Pavel Bure si ritira?

Ammireremo ancora il grande Pavel Bure coi pattini ai piedi?

"Pavel, lascia perdere l'hockey, dedicati al nuoto".
Queste, all'incirca, furono le parole di papà  Vladimir dopo che Pavel Bure aveva effettuato il suo primo provino con la Red Army.

Era caduto un centinaio di volte, era stato il peggior giocatore sul ghiaccio in quella giornata, nonostante "Vlad the Dad", nei giorni precedenti all'esibizione del figlio, gli avesse consigliato esplicitamente di far uso di una sedia per esercitarsi a mantenere l'equilibrio e a stare attento alle cadute.

Il padre non si preoccupò più di tanto, d'altronde meditava per il figlio un futuro in piscina, proprio come aveva fatto lui nel corso della sua giovinezza. Vladimir, infatti, era riuscito a disputare le Olimpiadi del 1968, 1972 e 1976 per l' Unione Sovietica, ottenendo eccellenti risultati, cioè quattro medaglie nello stile libero (tra le quali due d'argento a Monaco'72 dietro al pluridecorato Mark Spitz).

Pavel, benché avesse iniziato a pattinare un po' tardi, all'ètà  di sei anni, non volle saperne, non si diede per vinto e portò avanti la sua grande passione raccogliendo i frutti a 16 anni, epoca nella quale riuscì finalmente ad entrare nella squadra dell'Armata Rossa.

Subito per Bure il compito si dimostrò alquanto difficile: non sfigurare al cospetto della mitica KLM, la linea super formata da talenti del calibro di Vladimir Krutov, Igor Larionov e Sergei Makarov. Il giovane talento russo poteva vantare al suo fianco personaggi come Sergei Fedorov e Alexander Moginly, con i quali formò una delle linee più interessanti e prolifiche del suo team.

Con il CSKA di Mosca dimostrò grandi potenzialità , totalizzando alla fine del triennio 96 punti in 122 match.

Al suo primo campionato, nel 1989, venne addirittura nominato rookie dell'anno della Lega Sovietica e venne inserito nell'All Star Team del World Junior Championship, competizione che giocò per tre anni consecutivi.

Nei suoi primi due anni vinse la medaglia d'oro, mentre, nell'ultima annata, ovvero nel 1991, prima di approdare ai Vancouver Canucks, portò la nazionale russa alla medaglia di argento a Saskatoon.

Questi tre anni di successi (nei quali collezionò 21 presenze e 39 punti) confermarono che la scelta al sesto giro, con il pick numero 113, nel draft del 1989, da parte dell'allora gm dei Canucks (tenetevi forte!) Pat Quinn, fu una vera e propria manna dal cielo per la squadra canadese, un eccezionale colpo di mercato.

Scelta che non fu facile come si potrebbe immaginare. Infatti, nessun giocatore che non avesse raggiunto i 18 anni di età  poteva essere scelto dopo il terzo giro, a meno che questi non avesse disputato almeno 10 partite in due stagioni in una major league. La Nhl Media Guide stabilì che il giovane russo aveva giocato solamente 5 partite l'anno prima, ma il capo scout dei Canucks, Mike Penny, provò mediante i tabellini delle partite che Pavel in realtà  aveva disputato 11 gare e in questo modo lo rese eleggibile per il draft.

"The Russian Rocket" , al suo primo anno tra i professionisti, non tradì le attese.
Con una stagione sopra le righe, nella quale totalizzò 60 punti (34+26), divenne il primo Canuck e il secondo russo nella storia della nhl a diventare rookie dell'anno (dietro a Sergei Makarov che lo anticipò nel 1990 con la maglia dei Calgary Flames).

Bure ricevette 222 voti e si impose davanti al difensore dei Detroit Red Wings Nicklas Lidstrom e all'ala dei Chicago Blackhawks Tony Amonte che ottennero entrambi 183 voti. Non arrivò primo in nessuna speciale categoria (se vogliamo escludere quella dei tiri e dei shorthanded goals), anche perché fu costretto a saltare 17 partite, Tony Amonte (69) e Kevin Todd (63) lo precedettero nei punti, ma egli si dimostrò il prospetto con più talento nella lega e chiuse la stagione con 22 goal nelle ultime 23 partite.

