I giocatori americani si abbracciano: il gigante sovietico è caduto!!
Il 22 febbraio 1980 è una data che difficilmente sarà dimenticata dagli appassionati sportivi: quel giorno a Lake Placid era in programma USA-URSS, un importantissimo incontro valevole per il girone finale del torneo di hockey su ghiaccio.
I pronostici erano tutti per la compagine russa alla caccia del quinto alloro olimpico consecutivo, il sesto in sette edizioni (ricordiamoci che il debutto ai Giochi della potenza sovietica avvenne nel 1956 a Cortina D’Ampezzo): il tecnico Viktor Tikhonov poteva disporre di autentiche leggende, quali Boris Mikhailov, Alexander Maltsev, Vladimir Petrov, Valery Kharlamov e il fantastico portiere Vladislav Tretiak, senza dimenticare i giovanissimi Viacheslav Fetisov e Sergei Makarov; la squadra a Stelle e Strisce, allenata da Herb Brooks, era invece formata dai migliori talenti provenienti dalle Università , quindi giovani e inesperti, ma con grande voglia di vincere.
Ai campioni della NHL era vietata la partecipazione alle Olimpiadi, in quanto professionisti.
Una settimana prima dell’inizio del torneo olimpico, le due nazionali si erano affrontate in un’amichevole al Madison Square Garden di New York, in cui i giovani americani erano stati sconfitti 10-3 e Alexander Maltsev, il geniale playmaker della Dinamo Mosca, aveva segnato un gol, pattinando all’indietro.
A Lake Placid, le dodici nazioni partecipanti furono equamente suddivise in due gruppi (rosso e blu): le due migliori si sarebbero qualificate al girone all’italiana che avrebbe assegnato le medaglie; il punteggio acquisito nello scontro diretto durante la prima fase sarebbe stato mantenuto e non era prevista alcuna finale.
Gli USA chiusero il girone blu a pari punti con la Svezia (in effetti, la prima posizione fu assegnata agli svedesi), mentre l’URSS vinse agevolmente il raggruppamento rosso davanti alla Finlandia: gli Americani (testa di serie numero 7 all’inizio del torneo) si potevano già considerare soddisfatti, avendo eliminato squadre importanti come Cecoslovacchia e Germania; tuttavia i giovani universitari erano entrati nel cuore dei tifosi, grazie a delle partite emozionanti.
La sfida contro il gigante sovietico sembrava, però, impossibile: il ricordo della batosta al Madison Square Garden era ancora molto forte e gli stessi atleti americani applaudirono i loro avversari durante l’introduzione prima della partita.
Il coach Herb Brooks aveva idee diverse ed era convinto della vittoria statunitense; per caricare ulteriormente i suoi ragazzi, il tecnico fece una battuta simpatica nei confronti di Boris Mikhailov, il leggendario capitano russo, somigliante a Stan Laurel (Stanlio & Ollio): “You can beat Stan Laurel, can’t you?”.
I Sovietici si portarono sul 2-1, ma un fatale calo di concentrazione sul finire del primo tempo regalò agli avversari un’opportunità , prontamente sfruttata da Mark Johnson: il cronometro segnava 19:59!
Scosso dall’avvenuto, Tikhonov prese una decisione, ancora oggi motivo di dibattito e di polemiche: la sostituzione di Tretiak a favore di Vladimir Myshkin; il leggendario goalie russo aveva disputato un torneo mediocre, ma nessuno avrebbe mai pensato ad una soluzione così estrema!
Nel periodo centrale la squadra CCCP si riportò in testa, mantenendo il vantaggio fino alla seconda sirena, ma i loro rivali erano convinti di poter rimontare e non si disunirono: nel terzo tempo Mark Johnson realizzò in Power Play il goal del 3-3, preparando la scena per il gran finale.
Due minuti dopo, Mark Pavelich passò il disco al capitano Mike Eruzione che scagliò un tiro verso la porta difesa da Myshkin: GOL! Incredibilmente, gli USA si erano portati in testa, scatenando una vera esplosione dei tifosi presenti sugli spalti; la nazionale sovietica si riversò in avanti, ma il portiere Jim Craig chiuse la saracinesca.
L’imprevedibile era accaduto! Il Golia Sovietico era stato battuto dal Davide Americano! Nonostante la netta supremazia territoriale (39 tiri contro 16), il gigante russo era caduto, in quella che diventò una delle più grandi sorprese nella storia dello sport!
Tuttavia la medaglia d’oro non era stata ancora conquistata, ma gli USA seppero mantenere la concentrazione, battendo 4-2 la Finlandia nella partita conclusiva: vent’anni dopo il successo di Squaw Valley, la formazione americana salì sul gradino più alto del podio olimpico.
Anche il trionfo del 1960 era stato molto emozionante, ma la prestazione di Lake Placid contro l’URSS (considerata chiaramente un nemico e magari simbolo del male) fu molto più coinvolgente.
Ad ogni modo, l’incontro contro i finlandesi cadde ben presto nel dimenticatoio e addirittura ci sono molti tifosi americani convinti che la partita USA-URSS, prontamente chiamata Miracle on Ice sia stata la finale per la medaglia d’oro.
In verità la nazionale americana era formata da giocatori sicuramente validi, tanto che alcuni di loro proseguirono la loro carriera a livello professionistico: il più famoso è senza dubbio Neal Broten che giocò nella NHL per 19 stagioni, vestendo le maglie di Minnesota North Stars, New Jersey Devils e Los Angeles Kings; Mike Eruzione, invece, decise di ritirarsi al termine delle Olimpiadi, affermando che niente avrebbe potuto pareggiare quell’incredibile vittoria.
Classifica del girone finale:
1) USA 5 punti – Medaglia d’oro
2) URSS 4 punti – Medaglia d’argento
3) Svezia 2 punti – Medaglia di bronzo
4) Finlandia 1 punto