Matthews, buon sangue non mente

Ora l'urlo di Clay Matthews III terrorizza tutta la Lega

Questa è la storia di un ottimo giocatore NFL in procinto di diventare un campione, quando ancora non lo era ed era molto più facile scommettere che non lo diventasse, e della sua famiglia, che ha accompagnato ed ha scritto la storia della Lega negli ultimi 50 anni. Questa è la storia di un biondo
giovane californiano che risponde al nome di Clay Matthews III.

Clay Matthews I nasce a Charleston, South Carolina, da dove è originaria la sua famiglia ed ha una grande passione che, indovinate un po', si chiama football.
Clay Matthews decide di perseguire questo suo sogno e va a Georgia Tech, il college che gli permette più di tutti di continuare a tenere aperto il cassetto dove è contenuto il sogno chiamato NFL, ai tempi divisa dalla sua gemella, l'American Football League.

Clay è bravo, gioca sia nella linea d'attacco che in quella di difesa, cosa comune a quell'epoca, e gli allora Los Angeles Rams lo scelgono al 25esimo giro del draft del 1949. Ma i Rams non offrono neanche una possibilità  di mettersi in mostra al nativo di Charleston e allora Clay Matthews I non ci sta, lascia Los Angeles ma non la California, ed approda nei San Francisco 49ers,
dove spenderà  tutti i suoi 4 anni di servizio che offre alla Lega.

Si crea un legame inscindibile tra i Matthews e la California, tanto che Clay decide di stanziarsi qui a fine carriera.
Clay ha 2 figli: William Clay Matthews Junior, più familiarmente chiamato Clay Matthews, e Bruce ai quali il vecchio Matthews, fin da bambini, insegna i ruderi della disciplina sportiva.
Che sia una famiglia dove si respira il football 24 ore su 24 non deve sorprendere nessuno considerata l'abbondanza della casistica in tema, così il padre lascia che i due ragazzini scorrazzino e si divertano giocando con i coetanei.

Poi, qualcosa cambia, la saga dei Matthews comincia a prendere forma e i due ragazzi, ormai arrivati al liceo, cominciano a essere notati dagli scout del Paese: i due non resistono a quel legame di cui dicevamo prima e, prima Clay poi Bruce, quando papà  Matthews chiede loro quale università  sceglieranno, non esitano un secondo ed entrambi indicano la University of Southern California.
La decisione tanto scontata non era poiché, come molte famiglie americane, la famiglia Matthews intanto si è spostata, e, per esempio, Bruce frequenta negli ultimi anni un liceo del North Shore di Chicago, dove pratica, (pare con un certo successo…) anche il wrestling.

I Matthews scelgono USC non solo per il sole della California, ma anche per i grandi team che allestisce in quegli anni il dipartimento sportivo dei Trojans: un'offerta assolutamente imperdibile per i due fratelli per continuare a sgrezzare il loro talento, quello che Clay utilizza per ricoprire il ruolo di linebacker e quello che Bruce porta sul campo nella linea offensiva dei rosso/oro.

Le basi del gioco Clay Matthews I da Charleston, South Carolina deve averle piuttosto spiegate bene ai ragazzi, visto che i due fratelli, in due epoche leggermente diverse in quanto divisi da cinque anni d'età , forniscono prestazioni devastanti nello stadio dell'ateneo di Los Angeles, la stessa città  che più o meno 25 anni prima aveva prima dato una chance e poi voltato le spalle a loro padre: ormai è solo una formalità  la decisone di fare il grande salto nella NFL, come già  fece il loro genitore.

Quando è il momento di entrare nella lega professionistica, Clay lo fa dalla porta principale e viene scelto dai Cleveland Browns alla 25esima chiamata assoluta del draft del 1978, mentre Bruce, che nel frattempo è diventato un All-American nell'ultimo anno con i Trojans, fa ancora meglio: gli allora Houston Oilers se lo assicurano addirittura con la nona chiamata del primo giro del draft dell'83.

