Pacific Division Report

Il puck che ha superato Boucher, goalie di Phoenix, dopo 332 minuti di imbattibilità …

La Pacific Division si avvia come il resto della lega alla sua conclusione. Sulle cinque squadre che compongono la divisione (Anaheim, Dallas, Los Angeles, Phoenix e San José), sono ben tre quelle attualmente qualificate ai playoff: San José, che guida la classifica, poi Dallas e Los Angeles. Anaheim è ancora in gioco, anche se con otto punti di ritardo dall'ottavo posto (occupato proprio dai Kings), mentre Phoenix si può definire tagliata fuori dai giochi che contano veramente.

Gli Sharks, con 83 punti in 66 partite giocate, sono la seconda forza della lega, appaiati a Colorado (leader della Northwest) e staccati di quattro lunghezze da Detroit (prima in Central Division, in Western Conference e nell'intera lega). San José è sicuramente una piacevolissima sorpresa di questa stagione: l'anno passato i Pescecani chiusero all'ultimo posto della Division con soli 73 punti, quest'anno l'inversione di tendenza è stata netta.

Miglior difesa della Conference (solo 140 reti subite, seconda nell'intera NHL solamente a quella di New Jersey, che ha 133 reti al passivo), 50% di vittorie sulle partite giocate (33 su 66), efficace sia in casa sia in trasferta, la squadra di Patrick Marleau (27 gol e 23 assist per un totale di 50 punti) è balzata agli altari della cronaca dopo un mese di partenza assai disastroso.
Nelle dieci partite del mese di ottobre, infatti, San José collezionò la misera di sei punti, frutto di una sola vittoria (su Minnesota per 3-2), di quattro pareggi e di ben cinque sconfitte.

La striscia negativa continuava nella prima metà  di novembre, poi dalla seconda parte del mese iniziò una sfilza di risultati utili che favorirono il recupero degli Sharks: dicembre, gennaio e febbraio su buonissimi livelli ed ora ecco che li ritroviamo qua al primo posto in Pacific Division, pronti a tuffarsi nell'avventura dei playoff che l'anno scorso, come detto in precedenza, non raggiunsero.

Un raffronto, quello con l'anno scorso, che ci mostra l'ascesa di San Josè. Dodici mesi fa, a fine stagione, gli Sharks avevano vinto 28 gare: quest'anno, quando al termine mancano ancora 16 partite, ne hanno già  vinte 33. Nell'anno passato fu deludente il bottino in trasferta con sole 11 vittorie al cospetto di 21 sconfitte. Ora 15 sono i match vinti, 11 quelli persi. E poi c'è una difesa migliorata che, come ribadito prima, quest'anno è tra le prime della lega: nella scorsa stagione invece fu la peggiore della Division con 239 reti subite.

Quest'ultimo dato è stato ribaltato grazie soprattutto alle performance del goalie Evgeni Nabokov, secondo nella classifica degli shutout realizzati. Il portiere degli Sharks ha compiuto ben otto partite senza subire gol (migliore della Division e della Conference, secondo solo Brodeur che ha portato a termine 10 shutouts): la sua media di saves è di .927 e le partite vinte finora sono 23: senza dubbio, il merito di questa posizione in classifica è anche suo.

L'ultima gara giocata da San José ha portato in "bocca" ai Pescecani due punti: tra le mura amiche hanno infatti sconfitto Montreal con il punteggio di 4-3. Grande prestazione per Vincent Damphousse (un gol e due assist) e per il difensore Brad Stuart (anche per lui una rete e due assistenze): le altre reti portano la firma di Marco Sturm (21esimo gol e 41esimo punti) e Nicholas Dimitrakos (settimo gol della stagione).

Gli Sharks torneranno sul ghiaccio il 5 in una sfida sensazionale che li vedrà  opposti a Colorado: un big match al vertice della Western, di sicuro una grande vetrina per gli Sharks per mettere in mostra l'hockey che finora li ha portati fino al secondo posto di Conference.

Al secondo posto della Pacific Division troviamo Dallas con 77 punti, sei in meno di San José. Gli Stars, unica squadra della NHL a non aver mai perso all'overtime, hanno fatto qualche passo indietro rispetto alla passata stagione, ma i playoff sono pressoché al sicuro.

L'anno scorso Dallas, con 111 punti conquistati dopo 82 partite, vinse la divisione e fu la migliore squadra della Conference: la Presidents' Trophy gli scappò per soli due punti, quelli che Ottawa aveva di vantaggio e che permisero ai Senators di conquistare il sopraccitato trofeo. Le aspettative scaturite dalla regular season furono tradite nei playoff, dove gli Stars furono eliminati nelle semifinali di Western Conference dai Mighty Ducks, giunti secondi nella Pacific Division al termine della stagione.

Aspetti in contrasto con quello che successe l'anno scorso sono il numero di sconfitte (17 su 82 match nel 2002/2003, già  22 su 66 quest'anno) e i gol segnati (assai prolifici furono gli Stars l'anno scorso con 245 gol, ora sono tra le squadre con meno gol fatti della franchigia, solo 142).