Quello stesso anno fu il migliore giocatore dei Canucks, che portò alla vittoria del titolo divisionale con 101 punti, record franchigia battuto solamente la scorsa annata da Markus Naslund e compagni (104 punti).

Il biennio successivo rappresentò la consacrazione del giocatore sovietico: nel 1992-93 Pavel Bure siglò 60 reti accompagnati da 50 assists che gli valsero la nomina nel primo sestetto All Star e a Vancouver scoppiò la Bure-mania, egli, infatti, fu il primo Canuck della storia a mettere assieme 50 reti e almeno 100 punti.

Nel corso della stagione fu devastante: realizzò dopo poche partite una quaterna, giocò la sua centesima partita nella NHL, ebbe una striscia di 22 punti in 13 partite nell'intero mese di gennaio, giocò il suo primo All Star Game da titolare, riscotendo perciò anche un gran successo di pubblico.

L'annata non si concluse però nel migliore dei modi, dato che Vancouver si fermò alle finali di Conference, nonostante Bure avesse collezionato 12 punti in altrettante partite di post-season.
Il campionato 1993-94 fu la stagione di massimo splendore di Bure giocatore. Ancora una volta 60 reti, grazie alle quali diventò uno degli otto giocatori nella storia della nhl a raggiungere questo prestigioso traguardo per due volte di fila (gli altri sono Phil Esposito, Mike Bossy, Mario Lemieux, Wayne Gretzky, Jary Kurry, Steve Yzerman e Brett Hull), nonché miglior marcatore della Lega.

Ciò che lo contraddistinse in queste stagioni a Vancouver fu la sua elettrificante velocità  (che gli valse il soprannome di The Russian Rocket), la sua devastante abilità  nel dribbling e nel tiro da qualsiasi posizione del campo e anche un incredibile capacità  di non subire particolarmente gli interventi duri dei giocatori più grossi di lui. Queste doti mandavano in delirio la folla e facevano di lui un giocatore bellissimo da vedere, che in qualsiasi momento avesse con se il disco, sprigionava una tale carica da spingere i fans a sollevarsi dal posto a sedere.

Questa volta, però, Pavel voleva arrivare fino e in fondo e vincere la Stanley Cup con la squadra canadese, lasciando da parte i tanti successi personali. L'ala dei Canucks disputò un playoff esaltante che rimarrà  nella storia dell'hockey, ma non raggiunse, sfortunatamente, l'obiettivo che si era prefissato.

Guidò l'intera Lega in goal, ben 16 e fu secondo nei punti, 30, ma soprattutto mise a segno un gol pesantissimo in gara 7 del quarto di finale di Conference, dopo due overtimes, contro gli acerrimi nemici dei Calgary Flames, rete che permise alla squadra canadese di continuare il suo cammino nella post season e di affrontare e sconfiggere, nell'ordine, i Dallas Stars in semifinale di Conference e i Toronto Maple Leafs in finale di Conference, entrambe con un perentorio 4 a 1.

Nella città  di Vancouver l'entusiasmo era salito alle stelle, mai la città  aveva provato queste grandi emozioni e dopo l'approdo in finale numerose furono le feste organizzate dai cittadini, che si mettevano letteralmente a ballare nel centro città .

Purtroppo l'epilogo non fu dei migliori: i New York Rangers sconfissero Vancouver nella finale della Stanley Cup in sette combattutissime partite. I Canucks partirono bene vincendo la prima partita all'overtime grazie ad un goal di Greg Adams e ad una prestazione micidiale del goalie Kirk Mc Lean che salvò la porta per ben 52 volte, stabilendo il secondo miglior record di saves in una finale nhl (meglio di lui solamente Ken Dryden che nel '71 fece 56 parate contro i Chicago Blackhawks).