I fratelli Matthews sui campi da gioco di quella che ora è “la Lega” unificata, scrivono pagine importanti di questo sport: Clay giocherà  per 19 stagioni (!!!) divise tra i Browns e i Falcons per 278 partite disputate (16esimo di tutti i tempi), disputa quattro volte il Pro Bowl ed registra un record piuttosto
divertente: è il giocatore più vecchio della storia della NFL ad aver effettuato un sack a 40 anni e 282 giorni.

Bruce, forse, fa ancora meglio del fratello, perchè Bruce, nel suo ruolo, è reputato uno dei migliori tra tutti quelli che hanno mai calcato il campo da football e i suoi record hanno qualcosa di fiabesco.
Prima di tutto, non vi ho ancora svelato qual è il ruolo del più piccolo dei fratelli Matthews nella linea offensiva degli Houston Oilers, che Bruce nelle sue 18 (!!!) stagioni vedrà  mutare in Tennessee Oilers e poi in Tennessee Titans: tackle, guardia e centro.
No, non sto scherzando, Bruce nei Titans, durante l'intera sua carriera, ricopre tutti i ruoli della linea d'attacco con grande efficacia e determinazione, guadagnandosi 14 volte (record assoluto in coabitazione con Merlin Olsen) la convocazione alla gara delle stelle, esibizione che disputerà  sia da guardia, sia da centro.

Bruce è testimone, in questi 19 anni anni in maglia bianco-azzurra, dei picchi più alti della franchigia: nei primi anni di apprendistato ha il compito di aprire la strada ad una leggenda come Earl Campbell, vede nascere grandi giocatori come Warren Moon ed infine nella “vecchiaia” sportiva è protagonista di quel pazzesco anno 2000 con il discusso “Music city miracle” ai danni dei Bills e la corsa all'anello sfumata per una yard nel Superbowl perso contro i Rams, guarda caso la squadra che aveva rifiutato papà  Clay, intanto trasferitosi da L.A. a Saint Louis.

L'uomo, con la u maiuscola per tutti i tifosi degli allora Oilers, di linea offensiva conclude la carriera un anno dopo, costellata da traguardi pazzeschi come diventare il giocatore con più partite nella storia del gioco (296 presenze) esclusi kicker e punter nelle 19 stagioni disputate (il massimo per un giocatore di linea offensiva) tutte con lo stesso team e l'orgoglio di non aver saltato mai un match per infortunio.

L'ex bandiera degli attuali Titans raggiunge definitivamente la fama imperitura entrando nel 2007 nella NFL Hall of Fame e dal 2002 la saga dei Matthews si interrompe, a quanto pare definitivamente.

William Clay Matthews III nasce a Northridge, California dove trascorre la sua infanzia insieme ai suoi 2 fratelli e i suoi genitori.
Northridge è una città  tranquilla della California, dove i bambini crescono utilizzando il tempo libero destreggiandosi tra le varie attività  che quel pezzo di terra benedetto da Dio permette loro di fare: surf, basket e football naturalmente, quando i tre fratelli riescono a radunare abbastanza amici da formare due squadre.

La madre di Clay III non è però soddisfatta della forma fisica del figlio e, negli anni del liceo, lo manda a giocare nella squadra di football della scuola dove il defensive coordinator è…Clay Matthews Junior, il padre di Clay III ed ex giocatore NFL, come abbiamo visto. Ma a questo punto dobbiamo fare un piccolo passo indietro.

Clay Matthews III è un “late bloomer”, uno di quei ragazzini che “sbocciano” intellettualmente dopo i propri coetanei: ora, tutti sanno la difficoltà  nell'apprendere gli schemi di uno sport assai complicato come il football, così il padre, constatata l'impossibilità  del giovane Clay di stare in campo con i
compagni, si rifiuta di farlo giocare.
Ma durante il tempo del liceo, Clay cambia, si rafforza mentalmente per l'abitudine a lottare, cosa che si ripeterà  anche al college, e già  nell'ultimo anno nella Agoura Hills High School è titolare inamovibile, nel
ruolo di linebacker, lo stesso di papà .