Da sottolineare però la positività  di due dati, che furono dalla parte degli Stars anche dodici mesi or sono: per primo la potenza casalinga (21-6-7-0 at home) e per secondo la sicurezza difensiva (difesa meno battuta della Conference nella passata season, quest'anno è seconda solo a quella di San José). E questa solidità , come nel caso degli Sharks con Nabokov, non è dovuta solo alle grandi prove dei difensori (tra i quali spicca Sergei Zubov), ma anche e soprattutto alle prodezze compiute da Marty Turco tra i pali della gabbia. Per Turco, quest'anno, 30 partite vinte su 62 giocate e sei shutouts realizzati per una percentuale di parate del .910.

Piuttosto regolari nel corso della stagione, gli Stars hanno avuto il loro "momento no" tra novembre ed inizio dicembre quando, su 19 partite, ne vinsero cinque, pareggiandone tre e perdendone ben undici. Poi si rimisero in carreggiata arrivando al secondo posto in Division e al quinto nella Conference (6-2-2-0 nelle ultime dieci partite).

L'ultimo match giocato da Dallas è stato quello vinto contro Columbus per 4-2, trascinati da una superlativa prestazione di Bill Guerin, autore di un hat trick che lo porta a 54 punti (miglior marcatore della squadra con 30 reti e 24 assist). L'altra rete è stata messa a segno da Stu Barnes, la decima della stagione per il centrale sempre sul ghiaccio nelle 66 partite giocate finora dalla squadra. In evidenza anche Jason Arnott che firma due assistenze, portando i suoi assist stagionali a 31 (16 le marcature).

E ora, in chiave playoff, Dallas si lancia nella delicata sfida con Calgary, decisamente in forma viste le ultime uscite: una gara senza dubbio interessante.

Terzi sono i Kings di Los Angeles, con una stagione assai positiva alle spalle e che ora si può concludere con il coronamento del sogno: i playoff. Quei playoff che l'anno scorso rimasero distanti ben quattordici punti dai Kings (che conclusero terzi in Division, ma decimi nella Conference) e che ora, invece, sono a portata di mano.

Los Angeles è infatti all'ottavo posto, l'ultimo che fornisce l'ingresso alla post-season, con 73 punti, quattro in più di St. Louis, nona. Tutto può ancora succedere, ma lasciarsi scappare i playoff proprio adesso sarebbe un'atroce beffa per Los Angeles che, visti e considerati i progressi mostrati dal 2003 al 2004, può comunque ritenersi soddisfatta: certo, la qualificazione ai playoff darebbe ancora maggior lustro alla capitale della California. Ma come hanno fatto i Kings a compiere questo passo avanti? Da dove è arrivato l'atteso salto di qualità  della compagine di Alexander Frolov? Secondo la mia analisi, ciò è dovuto essenzialmente a due fattori.

Uno: l'aumento dei pareggi, ebbene sì, e la diminuzione delle sconfitte. Sembrerà  banale, ma, in effetti, è così.

A pensarci bene un pareggio può valere poco, ma dieci messi insieme sono l'equivalente di cinque vittorie: e sono proprio dieci i pareggi che differenziano i Kings di questa stagione da quelli dell'altra. Nel 2002/2003 colsero appena 6 pareggi, quest'anno già  16. I pareggi, da soli, comunque, varrebbero poco.

Ma se uniti con una diminuzione delle sconfitte" Los Angeles ha infatti diminuito sensibilmente anche il numero dei ko: ben 37 l'anno scorso (solo Columbus e Carolina fecero peggio), 18 fino ad ora nel 2003/2004. Più che con le vittorie, Los Angeles sta costruendo la sua stagione sul perdere meno e sul portare a casa quasi sempre un punto da ogni gara: insomma la continuità  è il loro segreto.

Secondo: il miglioramento nei record sia in casa sia in trasferta. L'anno passato in casa ottennero 19 vittorie, 20 sconfitte (di cui una all'overtime) e due pareggi: ora il loro record è di 13-9-9-1. Sempre dodici mesi fa, ma questa volta in trasferta, Los Angeles portò a casa 14 partite vinte, 23 perse (cinque nel tempo supplementare) e quattro pareggi. Attualmente, fuori casa, i Kings vantano un record migliore: 12-9-7-6.

Se riusciranno, da qui alla fine della stagione, a continuare su questa strada, potranno rimanere agganciati al treno playoff: ciò dipenderà  dalla tenuta atletica e psicologica della squadra e dalle prestazioni dei singoli, su tutti Frolov, Robitaille (a segno nel pareggio di 1-1 con Minnesota la scorsa notte) e Palffy.

Capitolo Anaheim: vincitrice della Western Conference l'anno scorso, ora all'undicesimo posto con i playoff rappresentati, come detto sopra, da Los Angeles ad otto punti.

Si è passati da una squadra che ha incantato nella post-season del 2003, demolendo in rapida successione Detroit, Dallas e Minnesota (fermandosi solo davanti a New Jersey in finale di Stanley Cup perdendo in gara 7), ad una squadra altalenante e che ora rischia di non qualificarsi nemmeno per i playoff.