Questa vittoria fu solo un illusione, dato che i Rangers risposero in gara 2 vincendo per 3-1, nonostante Vancouver avesse colpito ben quattro pali.

In gara 3 successe praticamente di tutto: i Canucks passarono in vantaggio con una rete di Pavel Bure che venne subito pareggiata da Brian Leetch, autentico trascinatore della squadra della Grande Mela in quella post-season (addirittura 34 punti), poi Bure si fece espellere per una high sticking sulla faccia del veterano 35enne Jay Wells, la partita cambiò radicalmente e New York vinse facile per 5-1.

Bure al termine della gara dichiarò: "Ho provato a colpirlo con la spalla, ma penso che la stecca mi sia scivolata e così l'ho preso in faccia".

Pavel tornò in gara 4, ma il suo apporto non fu significativo. Egli si fece addirittura ipnotizzare da Mike Richter, sbagliando un determinante penalty shot con i Canucks avanti per 2-1. Dopo il suo errore che poteva chiudere la gara i Rangers ribaltarono il punteggio, vinsero 4-2 e si portarono in vantaggio 3-1 nella serie.

Linden e compagni, tuttavia, non sentirono troppo la pressione, dato che avevano saputo affrontare e superare una situazione del genere anche al primo turno e si rimboccarono le maniche. In gara 5 Vancouver sbancò il Madison Square Garden davanti ai tifosi di casa già  in festa: Bure e Courtnall segnarono entrambi due reti e New York dovette soccombere con un secco 6-3.

Gara 6 fu una partita memorabile che a lungo resterà  nel cuore dei fans. Due reti del difensore Jeff Brown e una di Courtnall portarono i Canucks sul 3-1. A pochi minuti dalla fine, ancora Goeff Courtnall scagliò un tiro che colpì il lato interno del palo e tornò sul ghiaccio.

La luce rossa si accese e i giocatori festeggiarono il 4-1 ma il gioco continuò. Leetch intercettò il disco e nel capovolgimento di fronte Mark Messier mise a segno la rete del possibile 3-2. Tutti i giocatori canadesi protestarono e chiesero di visualizzare l'azione mediante il video-replay. Se il tiro di Courtnall avesse effettivamente varcato la linea di porta, Vancouver si sarebbe aggiudicata matematicamente la partita, e così fu, nonostante il considerevole momento di tensione che avvolse il Pacific Colesuem.

Tutto si sarebbe deciso in gara 7, la partita più importante nella carriera di un qualsiasi giocatore di hockey.

Ai giocatori fu concesso un giorno in più di riposo tra gara 6 e 7 e questo pesò molto sull'esito della serie. I Rangers, infatti, erano una squadra sicuramente più esperta, ma anche più vecchia e meno preparata sul piano fisico rispetto a Vancouver, che si era sempre dimostrata abile nel venire fuori alla distanza in una serie con così tante partite ravvicinate.

Il 13 giugno 1994 andò in scena, dunque, in un gremito Madison Square Garden, l'incontro decisivo della stagione.

Furono i Rangers a partire subito con il piede giusto e a trovare il primo gol della gara dopo 12 minuti, grazie ad uno straordinario tiro del solito Brian Leetch. Adam Graves raddoppiò pochi minuti dopo per la squadra di casa, sfruttando una superiorità  numerica e, ottenuto il doppio vantaggio, venne fuori il cuore dei Vancouver Cancuks e soprattutto del loro capitano, Trevor Linden, che prese sulle spalle tutto il peso della squadra.

In situazione di shorthanded, vinse uno dei tanti scontri della serie con Brian Leetch e si involò verso la porta difesa da Richter che venne trafitto per il momentaneo 2-1. Ad allungare nuovamente le distanze ci pensò Mark Messier, il quale sfruttò un rimbalzo su un tiro di Zubov in powerplay, ma Linden gli rispose all'inizio del terzo periodo quando mise a segno il 3-2 con 15 minuti da giocare.
Pochi minuti dopo Linden sfiorò la tripletta personale e, soprattutto, Nathan Lafayette, da posizione piuttosto favorevole, imbeccato da Cliff Ronning, colpì il palo e questo fu l'ultimo vano assalto alla coppa da parte dei canadesi.

