Il grande anno dei tight end

Tony Gonzalez ha riscritto la storia del ruolo di tight end.

Ho cominciato ad appassionarmi e a seguire con una certa costanza questo gioco intorno alla metà  degli anni '90, quando la storica rivalità  tra Dallas Cowboys e San Francisco 49ers stava ormai tramontando. Nella seconda parte di quel decennio trovarono gloria per due anni consecutivi i Denver Broncos di John Elway, che si rifece su coloro i quali lo criticavano non solo per la consueta incapacità  di vincere titoli nonostante le grandi cifre accumulate in stagione regolare, ma persino di portare la sua franchigia all'atto finale.

Bene, mi ricordo che in quella squadra dal grande talento offensivo lo spot di tight end era ricoperto da un certo Shannon Scarpe, che se non è possibile definire rivoluzionario per il suo ruolo poco ci manca: abbinava a una considerabile prestanza fisica, imprescindibile per ogni tight end, un'anormale pericolosità  per il ruolo, non appena lasciava la linea offensiva per raccogliere i preziosi spunti del suo numero 7. Non a caso nei Ravens da titolo del 2001, caratterizzati da una difesa dominante ma da un attacco mediocre, il prodotto di Savannah State divenne, di fatto, la prima opzione offensiva.

Da sempre il tight end è ritenuto un ruolo importante, ma la sua natura ibrida non era compresa fino in fondo: la sua posizione di partenza accanto agli uomini di linea richiedeva un giocatore capace di sostenere l'impatto fisicamente devastante della linea difensiva avversaria a difesa del proprio quarterback e, nello stesso tempo, serviva una persona dotata di ottima tecnica di bloccaggio per aprire i binari di corsa ai runningback.

A partire da queste skills da cui non si poteva prescindere, solo successivamente si valutava se tale interprete del ruolo avesse le capacità  di ricezione tali da mettere in difficoltà  le difese avversarie : normalmente la notevole massa necessaria per sopravvivere agli scontri sulla linea di scrimmage condizionava la loro velocità , inoltre non venivano richieste mani particolarmente "educate" per coprire il ruolo; è naturale che i quarterback lanciassero verso di loro solo in circostanze eccezionali, quando tutti i ricevitori fossero coperti e in occasione di chiusura di terzo down, o quando si entrava nelle redzone dove le goal line offense (formazione in cui normalmente vengo utilizzati due tight end) vengono preferite per scardinare le difese avversarie più resistenti.

Proprio l'anno prima che Shannon Sharpe (ora diventato opinionista per la CBS da dove non risparmia frecciatine al veleno agli ex colleghi) riuscisse a infilarsi al dito il suo primo anello, viene scelto al numero 13 del draft un giocatore che definirà  i parametri del ruolo per tutti i successori: Tony Gonzalez.
A un fisico perfetto per il ruolo (1.96 cm x 110 kg) unisce una capacità  di corsa, un senso dell'equilibrio e una tecnica di ricezione mai visti prima: Gonzo diventa un arma letale per i Chiefs e una minaccia inarrestabile per le difese che si trovano a contrastare un giocatore molto tecnico e a cui molti cornerbacks e safeties "regalano" qualche centimetro e a volte 10-15 chili.

A 33 anni l'attuale giocatore dei Falcons ha già  stabilito moltissimi record e si è iscritto di diritto tra i più grandi interpreti del ruolo; rimane il rammarico di non averlo mai visto fare parte di una squadra che potesse ambire al titolo, poichè il progetto dei Kansas City Chiefs non è mai veramente decollato e ora che ha cambiato casacca pare un po' troppo tardi per raggiungere l'agognato successo finale.

Ma veniamo alla stagione appena conclusa: una stagione, a mio parere, esaltante per il ruolo con un'altissima concentrazione di talento, giocatori che si sono distinti per le statistiche accumulate e, in generale, per aver raggiunto un'importanza imprescindibile nei piani di gioco di ogni head coach.
Proprio dall'ultimo assunto vorrei partire: prendiamo tutte le ultime quattro finaliste dei Championships della NFL cioè Saints, Colts, Vikings e Jets.
I campioni del mondo partivano con Jeremy Shockey come titolare del ruolo, ma avendo dovuto giocare infortunato per gran parte dei playoffs, Drew Brees ha dovuto appoggiarsi anche su David Thomas, che ha disputato dei grandi playoffs, come suggeriscono l' ultimo quarto ed il supplementare con i Vikings.

Ad Indianapolis si scopre l'acqua calda se si vuole parlare del livello di complicità  raggiunto dal duo Manning - Clark; quest'ultimo è uno dei tight end più versatili e vero e proprio tormento per le difese avversarie, perché dotato di velocità  di base superiore alla media, capacità  di ricezione da top della Lega e ottimo fiuto nel trasformare potenziali passaggi da poche yards in grandi guadagni. Come già  detto i Colts del futuro ripartiranno da qui.

