alzato Markus Nà¤slund.
Il fuoriclasse svedese è costretto ad abbandonare il ghiaccio con una forte commozione cerebrale, l'arbitro non commina alcuna penalità . Sembra uno dei (purtroppo) numerosi interventi sporchi che rovinano l'hockey su ghiaccio. Si rivelerà invece la miccia che farà da detonatore a una delle pagine più nere della storia di questo meraviglioso sport.
Nell'immediato dopogara, le dichiarazioni si sprecano.
Brad May (allora con i Vancouver, oggi proprio con i Colorado), non le manda a dire: "Fallo o meno, è stato ferito il nostro miglior giocatore e dobbiamo reagire. Sarà divertente quando avremo Moore tra le mani".
Tre settimane dopo, l'8 marzo 2004, le due compagini si ritrovano. E parte la caccia all'uomo. Dopo soli 6 minuti, lo stesso Brad May scatena un fight contro Moore. Il primo periodo è costellato da cariche scorrette e da provocazioni alla vittima designata. Durante il primo intervallo, il vicepresidente della Lega Colin Campbell telefona agli arbitri dell'incontro, Dennis LaRue e Stephen Walkom, raccomandandosi di non lasciarsi sfuggire di mano la partita.
L'incontro procede tra falli e bisticci fino all'8:41 del terzo periodo, quando entra in scena Todd Bertuzzi. Per lunghi, interminabili secondi, segue come un'ombra Steve Moore sul ghiaccio, disinteressandosi del gioco e sussurrandogli all'orecchio ogni genere di insulto. Moore lo ignora. La rabbia frustrata di Bertuzzi sale, fino ad esplodere.
Con un vigliacco quanto violento pugno alla tempia, atterra Moore e, sullo slancio, gli finisce sopra. Non contento, continua a colpire l'avversario, a terra esanime.
Steve Konowalchuk e Andrei Nikolishin accorrono in difesa del compagno e si gettano sui due corpi, probabilmente peggiorando il già gravissimo infortunio. Alla fine, la diagnosi sembra un bollettino di guerra: Moore ha tre vertebre del collo fratturate, una commozione cerebrale di terzo grado, uno schiacciamento dei nervi del collo e profondi tagli sul viso.
A Bertuzzi, nato il 2 febbraio 1975 a Sudbury, la sola città dell'Ontario a possedere due nomi ufficiali (Grand-Sudbury in francese), viene comminata una squalifica di un anno. Al suo rientro alle competizioni, alla vigilia della stagione scorsa, non è più lui.
Contestato aspramente in ogni stadio, sembra aver perso il fuoco sacro agonistico che lo rendeva uno dei migliori power-forward della Lega.
Se nelle due stagioni precedenti il fattaccio, quelle del suo massimo splendore, aveva registrato ben 182 punti in 154 partite, nell'annata 2005-06 si ferma a 71 punti in 82 incontri. Bottino tutto sommato rispettabile, se non fosse corredato da una statistica +/- di -17, un risultato assolutamente disastroso.
Dopo otto campionati a Vancouver, quindi, urgeva cambiare aria. Ecco quindi il maxiscambio con i Florida Panthers, che inviano in Canada Roberto Luongo, Lukas Krajicek e una scelta al draft in cambio di Todd Bertuzzi, Bryan Allen e Alex Auld. Basteranno le temperature tropicali della Florida per resuscitare Bertuzzi in quanto atleta?
A 31 anni, Bertuzzi si trova nel pieno della maturità agonistica. Se, oltre ai fidi compagni di linea Markus Nà¤slund e Brendan Morrison, ha lasciato a Vancouver anche il pesantissimo fardello psicologico che si portava appresso, al fianco di Olli Jokinen e compagni potrebbe tornare la forza della natura che tutti ammiravamo.
Giocherà quasi esclusivamente contro squadre dell'Est, i cui tifosi tradizionalmente seguono poco le vicende sportive dell'altra sponda degli Stati Uniti. Di conseguenza potrebbe trovare stadi meno traboccanti di odio.
Due date, però, sono già cerchiate in rosso sul calendario: il 7 gennaio 2007, i Florida Panthers sono in trasferta a Vancouver e, quasi esattamente un mese dopo, il 6 febbraio, a Denver, contro gli Avalanche.
Sarà un Bertuzzi libero da ogni ostacolo mentale quello che farà ritorno nello stadio che più lo ha amato e in quello che più lo odia? Oppure il ritorno al passato chiuderà semplicemente il cerchio di una carriera conclusa ignobilmente troppo presto?