Quando arriva il momento della scelta del college, Clay Matthews III non riceve certo una schiera di corteggiatori che cercano di contenderselo uno dalle mani dell'altro, anzi, arrivano solo poche proposte da college poco rinomati vicino alla cittadina dove abita tutta la famiglia.
I genitori lo pongono nella prospettiva di accettare uno di questi college che, accanto alla possibilità  di coltivare la passione di famiglia, il football, spesso seguono i loro studenti nei risultati accademici meglio delle scuole più rinomate, ma il giovane è irremovibile: lui sarà  un Trojans, come il padre e lo
zio, e come sta facendo il fratello Kyle, safety di passaggio a USC.

Ma come ogni storia che si rispetti, la storia fantastica di Clay Matthews III è la storia di un anatroccolo che si trasforma in un bellissimo cigno.
Vi ho già  parlato delle difficoltà  patite nello sviluppo, ma nulla è confrontabile a quello che succede nella prima stagione a USC.
Clay (lo chiameremo d'ora in poi semplicemente così) è un signor nessuno nel campus con una storia familiare che pesa come un macigno sulle sue spalle, è un cosiddetto “walk-on student”, uno di quei ragazzi che fanno la squadra dell'ateneo dove studiano senza velleità  di entrare in campo e, qualora
succeda, ringraziano il cielo per l'opportunità  ricevuta.

Mi immagino le occhiate tra l'head coach del tempo, Pete Carroll e il suo allenatore dei linebacker, Ken Norton Jr., quando vedevano allenarsi il biondo Clay, totalmente impreparato prima ancora fisicamente che psicologicamente ad affrontare gli avversari della Pac 10.
Il primo anno si conclude con Clay che non mette piede in campo per i Trojans, nonostante i continui inviti del defensive coordinator nei quarti quarti delle sfide che non hanno più nulla da dire, i cosiddetti “garbage time”.
Ma il figlio d'arte vuole mantenere il suo stato da “redshirt” in maniera da avere ancora 4 colpi da sparare nelle successive stagioni sportive dei Trojans. Perchè, nonostante Clay Matthews sia giovane, sa cosa vuole e vuole dimostrare che, in campo, con gli altri compagni, ci può stare anche lui.

I successivi due anni non sono caratterizzate da grandi passi avanti da parte del ragazzo californiano dal punto di vista statistico, ma dal punto di vista psicologico Matthews è ormai un'atra persona: nelle due off season si chiude in palestra ad aumentare la sua insufficiente massa muscolare mentre i compagni si godono le vacanze, acquista sempre maggior reputazione agli occhi di coach Carroll che lo vede impegnarsi in allenamento sempre il doppio degli altri e conclude entrambe le stagioni con il premio di miglior special teamer della squadra.

Il quarto anno a Los Angeles ormai Matthews è sulla rampa di lancio ed è impossibile ignorarlo persino per il coaching staff, se non ci fosse un ma, un dubbio, come tutti quelli che hanno accompagnato Clay Matthews da quando ha incominciato a calcare i campi da gioco.
Quell'anno USC presenta la batteria di linebacker forse più forte della sua gloriosa storia: nomi altisonanti come Brian Cushing, il prodotto locale Rey Maualuga e, per concludere, Kaluka Maiava.
Chi non si sarebbe scoraggiato davanti alla quasi certezza di vedere solo di sfuggita il campo per il quarto anno consecutivo? Non Clay, che risponde nell'unica maniera che ha imparato fin dai tempi in cui era stato scartato da suo padre nella squadra dell'high school. Decide di darci dentro ancora di più.

