Sharkie, la mascotte di San Jose
Una macchina perfetta. È questa l'impressione trasmessa dai San José Sharks dopo le prime due entusiasmanti partite della semifinale di Conference contro i pur positivi Edmonton Oilers. Portiere concentratissimo, difesa registrata nei minimi dettagli, attacco con meccanismi che funzionano a memoria. Gli Edmonton, decisi a partire a tambur battente, hanno dovuto ben presto rinunciare alle scorribande offensive di fronte al forechecking terribilmente efficace esercitato dagli Sharks.
Passati in vantaggio in Gara 1 con Spacek grazie a un Power Play di difficile lettura che ha messo in difficoltà il Penalty Killing avversario (un solo difensore posizionato al centro sulla linea blu e due ali a metà terzo), gli uomini di MacTavish sono stati presi d'assalto da un branco di famelici squali, decisi a conquistare con la forza ogni centimetro di ghiaccio.
Gli Oilers hanno perso le due partite (entrambe con il risultato di 2-1) proprio sul piano dell'aggressività . Gli Sharks hanno costretto all'errore i petrolieri con una pressione sistematica e asfissiante sul difensore in fase di costruzione, all'insegna della rete del pareggio in Gara 1 realizzata dal solito Marleau. Nieminen (20 check nei due incontri!), in particolare, è stato una costante spina nel fianco. Perfino lo scorer Cheechoo non si è fatto pregare nel far tremare le balaustre. Con tali premesse, i canadesi sono riusciti raramente a mettere il naso oltre la linea di centropista.
È emblematica, in questo senso, la statistica dei tiri: prendendo in considerazione soltanto l'ultimo tempo delle due partite, si constata che i canadesi sono riusciti a scagliare solo 13 tiri complessivi dalle parti dell'inoperoso Toskala, contro i 26 degli avversari, esattamente il doppio. In entrambi i casi erano i californiani a essere in vantaggio e, quindi, gli Oilers avrebbero dovuto spingere sull'acceleratore.
Chiuso ogni spazio in fase difensiva, gli Sharks hanno così potuto dedicarsi all'assalto di Roloson, alternando ad arte la linea di Thornton con quella di Marleau e sfruttando il vantaggio di poter cambiare per ultimi. Lo stesso Thornton, a tratti, è stato una delizia per gli occhi. Pur avendo realizzato la rete vincente in Gara 2, è sembrato più in palla nella prima partita, quando solo l'imprecisione di alcuni compagni gli ha impedito di apporre il suo nome nel tabellino dei marcatori. Un passaggio ad Hannan in backhand attraverso una selva di gambe su tutta la larghezza della pista, in particolare, è valso da solo il prezzo del biglietto.
I San José Sharks stanno quindi avendo la meglio sugli Edmonton Oilers utilizzando la stessa arma che aveva consentito a quest'ultimi di estromettere i favoriti Red Wings: la disponibilità di ognuno, dalla stella di prima grandezza all'ultimo checker, di andare oltre i propri limiti, di non risparmiarsi. Un ottimo esempio è rappresentato dagli epici 101 secondi trascorsi indenni a 5 contro 3 e con un solo giocatore munito di bastone nel secondo tempo di Gara 2 (anche se, per dovere di cronaca, va sottolineato che gli Oilers hanno segnato pochi secondi dopo il rientro dell'ultimo penalizzato).
In vista delle due partite casalinghe, dunque, i petrolieri dovranno ritrovare quel fuoco sacro che li aveva sospinti nel primo turno. Giocatori come Hemsky e Bergeron, in difficoltà quando il fioretto lascia il posto alla clava, dovranno imitare Cheechoo e Marleau che, pur essendo artisti dell'hockey, hanno dimostrato di non essere intimiditi dal gioco duro tipico dei Play Off.
MacTavish ha già lanciato il primo segnale in questo senso gettando nella mischia in Gara 2 Laraque al posto dell'infortunato Dvorak e il possente Greene in sostituzione di Tarnstrà¶m. La serie non è certo finita qui.