Su Bure gravò non solo il peso dell'errore commesso in gara 4, quando si fece parare un penalty shot e il "game misconduct" di gara 3 ma anche una gara 7 nella quale non fu altro che un fantasma sul ghiaccio, cosa che non andò a genio alla tifoseria.

La stagione successiva, 1994-95, fu molto dura per l'intera NHL a causa del lockout. Si disputarono solamente 44 partite nelle quali Bure mise assieme 43 punti. Sfortunatamente per lui, il peggio doveva ancora arrivare.

Quando tutti gli addetti ai lavori si aspettavano una nuova grande annata dei Canucks che si erano rinforzati sul mercato con il neo-acquisto Alexander Moginly, che poteva formare una coppia formidabile e già  collaudata in passato, Bure distrusse il legamento ACL dopo uno scontro di gioco, quando erano state disputate appena 15 partite.

Per Pavel iniziò un calvario che durò tutta la regular-season e parte di quella successiva, nella quale scese sul ghiaccio 63 volte collezionando 55 punti. Tuttavia, il Bure del 96-97 non tornò certo agli altissimi livelli delle stagioni passate, anche a causa di un grave infortunio che si scoprì aver perseguitato Pavel anche dopo il suo ritorno e molti appassionati si chiesero quando avrebbero potuto rivedere di nuovo il vero "Russian Rocket".

Bure rispose ad ogni dubbio sulla sua salute nel 97-98 quando, in coppia con Mark Messier, ripropose le sue grandi doti di scorer mettendo a referto 51 reti (terzo miglior marcatore nella Lega alle spalle di Bondra e Selanne con 52), traguardo che però, paradossalmente, non gli fece riconquistare la stima dei tifosi e della società .

Il suo rapporto con la gente canadese sembrava ormai incrinato e spesso Pavel si lasciava abbandonare ad atteggiamenti non proprio degni di un professionista, tanto per citarne uno, potremmo dire che spesso si rivolgeva ai suoi fans rispondendo "Go to hell" quando questi gli chiedevano l'autografo. In generale, si può affermare che egli era una persona piuttosto schiva, che non lasciava trapelare molto della sua vita privata e alla quale non piaceva porsi al centro delle attenzioni, anche se chi lo ha conosciuto di persona lo considera una ragazzo favoloso.

La gente lo amava soprattutto perché sul ghiaccio era irresistibile grazie alla sua velocità  e accelerazione fuori dal comune e segnava molti goal, quello era il suo lavoro e lui lo svolgeva con la massima diligenza e costanza.

Insomma, per i tifosi, un campione dentro, ma non fuori dal ghiaccio, visto che essi sovente non evitavano di rinfacciargli atteggiamenti da prima donna o da superstar che, in quanto tale, doveva essere trattata con le pinze.

Se a tutto ciò aggiungiamo le continue incomprensioni con la dirigenza (forse con lo stesso Pat Quinn), dato che egli si riteneva debitore di una considerevole somma di 10 milioni di $ mai versati dalla società  dopo il lockout e, probabilmente, il fatto che Vancouver aveva parecchi problemi finanziari, ci è facile capire il motivo per il quale Pavel chiese ed ottenne di essere ceduto ad una squadra vincente, ovvero quello di cercare nuovi stimoli in un ambiente che non minasse la sua tranquillità .

La trade andò per le lunge e si concluse solamente nel gennaio del '99 quando egli venne scambiato ai Florida Panthers assieme a Brett Hedican, Brad Ference e una terza scelta per Ed Jovanovsky, Dave Gagner, Mike Brown, Kevin Weekes e una prima scelta.

Bure, tuttavia, non rimase affatto inattivo per l'intera stagione '98, dal momento che partecipò con la Russia alle Olimpiadi di Nagano, competizione nella quale mise a segno nove goal in sei partite (miglior marcatore del torneo), tra le quali un clamoroso poker in semifinale, che consentirono alla Russia di conquistare una prestigiosa medaglia d'argento, che costituisce il più importante riconoscimento per Pavel in ambito internazionale.