Coach Carroll non vuole perdere l'occasione di mettere alla prova questo ragazzo che ha sputato sangue nelle ultime stagioni senza possedere la certezza che da questo sarebbe derivato un posto da titolare: insieme al suo defensive coordinator cuce su misura del suo giocatore la posizione cosiddetta
“Elephant”.
In poche parole, Clay lascia la sua posizione naturale di linebacker centrale per allinearsi ai compagni della linea difensiva, che nel 2006 aveva perso mordente a causa di diversi atleti di spicco passati tra i professionisti, cosicché il ragazzo possa sfruttare la sua aggressività  per aumentare le sue doti di pass rusher.
La trasformazione paga i dividendi attesi e Matthews balza agli onori della cronaca nazionale per le prestazioni con i suoi Trojans, che in quell'anno battono Oregon e Arizona State, rispettivamente numero 5 e 7 del seeding.

I giornalisti che hanno avuto il piacere di assistere ad un allenamento dei Trojans di quell'anno sostengono che Matthews era così inarrestabile da porre in imbarazzo il coaching staff, spesso costretto ad arrestare la partitella attacco contro difesa, perché il quarterback di allora Mark Sanchez era costretto a passare più tempo sdraiato per terra che in piedi a guidare il reparto offensivo, in conseguenza dei continui colpi ricevuti dal numero 47, numero scelto da Clay al college.

Il quinto anno è quello della definitiva consacrazione, non male per chi cinque anni prima avrebbe dovuto trasferirsi ad un college senza fama vicino a casa, in maniera da non avere troppi grilli per la testa e pensare presto al lavoro che avrebbe dovuto cominciare successivamente.
Clay riprende il suo posto al centro della difesa Trojans, portando sul campo giorno dopo giorno l'entusiasmo di chi ce l'ha fatta e non ha intenzione di farselo sottrarre per niente al mondo.
L'ultima stagione si corona con la copertina del numero di Sport Illustrated dedicato al draft NFL, che la dedica all'incredibile fucina di talenti di USC, capace di produrre ben 3 linebacker da probabile primo giro tra Clay, Brian Cushing e Rey Maualuga.

L'unica macchia, che è giusto ricordare, perché rischia di oscurare questa storia luminosa, riguarda diverse indiscrezioni giunte da dentro lo spogliatoio dei Trojans, che insinuano che Clay e il suo compagno Cushing siano caduti nella trappola dell'uso di sostanze dopanti e non sia solo farina del loro
sacco le fenomenali prestazioni che hanno reso sul campo, ma coach Carroll, all'epoca, aveva zittito immediatamente queste voci (purtroppo Brian Cushing è stato fermato quest'anno per 5 partite dal commissioner delle NFL Godell per situazioni poco chiare proprio riguardo l'utilizzo di sostanze vietate).

D'ogni modo, il draft day spedisce, con la 25esima chiamata assoluta, Matthews in direzione Green Bay, il posto giusto per uno come lui, dove pure le vecchiette che incontri per strada possono disquisire con cognizione di causa di blitz difensivi o di schieramenti difensivi più consoni per le diverse situazioni.

Il resto è storia recente: Matthews ha concluso la prima stagione nel Wisconsin con 51 tackle e 10 sack, sfiorando di poco il premio di rookie difensivo dell'anno, vinto dal suo inseparabile alter-ego Cushing.
La stagione 2010 è cominciata come era finita quella precedente: tanta aggressività  e pressione portata sulla linea offensiva avversaria, quella rabbia di chi, all'inizio della sua carriera, era costretto sulla sideline perchè gli mancava sempre qualcosa, quando sognava quello che è diventato adesso.

Un ultimo avviso, la “Matthews legacy” potrebbe non concludersi qui: infatti il fratello di Clay, Casey, è un ottimo prospetto per gli Oregon Ducks, dove ricopre il ruolo, manco a dirlo, di linebacker, come il fratello, come il padre.

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