Il futuro in casa

Steve Eminger, stella dei Capitals che lo scelsero nel 2002

Una delle qualità  che differenziano il fantastico mondo della NHL da quello di altre discipline sportive di altre latitudini è la possibilità  di programmare il futuro. Se altrove un allenatore deve temere per la sua panchina se non vince la prima giornata di campionato con tre reti di scarto, nell'hockey nordamericano non è raro vedere un coach restare al timone della propria squadra per molti anni malgrado impressionanti serie di insuccessi.

Chiudere la classifica del campionato è sì una delusione, ci mancherebbe, ma allo stesso tempo rappresenta l'opportunità  di draftare i migliori giovani che, se attesi con pazienza, da lì a qualche anno potrebbero trascinare la squadra verso l'agognata Stanley Cup. Basti pensare che tra i tredici migliori marcatori degli straordinari Ottawa Senators di questo inizio di stagione ben otto (Jason Spezza, Daniel Alfredsson, Chris Neil, Mike Fisher, Martin Havlat, Brandon Bochenski, Andrej Meszaros e Antoine Vermette) sono stati selezionati dagli stessi senatori.

I Washington Capitals sembrano adottare la stessa strategia. Se la classifica attuale piange (quart'ultimo posto dell'intera lega), un'occhiata alla rosa della squadra sembra rischiarare l'orizzonte. Dopo anni di vacche magre con una formazione degna di un All Star Team, infatti, il General Manager George McPhee ha operato un'autentica rivoluzione, assemblando una formazione composta da qualche valido veterano (Jeff Halpern, Andrew Cassels, Brendan Witt) e da molte giovani promesse.

Se le incredibili prodezze di Alexander Ovechkin, in questo momento forse il giocatore più spettacolare del campionato, hanno raccolto l'applauso e l'ammirazione di ogni appassionato, non deve passare in secondo piano il prezioso contributo di altri giovani dal futuro assicurato come Brian Sutherby, Shaone Morrisonn e Steve Eminger. La decima puntata di "All'ombra delle stelle" è proprio dedicata a quest'ultimo, terzino offensivo che, a dispetto dell'età , si è caricato sulle spalle l'intero pacchetto difensivo della squadra della capitale.

Nato il 31 ottobre 1983 a Woodbridge, cittadina dell'Ontario di 70'000 abitanti con la più vasta comunità  italiana dell'area metropolitana di Toronto, Steve Eminger comincia a masticare hockey nell'Ontario Provincial Junior Hockey League con la maglia dei Bramalea Blues per poi passare, dalla stagione 1999-2000, nella OHL con i Kitchener Rangers.

Dopo le prime due stagioni discrete dal punto di vista offensivo ma lacunose sul piano difensivo, dall'annata 2001-02 il suo nome comincia a circolare insistentemente sui taccuini degli scout. Se 87 punti in 87 partite e soprattutto un +33 nella statistica +/- sono dati assolutamente degni di nota, sono altre le caratteristiche che destano l'interesse degli addetti ai lavori.

Eminger prende letteralmente per mano i Kitchener Rangers e li trascina alla vittoria della Memorial Cup (il massimo trofeo a livello giovanile in Canada) restando sul ghiaccio oltre 40 minuti a partita. Vero e proprio regista arretrato, straordinario in Power Play, di lui impressionano la tecnica, la visione di gioco e la velocità  con la quale pattina all'indietro, un atout indispensabile per ogni grande difensore.

Il 2 giugno 2002 i Washington Capitals non se lo lasciano sfuggire e, in un'annata ricchissima di ottimi difensori (Jay Bouwmeester, Joni Pitkanen, Ryan Whitney, Keith Ballard), lo draftano già  al primo turno.

I confronti, come sempre in questi casi, si sprecano. I tifosi sono convinti di aver pescato il nuovo Wade Redden, gli esperti vedono in lui il controllo del disco di Chris Pronger, il senso della posizione di Ray Bourque e la capacità  di inserimento di Scott Niedermayer. Confronti che rischiano di pesare troppo sulle spalle di un ragazzo non ancora ventenne che si appresta a muovere i primi passi tra i professionisti.

Le prime due stagioni non sono soddisfacenti. Se la prima è difficilmente giudicabile visto che raggranella solo 17 presenze (2 assist), la seconda rappresenta una delusione in fotocopia su due fronti: curiosamente, infatti, colleziona 41 presenze e 4 soli assist sia con i Washington Capitals che con i Portland Pirates, il farm-team nella AHL. Ma è la timidezza con la quale si propone sul ghiaccio (solo 12 tiri in tutta la stagione) a preoccupare chi aveva puntato su di lui a occhi chiusi. Aspettative mal riposte?

Assolutamente no. L'anno perso a causa dello sciopero gli permette di maturare con calma nella AHL, di realizzare le prime reti (3) da professionista, ma soprattutto di ritrovare la fiducia in sé stesso dopo due annate trascorse, non dimentichiamolo, in una squadra ormai alla deriva che si apprestava a essere smantellata.

Nelle giocate dello Steve Eminger di questa stagione, schierato di preferenza con Brendan Witt, si rivede il ragazzino inarrestabile della OHL. L'abolizione del fuorigioco di due linee, inoltre, ha contribuito a valorizzare ulteriormente i suoi passaggi al laser, che ora possono partire direttamente dal terzo difensivo. I numeri parlano da soli: 16 punti in 29 partite (quarto miglior marcatore della squadra) e soprattutto un +2 nella statistica +/-, una prestazione eccellente per un difensore offensivo della quarta peggior squadra del campionato.

Pazienza, ecco la chiave. Dopo due stagioni al di sotto delle attese, Eminger non è stato scambiato con qualche veterano già  affermato, gli è stata data la possibilità  di maturare. Anche quest'anno, salvo sorprese, i Capitals guarderanno i Play Off dal divano di casa. Al momento del draft, però, saranno tra i primi a scegliere, magari un nuovo Ovechkin, un nuovo Eminger. E fra qualche anno, chissà , guarderanno tutti dall'alto in basso. Proprio come gli Ottawa Senators, imbottiti di giovani talenti scelti, attesi e sbocciati.

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