Un'involuzione dettata da vari motivi, ma che ad Anaheim pochi si aspettavano dopo l'arrivo quest'estate di un certo Sergei Fedorov (da Detroit) e di Vaclav Prospal (da Tampa Bay). Due pedine di indiscusso valore per rimpiazzare l'addio di capitan Kariya che oggi, a posteriori, sembra essersi rivelato più nocivo del previsto.

Tutto sommato Fedorov e Prospal non hanno deluso le attese, anzi, rivelandosi i due migliori marcatori del team: il primo con 54 punti (23 gol, 31 assist e primo giocatore russo a raggiungere i 1000 punti in carriera), il secondo con 45 (18 reti e 27 assistenze). Non si sono ripetuti sui livelli dell'anno scorso, invece, gli artefici principi della sorprendente cavalcata del 2003 che portò Anaheim alla vittoria di una Clarence S. Campbell Trophy nemmeno immaginabile ad inizio stagione.

Forse che l'anno passato sia stato solo un piacevole exploit destinato a non ripetersi? Auguriamo ai tifosi di Anaheim di no, ma certamente i dati di questa stagione non sono esaltanti.

Più sconfitte e meno vittorie (26 a 22, escluse perdite all'overtime), peggior record della NHL per quanto riguarda i match persi nei tempi supplementari (ben otto), attacco poco attivo (il terzultimo della Conference con solo 149 gol fatti), pessimo rendimento lontano dall'Harrowhead Pond (in trasferta 7 vittorie, 23 sconfitte, di cui quattro all'overtime, e tre pareggi) e due mesi, gennaio e dicembre, che, visti oggi, sono stati quelli che ora pregiudicano l'ingresso ai playoff (su 28 gare solamente 8 vittorie, quattro pareggi e ben 16 sconfitte).

Ultimamente i Mighty Ducks si sono ripresi: dalla loro hanno infatti un ottimo record nelle ultime dieci partite (6-2-1-1) giunto dopo gli inserimenti del Left Wing Petr Schastlivy da Ottawa e del difensore Martin Skoula da Colorado. Nell'ultima gara disputata, le Papere si sono imposte su Minnesota per 2-0: doppietta di Pahlsson e shutout di Giguere (28 saves e terzo shutout stagionale), tornato pian piano anche lui su buoni livelli, anche se non ancora quelli stratosferici dei playoff 2003.

Ora, per Anaheim, ci sono due gare decisive per la rimonta su Los Angeles: affronterà  in due giorni Chicago e Pittsburgh (una ultima nella Western Conference, l'altra ultima nella Eastern), due match che sulla carta possono dare nuovo vigore ai Ducks per recuperare gli otto punti che li separano dai tanti agognati playoff.

Chiudiamo la nostra panoramica sulla Pacific Divison parlando di chi questa divisione la chiude con 60 punti. Si tratta dei Coyotes Phoenix, ultimi nella divisione e terzultimi in Conference. I punti che li separano da Los Angeles sono ben 12: troppi per credere ancora nei playoff.

Playoff che comunque fino a poco tempo fa erano ancora ipotizzabili per Phoenix e che poi si sono allontanati gradualmente. Infatti ad inizio gennaio, in concomitanza con il record di imbattibilità  di Boucher, Phoenix era seconda in Pacific Division.

Dal 31 dicembre al 9 gennaio arrivarono cinque vittorie consecutive condite da cinque shutout consecutivi di Brian Boucher, goalie dei Phoenix che ha stabilito il nuovo record d'imbattibilità  nella storia dell'hockey. Trecentotrentadue minuti e un secondo senza che alcun disco entrasse nella porta del 27enne portiere dei Coyotes: cinque shutout che abbatterono Kings (4-0), Stars (6-0), Hurricanes (3-0), Capitals (3-0) e Wild (2-0), per poi interrompersi dopo sei minuti e sedici secondi del primo periodo della sfida tra Phoenix e Atlanta, finita 1-1. Un tiro di Randy Robitaille, deviato da Tanabe, che s'infilava alle spalle di Boucher, passato dall'anonimato alla popolarità  mondiale in pochissimi giorni. Pochi giorni nei quali Phoenix ha sognato grandi imprese.

Ma con la fine dell'imbattibilità  di Boucher, è iniziato anche il declino dei Coyotes. Dalla sfida con Atlanta (1-1) al match dell'altra notte con Edmonton (perso 5-4), Phoenix ha giocato 25 partite ottenendo solamente quattro vittorie, quattro pareggi e diciassette sconfitte (una all'overtime).

Una parabola discendente che ha portato Phoenix fuori dalla lotta playoff e all'ultimo posto nella Pacific Division. Nell'amarezza di una stagione che si va a concludere senza playoff, da ricordare gli straordinari e sorprendenti cinque shutout consecutivi di Brian Boucher, nuovo recordman di imbattibilità  tra i pali della storia dell'hockey moderno.

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