Come non è un segreto che dell'arrivo a Minnesota di Brett Favre abbiano non solo beneficiato Sidney Rice e Adrian Peterson, ma anche Visanthe Shiancoe e lo stesso apporto del numero 81 in maglia viola ha giovato a tutta la squadra. Ha concluso la stagione regolare con statistiche lusinghiere( 56 rec, 566 yrds e ben 11 TD) e anche nei playoffs è stato uno degli ultimi ad arrendersi al destino che aveva riservato ai Saints il cammino verso la gloria.
Molti pensavano che i Jets, raggiunto i playoffs anche per una serie di circostanze favorevoli, avessero ben poco da dire una volta che fossero cominciate le partite "da dentro o fuori", poiché la loro portentosa difesa era supportata da un attacco che affidava sulle possenti spalle del duo Jones - Greene le sorti degli incontri.

Invece il quarterback Mark Sanchez ha fatto il salto di qualità  che nessuno gli richiedeva al primo anno e con lui è emerso il tight end Dustin Keller, che dopo aver segnato il td decisivo per eliminare i Bengals, ha preso gusto e si è ripetuto prima nella vittoria contro i Chargers e poi nella sconfitta contro i Colts. Non stiamo parlando di un giocatore da prima pagina, ma comunque di uno che ha saputo alzare il suo livello di football al momento necessario (quando anche giocatori più titolati hanno fatto il contrario").

Quindi è da sottolineare ancora una volta come tight end sia diventato sinonimo di affidabilità  per le varie franchigie delle NFL: si preferiscono le mani sicure sulla media profondità  per questi giocatori che poi, anche tatticamente, si trovano a gestire una serie di mismatch favorevoli contro avversari dello stesso o persino minor tonnellaggio, piuttosto che il lancio sul ricevitore di riferimento, spesso soggetto a marcatura doppia, se non in casi estremi, tripla.
Si parlava di bravura a farsi trovare smarcati in momenti culminanti al di fuori del semplice discorso statistico, ma anche di questo si deve parlare.
Allora cominciamo da chi forse ha compiuto la prestazione stagionale più sorprendente di tutti: trattasi di tal Vernon Davis, prodotto di Maryland, che in stagione regolare ha messo assieme l'enormità  di 13 touchdown, primo non solo tra i tight end ma"anche di tutta la National Football League.

Ecco, pensate ad un giocatore di 1 metro e 92 centimetri per quasi 114 kilogrammi che copre il verde del campo da gioco con l'agilità  di una pantera e la forza di un tir. Il prossimo anno è chiamato alla conferma della stagione dell'esplosione (conclusa con 78 ricezioni e 965 yards conquistate) così come si spera nel salto di qualità  di tutti i 49ers.
Sempre sul livello di eccellenza bisogna posizionare Antonio Gates, forse il vero erede di Tony Gonzalez, capace di oltrepassare il traguardo delle 1000 yards conquistate in stagione per la seconda volta in carriera infarcendo le statistiche con 8 ricezioni oltre la linea di meta, così come Jason Witten, giocatore dall'attitudine al lavoro e dalla durezza mentale pazzesche, che a Dallas è riuscito a ritagliarsi un posto di primo piano nel game plan della squadra nonostante l'esplosione di Miles Austin e la presenza di un altro ricevitore talentuoso, anche se incostante, come Roy Williams.

Subito sotto a questi, anche se milita in una squadra dal record perdente (e forse anche per questo merita ancora di più di essere ricordata la sua stagione positiva), Zach Miller, che ad Oakland ha racimolato 66 ricezioni, 805 yards portate a casa e 3 touchdown nonostante non sia stato proprio lanciato da top quarterback in questa stagione; insieme a lui Brent Celek, che a Philadelphia da un po' di anni a questa parte si è assestato ad alti livelli e le sue buone statistiche ormai non fanno nemmeno più notizia.
Ma ciò che porta ad una riflessione ulteriore e più profonda è la "classe media" che si è formata dietro a questi giocatori di primo piano, dimostrando che al seguito di prestazioni altisonanti e clamorose dei pochi singoli, c'è un'intera categoria che gode di ottima salute e di buona reputazione agli occhi degli addetti ai lavori; sarà  un caso, ma le formazioni offensive che avvantaggiavano lo schieramento anche di 4 o 5 ricevitori puri, stile Saint Louis Rams dei primi anni 2000, sacrificando il tight end di turno sono, a poco a poco, diminuite, preferendo mantenere un TE di ruolo sulla linea di scrimmage oppure schierandolo addirittura come ricevitore puro (come succede a volte negli Indianapolis Colts dove Dallas Clark va a ricoprire lo spot di terzo ricevitore).

L'evoluzione in atto è sotto gli occhi di tutti: ormai il tight end che non abbina alla tecnica di placcaggio anche una potenziale pericolosità  offensiva è un lusso che nessuna squadra può più permettersi; questo è ciò che rende affascinante la posizione e che concorre a spingere la competizione fra gli atleti verso l'alto. Vedremo se l'avvento del nuovo decennio porterà  novità  ulteriori nel ruolo : per ora siamo tutti avvisati, potremmo non aspettare poi così tanto per essere testimoni dei nuovi Shannon Sharpe o Tony Gonzalez.

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