Peyton saluta Eli a fine partita.
I rispettivi risultati conseguiti nella prima settimana di campionato avevano sicuramente aggiunto interesse per una sfida intrigante come quella tra i fratelli Manning, posti uno contro l'altro da un calendario che prevede incroci di questo genere ogni quattro anni, rendendo ancor più stuzzicante un evento raro come questo, giustamente proposto in prima serata dalla Nbc.
Mille storie che si incrociano, carriere con diverse similitudini, papà e mamma sugli spalti che non si sbilanciano riguardo a quale dei due figliuoli privilegeranno per il tifo, un precedente che, agli albori della stagione 2006, quella che portò Peyton direttamente al titolo, vide proprio quest'ultimo trionfare per 26-21 mettendo ancora una volta al suo posto il fratellino Eli, che al tempo non era ancora sbocciato nel quarterback-franchigia che è oggi, e che pochissimo tempo dopo avrebbe contribuito a distruggere i sogni perfetti della New England dei record, raggiungendo il fratellone nel numero di trofei portati a casa, ed aggiungendo altro prestigio ad una tradizione familiare iniziata con papà Archie.
Le premesse avevano portato a previsioni interessanti, in quanto i Colts provenivano da una rara sconfitta, perlopiù contro una rivale divisionale che fino all'anno scorso avevano praticamente dominato, e recitavano lo strano ruolo del team costretto a vincere per non perdere terreno già a questo punto così acerbo del campionato, mentre i Giants avevano superato con pieno successo la prova Carolina, forse una squadra troppo debole per tirare delle somme vicine alla realtà per la banda di Tom Coughlin. O almeno questo è stato il verdetto del campo di un Sunday Night conclusosi nel peggiore dei modi per i newyorkesi, bastonati a dovere da dei Colts tatticamente impeccabili, e che ora si troveranno a dover rispondere a molte domande scomode davanti ai caldissimi media della Grande Mela.
Il pesante 38-14 con cui Peyton si è portato a quota 2-0 nei confronti di Eli, casomai gliene importasse qualcosa, è stato di fatto frutto di un accurato studio da parte del coaching staff degli errori commessi contro Houston, in una gara vissuta tra l'impossibilità di erigere un muro difensivo adeguato contro il potente gioco di corse avente per protagonista l'improbabile Arian Foster, e l'eccessiva dose di lanci chiamati per Peyton, colpito a ripetizione da Mario Williams e soci e privo di un gioco di corse credibile, aspetto quest'ultimo sul quale gli allenatori hanno veramente dimostrato di aver posto rimedio, almeno per ora.
I Colts hanno costretto gli avversari ad improvvisare degli adeguamenti difensivi che non sono riusciti a pervenire, giocando la loro no-huddle offense con precisione tempistica ed estrema efficacia nella miscela delle chiamate. I Giants hanno subito yarda dopo yarda senza potersi opporre un granché, essendosi preparati ad affrontare un Manning che aveva lanciato più di cinquanta volte nella gara precedente, e per questo inizialmente schierati con sei defensive backs ed un solo linebacker, con l'appunto di essersi trovati a disagio nel vedersi correre in faccia da Joseph Addai e Donald Brown, arrivati a quota 161 yards in combinata con una meta a firma del secondo anno da Connecticut. Il fatto di non poter mettere in campo il personale adatto contro le corse è stato una chiave tattica determinante, a meno di non chiamare un timeout ogni due azioni, cosa che Coughlin, per motivi ovvi, non poteva permettersi di fare.
I 17 punti segnati dai Colts nel primo tempo sarebbero potuti essere di più, specialmente se Reggie Wayne (7×96, TD) non avesse commesso un rarissimo drop in una situazione che altrimenti lo avrebbe portato dritto in endzone. Nel frattempo il lavoro a video si poteva tranquillamente definire di successo osservando i risultati ottenuti contro le corse dei Giants, che hanno fatto apparire le 231 yards di Foster di una settimana prima come già messe in archivio. Ahmad Bradshaw, nonostante la buona volontà nel continuare a rompere placcaggi e nonostante le 89 yards conquistate (ma tante a gara già persa) non riusciva a trovare varchi buoni da colpire, mentre Brandon Jacobs, od il suo fantasma, non trovava di meglio che sfogare la sua frustrazione lanciando il casco tra gli spalti del Lucas Oil Field, rimediando una figura abbastanza povera ed accentuando un periodo di crisi che dura dal 2009.
Complice pure una linea offensiva che dopo il Super Bowl vinto con i Patriots si trovava al primo posto Nfl in termini di efficienza ed è andata sempre in calando, diventando una fonte di preoccupazione cessando di essere uno dei principali punti di forza. Chris Snee e Kareem McKenzie hanno subito abusi d'ogni sorta contro gli scatenati Dwight Freeney e Robert Mathis, troppo veloci per essere arginati, troppo aggressivi per essere tenuti a debita distanza da un Eli Manning (13/24, 161 yards, 2 TD, INT) che ha concluso con statistiche povere, ma al quale più di tante colpe non ci sentiremmo di addossare, con la sola esclusione di quell'intercetto nel primo tempo, arrivato su un lancio in tripla copertura scaturito dall'eccessiva fretta nel voler recuperare i 14 punti di svantaggio.
Il disastro è stato poi completato dal fumble più costoso di giornata dei tre commessi da Eli, in quanto si è trasformato nell'azione che ha deciso negativamente la partita sfociando nel primo touchdown di carriera del secondo anno Fili Moala, che ha dato il 31-7 parziale scavando una distanza che, essendo già nel secondo tempo, i Giants si sapeva non avrebbero più recuperato vista l'assenza di reazione da parte di un po' tutti i reparti.
Ed ecco che il Manning derby assume significati completamente diversi da prima, non resta limitato al rappresentare una mera e rara sfida tra sangue dello stesso sangue, ma porta ad un approccio alla terza settimana di gioco con le carte scese in tavola completamente rivoltate, che presenteranno dei Colts che sembrano effettivamente aver ripreso la loro abituale marcia vincente, e che gettano i Giants nel mezzo di una crisi d'identità che non pensavano di affrontare nella facile vittoria di una settimana fa contro i Panthers, e che fortunatamente hanno vissuto la coincidenza di sconfitte di Redskins e Cowboys, la quale pone l'intera Nfc East a quota 1-1.
Eli, il piccolino, avrà dunque la possibilità di ricominciare daccapo, di azzerare la mente e ripartire, la strada è ancora lunga. Peyton, nel frattempo, si culla in quei dolci ricordi di quattro anni fa, e spera che la coincidenza di aver battuto il fratellino in regular season, possa legarsi ad un'altra alzata del Vince Lombardi Trophy. Essere 2-0 nei confronti diretti con Eli, in fondo, non è poi così importante.