Sean Avery, un idolo per i tifosi !
Che Sean Avery sia un giocatore controverso è il meno che si possa dire. Se l'incredibile carica agonistica e l'irrefrenabile aggressività lo rendono un beniamino del pubblico dei suoi Los Angeles Kings, per gli stessi motivi è contestato, se non addirittura odiato, dal pubblico delle altre franchigie. Certo, lui non fa niente per migliorare la sua immagine agli occhi delle tifoserie avverse"
Nato il 10 aprile 1980 a Pickering (Ontario), cittadina di circa 95'000 abitanti a est di Toronto nota soprattutto per essere la sede di una delle più grandi centrali nucleari del mondo, anche quando non è impegnato a litigare con un avversario sul ghiaccio Sean Avery riesce sempre a balzare agli onori delle cronache con le sue puntuali dichiarazioni ad effetto.
Se la sua opinione in merito allo sciopero dello scorso anno ("Bob Goodenow, il direttore esecutivo dell'associazione giocatori, ci ha fregato sottoponendoci a un vero e proprio lavaggio del cervello. Alla fine non abbiamo ottenuto niente di quanto ci aveva promesso, gettando semplicemente un anno alle ortiche") ha suscitato polemiche ma è stata condivisa da alcuni colleghi, non si può certo dire lo stesso della sua recente uscita riguardante i giocatori francofoni.
Dopo che nel corso di un'amichevole prestagionale il difensore dei Phoenix Coyotes Denis Gauthier aveva procurato l'undicesima commozione cerebrale a Jeremy Roenick con una carica dura ma corretta, Sean Avery aveva dichiarato tranquillamente che si trattava di un'azione tipica di giocatori francofoni che, muniti di visiera per proteggere il viso, aggrediscono l'avversario ma si tirano poi indietro al momento del fatidico fight.
Le reazioni, inutile dirlo, non si sono fatte attendere: chi con indifferenza ("È inutile rispondere a chi ha poco cervello", Jean-Sebastien Giguère), chi raccogliendo la sfida ("Aspetto la prossima partita per dimostrargli che i francofoni non evitano lo scontro", Ian Laperrière, suo ex compagno di squadra) e chi con brillante ironia (“Ho più placche io in testa che lui gol in carriera, ecco perché porto la visiera”, Philippe Boucher), in molti hanno deciso di rispondere al rivale.
Il simpatico quadretto di questo inizio di stagione si chiude l'11 ottobre con la partita tra Edmonton Oilers e Los Angeles Kings, al termine della quale Georges Laraque, giocatore di colore, accusa Sean Avery di averlo apostrofato con un insulto a sfondo razzista. Al momento l'inchiesta è sospesa per mancanza di prove.
E sul ghiaccio? Uno sguardo al sito hockeyfights.com, dedicato ai giocatori più duri con un curioso racconto secondo dopo secondo di ogni fight delle ultime stagioni, è sufficiente per vedere il suo nome fare capolino da diverse classifiche. Per la cronaca, la sua stagione più "prolifica" è stata la 2003-04, costellata da 14 scambi di cortesie, mentre i suoi compagni di gioco più fedeli sono stati Dan Hinote, Brenden Morrow, Mark Smith e Stéphane Veilleux.
Le peripezie dialettiche e sportive, tuttavia, non devono porre in secondo piano il ruolo fondamentale che Sean Avery ricopre da due stagioni in seno ai Los Angeles Kings.
Cresciuto a pane e lacrosse, il secondo sport più seguito in Canada, e passato inosservato ai draft a causa di uno Scouting Report davvero impietoso (instancabile, ma troppe penalità evitabili, al massimo onesto agitator da quarta linea) e di una statura che non lo poneva tra i giganti dell'hockey (è 1,75m per 85kg e del resto lui stesso ha dichiarato che, essendo sempre stato piccolo, sin da bambino preferiva attirare l'attenzione parlando…), l'attuale numero 19 dei Kings si è barcamenato tra la OHL (Owen Sound Attack e Kingston Canadiens) e la AHL (Cincinnati Mighty Ducks) dimostrando una sorprendente capacità realizzativa (253 punti in 221 partite nella OHL e 56 punti in 109 partite nella AHL).
Alla vigilia della stagione 2001-02 i Detroit Red Wings si accorgono di lui e gli sottopongono un contratto. Sull'arco di una stagione e mezza con le ali rosse raccoglie un'ottantina di presenze condite da 15 punti e da tanto lavoro oscuro, prima di essere trasferito in California alla corte dei Kings di Los Angeles con Maxim Kuznetsov e due scelte al draft in cambio di Mathieu Schneider.
Nel corso della prima stagione intera sotto la guida di Andy Murray dimostra di essere ben più di un onesto agitator da quarta linea, accumulando 28 punti in 76 partite che rischiano però di passare inosservati di fronte ai 261 minuti di penalità collezionati, il massimo della Lega.
Schierato di preferenza con Eric Belanger e Tom Kostopoulos con il compito di fermare e innervosire i migliori attaccanti avversari, spesso quando occorre aumentare il ritmo Avery (che può giocare al centro o all'ala sinistra) viene spostato in una linea più produttiva, al fianco di Jeremy Roenick e Dustin Brown.
Durante il lockout dello scorso anno Sean Avery ha colto l'occasione per farsi conoscere anche all'estero. Ingaggiato dai Pelicans Lahti, il fanalino di coda del campionato finlandese, dopo due partite arricchite da tre gol e 26 minuti di penalità il nostro eroe è rientrato in patria senza avvertire i dirigenti della squadra e, anzi, ringraziandoli per l'ospitalità pubblicando un messaggio sul sito della NHLPA mediante il quale consigliava ad altri colleghi di evitare la Finlandia dove, secondo lui, regnava la disorganizzazione.
Dopo aver concluso la scorsa stagione nella UHL con l'ennesima polemica vestendo la maglia dei Motor City Mechanics in compagnia di Bryan Smolinski, Chris Chelios e Derian Hatcher (ai giocatori che si lamentavano di aver perso il posto per l'arrivo delle stelle NHL avrebbe risposto che "se fossero più bravi non ci sarebbero problemi"), Sean Avery ha iniziato la nuova stagione come aveva terminato quella precedente allo sciopero: aggredendo gli avversari (15 minuti di penalità nelle prime 7 partite e un fight contro Mike LeClerc dei Phoenix) e contribuendo con un discreto bottino di punti (5).
Sean Avery non farà mai l'unanimità . In base ai colori che vestirà non ci saranno compromessi, sarà amato o detestato. Ma, riprendendo le parole di Doug Wilson, il GM dei San José Sharks, una cosa è sicura: "Quando è in pista te ne accorgi". Anche questo è spettacolo, anche questo è NHL.