Conclusa l'Olimpiade, al suo debutto stagionale con la maglia dei Panthers, Bure siglò subito due reti contro i New York Islanders, ma l'illusione per la squadra californiana durò poco, dato che Pavel si re-infortunò al ginocchio dopo che aveva disputato sette partite con undici punti all'attivo.
Scese comunque sul ghiaccio per qualche altro incontro, nonostante il dolore, e venne infine operato due volte nel mese di marzo 1999 per riparare una volta per tutte il legamento crociato anteriore.

Per i Panthers si trattò di un vero colpo di sfortuna considerando che Bure era in forma smagliante, aveva infatti siglato una tripletta a Colorado la sera in cui uscì dopo la fine del secondo periodo per il riacutizzarsi dei problemi al ginocchio.

Con lui nella lineup i Panthers avevano vinto cinque partite, perdendone solamente due.
Il neo-acquisto dei Panthers saltò tutta la stagione, ma si ripresentò in grandissima forma l'anno dopo, all'opening night, infatti, segnò un goal al suo primo tiro e nel corso della stagione guidò Florida ai playoffs dopo una regular season eccezionale e sorprendente.

Oltre ai numerosi record franchigia conseguiti, non va dimenticato che Bure:
– Realizzò 58 reti, vinse il Maurice "Rocket" Richard Trophy come miglior marcatore della Lega e si piazzò secondo, dietro a Jaromir Jagr, nella classifica dei punti (ben 94).
– Riuscì addirittura a pareggiare il suo record carriera di punti in gare consecutive, registrando 12 gol e 9 assist in 13 gare nel mese di aprile.
– Giocò l'All Star Game nel quale venne nominato MVP, grazie ad una straordinaria tripletta, l'undicesima nella storia degli All-Star Game di hockey.
– Stabilì, assieme al fratello Valeri Bure, che militava nei Calgary Flames, il record di gol segnati da due fratelli nella medesima stagione, addirittura 93 (polverizzando il record precedente ottenuto dai due fratelli Bobby e Dennis Hull).

Florida, tuttavia, sebbene si presentasse come assoluta outsider delle Lega, non riconfermò l'eccellente organizzazione di gioco nella post-season e venne spazzata via al primo turno con un secco quattro a zero, per mano dei New Jersey Devils.

L'anno successivo continuò sulla falsa riga di quello precedente con Bure che fu primo nella squadra per goal (59, con i quali divenne il primo giocatore a vincere il premio di miglior marcatore per due anni consecutivi), assist (33), punti (92), powerplay goals (19, eguagliando il record franchigia di Mellanby), shorthanded goals e game-winning-goals (22, eguagliando nuovamente Mellanby), statistiche che gli consentirono di diventare il giocatore con la più elevata produzione percentuale di punti per il suo team nella storia della nhl (29.5%).

Purtroppo le grandi giocate di Bure non furono adeguatamente sostenute dal resto della squadra, tanto che i Panthers fallirono (anche se di poco) la seconda qualificazione consecutiva ai playoffs.
Bure, molto amareggiato, decise di non cambiare squadra e rimase ancora un anno in California, convinto dall'acquisto da parte della dirigenza del fratello Valeri Bure, approdato dopo uno scambio di giocatori con Calgary.

La sfortuna si abbatté nuovamente sulla famiglia Bure. Questa volta fu Valeri che, dopo aver disputato solamente sei partite con due punti all'attivo, si infortunò e venne operato a Weston a causa della lacerazione del menisco del ginocchio destro, che gli costò uno stop di tre mesi.
La squadra faticava a fare risultato, solamente Victor Kozlov e il rookie Kristian Huselius sembravano all'altezza della situazione e a farne le spese fu il coach Duane Sutter, sostituito da Mike Keenan.

