Jeff Jilson è uno dei migliori giovani giocatori americani…
Diversi anni fa arrivò sulla scena dell'Hockey internazionale un nuovo team statunitense, deciso a far bene e, soprattutto, a durare a lungo. E così è stato. Stiamo parlando di quel team composto da Modano, Guerin, Tkachuk, Chelios, Schneider, Hatcher, Leetch, Miller, Smolinski, Hull, Amonte, LaClaire, LaFontaine, Otto, Richter, Weight, Weinrich, Klee.
Alcuni di questi giocatori (quelli che, per ricordare, hanno vinto la prima World Cup e una medaglia d'argento a Saltlake City), erano chiamati a lottare anche per questa World Cup 2004. Il loro sogno, come la loro carriera internazionale, è finito nella semifinale persa contro la Finlandia.
Molti dicono che forse non è solo la fine di questo team USA ma anche l'inizio di un periodo di basso livello, per una squadra che, vista la loro età , perderà i suoi giocatori più rappresentativi. Su una cosa hanno tutti ragione, è finita la miglior generazione di giocatori americani che ci sia mai stata, sin'ora.
Ma, dalle voci su una caduta di livello degli Stati Uniti si leva qualche dissenso, ma non uno di quei dissensi strillati di chi non vuole, sportivamente, accettare la sconfitta.
Ciò che si fa notare è che l'Hockey americano ha un programma notevole under17, under20 e under22, forse il più invidiato al mondo. Inoltre il movimento hockeystico è molto avanzato anche nell'ambiente delle università . L'Hockey statunitense, come movimento, è in forte crescita, ora si gioca di più a hockey di quanto si giocasse quando questo grande team è venuto fuori le grandi stelle che ancora oggi brillano.
E non dimentichiamoci neanche che gli Stati Uniti hanno comunque un buon panorama di atleti inferiori ai trent'anni, personalmente credo che i nomi in difesa, per i prossimi anni, non manchino.
Non sto parlando solo di Rafalski, attualmente il miglior difensore americano, ma anche di Leopold, Martin - che in questa World Cup si è fatto rispettare, Liles, Paul Mara, Jeff Jillson. Tutti nomi che stanno pian piano salendo a ricoprire delle buone posizioni nelle loro franchigie. Ma non dimentichiamoci anche dei giovani che in attacco fanno e possono fare bene. Richard Park, Ryan Malone, Dustin Brown, Bates Battaglia e, ovviamente, Scott Gomez, Chris Drury e con loro alcuni giocatori con una maggiore esperienza ma con ancora delle gambe giovani, come il ventinovenne Jamie Langenbrunner, o il ventottenne Jeff Halpern. E non dimentichiamoci della porta, dove gli attuali migliori tre sono ancora ben al di sotto dei trenta.
Ecco, da una parte, il futuro dell'Hockey americano è in mano a questi giovani giocatori che hanno ancora grandi possibilità di migliorare e acquisire una certa esperienza. Molto probabilmente saranno loro a raggiungere Torino, sempre che la lega decida di fermarsi.
Ovviamente si potrà obbiettare che questi giocatori non siano all'altezza di quelli che lasciano la nazionale e che avranno sicuramente qualche difficoltà a giocare con le grandi squadre, ma, con altrettanta sicurezza, si dovrà riconoscere che alcuni di questi giocatori si sono fatti valere in quest'ultimo mondiale a Praga. Forse per crescere avrebbero bisogno di giocare più nei playoff, per farsi l'esperienza necessaria ad affrontare incontri in campo internazionale e quindi di una certa pressione e di un certo agonismo.
Ma non scordiamoci che Martin, Rafalski, Gomez e Langenbrunner giocano a New Jersey, Malone e Jillson a Boston, Drury a Buffalo, Brown a Los Angeles, Battaglia e Liles a Colorado. Quelli che forse avranno le maggiori difficoltà a raggiungere i playoff saranno park nei suoi Minnesota, Mara nei Coyotes, Halpern a Washington, Leopold a Calgary - che probabilmente avrà una sorte simile a quella spettata a Carolina ed Anaheim gli scorsi anni.
Ma, chiusa questa importante parentesi, bisogna ritornare a quello che davvero può garantire il futuro prossimo del team statunitense, i programmi giovanili. Citando quanto letto in una di queste discussioni, "c'è una nuova generazione di grandissimi, all'orizzonte. Parise, Montoya, O'Sullivan (insomma, le stelle della World Junior Hockey Championship) non sono ancora arrivati, ma si stanno avvicinando".
Su una cosa potremmo trovarci d'accordo tutti, che i prossimi anni, i più vicini, saranno anni di transizione, anni duri.
Questa squadra è chiamata ora al ruolo forse più pesante che gli si potesse affidare. Non quello di vincere, ma quello di passare il testimone, dalla vecchia stagione di stelle a quella, come si prospetta, di nuovi talenti. In questo momento difficile, credo che la squadra si affiderà proprio a quei giovani di cui si parlava prima, giocatori che non hanno certo il talento dei loro predecessori ma tanta grinta e un'ottima capacità di giocare insieme - come dimostrato da quest'ultimi mondiali.
In un momento di transizione, molto probabilmente anche Ron Wilson dovrà cedere il passo, il nuovo nome nella panchina a stelle e strisce non sarebbe certo una sorpresa: John Tortorella, il vincitore dell'ultima Stanley Cup e dell'ultimo Jack Adams Award.
Allora forse si sbaglia a dire che i prossimi anni gli americani andranno via via calando, una generazione si sta allontanando ma se ne sta avvicinando un'altra, una delle migliori mai esistite nell'hockey giovanile americano.
A separare la vecchia guardia da quella che, probabilmente, sarà la nuova, ci sono giocatori giovani e di livello, che militano nell'NHL da diversi anni. Probabilmente il prossimo team USA nascerà proprio da quest'incontro e chissà , magari a Torino vedremmo già qualcuno di questi giovanissimi ragazzi che hanno tutte le carte in regola per lasciare l'impronta dei loro pattini sul ghiaccio.
Ma ancora maggiormente si commette un errore quando si dice che alla nazionale americana aspetta una rovinosa caduta, non c'è solo una nuova generazione in arrivo, ma c'è soprattutto un nuovo rubinetto di giocatori. Grazie allo straordinario sviluppo del movimento giovanile americano, anche gli Stati Uniti si apprestano ad avere quello che già altre squadre - Canada in primis - hanno da tempo. Un costante ricambio, un sempre maggior numero di talenti per ogni annata, quello che permette alle foglie d'Acero di non tramontare mai.