La grave situazione indusse Pavel a guardare verso altri orizzonti e a chiedere perciò di essere ceduto ad una squadra con la quale potesse finalmente raggiungere il suo grande sogno, la conquista del titolo.

Florida dopo 56 partite cedette Pavel ai New York Rangers in cambio di Igor Ulanov, Filip Novak e alcuni picks, scambio che si concluse poche ore prima della chiusura del mercato, dopo che Florida aveva rifiutato a più riprese le avances del team newyorkese che già  dal mese prima si era fatto avanti.

Il general manager dei Rangers, Glen Sather, fu davvero entusiasta della trade e definì Bure "uno dei primi cinque giocatori della Lega" e "un artista, uno che appena ha il disco nella stecca, può metterlo in rete", anche se alla sua squadra avrebbe fatto più comodo un difensore che un attaccante, viste le difficoltà  riscontrate nella fase difensiva.

Il coach di Florida, Mike Keenan, dichiarò in merito all'operazione di mercato: "Fino a che Pavel continuerà  a vincere la classifica marcatori, la nostra squadra non vincerà  alcuna partita. E' una trade difficile, ma ci sarà  vantaggiosa per il futuro".

Furono molte le parole che si spesero su questo scambio, svariate le critiche mosse alla dirigenza dei Rangers per aver preso l'ennesima superstar, ma non un giocatore che effettivamente servisse all'economia della squadra, ma ogni polemica si dissolse quando la fortuna voltò ancora una volta le spalle al campione moscovita.

Egli, infatti, dapprima non riuscì ad offrire il contributo necessario alla squadra per qualificarsi alla post-season, poi, nella stagione successiva, ovvero quella dello scorso anno, si infortunò nuovamente al ginocchio al quale era stato operato numerose volte e rimase lontano dal ghiaccio dopo appena 39 partite disputate.

Pavel, come aveva fatto più di una volta in passato, sperava di potersi ripresentare in forma all'inizio del training camp dei New York Rangers. Purtroppo, lo scorso 3 agosto, il suo agente, Mike Gillis, ha reso nota la triste notizia: "Bure sente ancora un forte dolore al ginocchio al quale è stato operato sette volte. Fa molta fatica ad accelerare e a girarsi sul ginocchio destro. Nonostante sia motivato psicologicamente, dato che si è allenato in Florida e anche a Mosca, e stia facendo il possibile per tornare, la situazione non è delle migliori. Il ginocchio, dopo aver subito così tante operazioni, non è in salute e al momento non so dire con esattezza se riuscirà  a giocare quest'anno".

Le parole di Gillis di due mesi fa si rivelarono profetiche e confermarono che la tesi dei dottori, cioè che un ennesimo intervento non avrebbe migliorato le cose, era fondata. Bure, al momento in cui vi scrivo, non è nemmeno nel roster dei Rangers che, d'altronde, potrebbero sfruttare il buco di 10 milioni di $ lasciato dal suo stipendio per acquistare un'altra ala di valore.

Le previsioni più ottimistiche dicono che Pavel potrebbe prendersi un altro anno di riposo e tornare alla grande nel 2004-05, dato che con la sua spiccata vena realizzativa sarebbe ancora in grado di siglare 30-40 goal nella Lega.

Molti altri, al contrario, sostengono che Bure stia pensando fortemente al ritiro. Il ginocchio fa troppo male e il "Russian Rocket" visto nell'ultimo periodo è troppo limitato dall'infortunio sul piano della velocità , dote che lo sempre contraddistinto nella sua carriera, che lo ha reso amato al pubblico e che, quindi, non può assolutamente venire meno.

Tutti gli appassionati di hockey (il sottoscritto compreso) che amano questo sport si augurano che il russo ritorni presto a giocare. Pavel, dal canto suo, coerente con il suo carattere, ha sempre preferito non lasciare dichiarazioni, anche se è trapelato che egli abbia ringraziato tutti i tifosi di Vancouver per le favolose stagioni passate.

Sbaglio, o questi attestati di stima non si pronunciano quando si sta per appendere i pattini al chiodo?

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