Tom Cruise interpreta un procuratore con un solo cliente. Ma la sua rivincita sarà totale.
JERRY MAGUIRE
Titolo originale : Jerry Maguire
Anno : 1996
Genere : drammatico
Regia : Cameron Crowe
Cast : Tom Cruise, Cuba Gooding Jr., Renée Zellwege, Kelly Preston, Regina King
Il football presta il suo campo per fare da sfondo ad una storia hollywoodiana bella e pronta. Concepita, travagliata e partorita.
Il principio è una sceneggiatura che ruota intorno ai valori della vita e alla loro contaminazione con ciò che di brutto li circonda, in primis il denaro. L'andamento è tipico, come ricorda Tullio Kezich, di "un film appassionante all'antica americana, con al centro un divo come Cruise, che pur sembrando una versione per famiglie di Montgomery Clift si rifà invece ai giuggioloni vincenti di Frank Capra, da Gary Cooper a James Stewart". Il finale sdolcinato è quanto di più tipico della terribile macchina di Hollywood. In senso buono, ben s'intenda.
Jerry Maguire, anno 1996, è un film di Cameron Crowe, con protagonista Tom Cruise, divo del cinema d'oggi. Racconta la storia di un procuratore sportivo che a un certo punto perde tutto, ma che in fondo troverà quello che più conta nella vita.
Già , cosa conta di più nella vita ? I soldi ? Giammai. Il rampante giovane avvocato impomatato ha una specie di folgorazione, notturna per di più. Sembra che abbia avuto l'ispirazione per scrivere L'infinito di Leopardi, invece butta giù al Pc quattro righe di retorico rinsavimento sui giusti propositi morali.
Basta cercare solo e soltanto i soldi, adesso è tempo di badare ai rapporti umani. Senza un po' d'amore, gli ricorda il suo maestro, non si va da nessuna parte. Non siamo mica in Wall Street di Oliver Stone, oibò, per non parlare del vecchio banchiere ebreo che scese ai patti con i nazisti in Inside man.
Così facendo, ricordando a tutti che l'onestà non è un bene in commercio, viene licenziato. Comincia così la sua avventura, e comincia il film, anche se, effettivamente, dobbiamo solo immaginare come si comportasse prima dell'illuminazione, e questo fa perdere qualche punto alla struttura narrativa.
La faccia di Tom Cruise è spesso forzata, ma i suoi continui sbalzi d'umore sono ben rappresentati. In macchina cerca di trovare una canzone che lo soddisfi alla radio, e così passando da un genere all'altro si ferma solo per cantare a squarciagola "I'm free, I'm free". Forse ha capito che il bene più prezioso è la libertà , perché adesso pare estasiato.
La sua vita del resto è allo sfascio. Il lavoro va male, anzi malissimo. Dopo essere stato licenziato da una delle più potenti aziende nel settore si mette in proprio e quasi fa jackpot. Ha per le mani il miglior prospetto del draft NFL, il quarterback biondino già sorridente sul megaschermo luminoso di Times Square (quello dietro il posto di polizia) ma se lo lascia soffiare dal suo rivale ex collega, arrogante com'è egli stesso fu un tempo.
La vita allora è dimostrare al mondo di non fallire, di non essere uno sfigato come gli altri pensano. La ragazza intanto lo ha lasciato, ma lo segue in questa avventura verso il nulla una giovane segreteria, interpreta da Renèe Zellweger.
Ha un solo cliente, un wide receiver degli Arizona Cardinals di buon talento ma ancora inespresso. Il suo volto è quello di Cuba Gooding Jr., e parla, spesso senza senso, tanto quanto nel frattempo Jerry Rice riceve per i 49ers.
Un solo cliente, nemmeno buono, nessun amico, niente più compagna, solo una giovane e apparentemente insipida dattilografa, il fallimento definitivo è vicino. E invece no, questa non è la storia di un ragazzo di belle speranze che si è perduto, nell'anonimato, come tanti.
Non sveliamo subito il finale, che poi, lo sapete fin dal principio. Jerry Maguire m'è piaciuto, perché vedendo un attimo ad di là della superficie patinata del buon sentimentalismo esistenziale, ci si può anche immedesimare nelle sorti di un giovane che oltre al successo cerca il rispetto di chi lo circonda.
Tom Cruise è un bravo attore, non il migliore della sua generazione, ma certo un nome importante. La sua presenza fa pendere pericolosamente la bilancia verso il compromesso mai amato di una certa e maggioritaria industria cinematografica di massa, per cui il merito del film è da ricercare altrove.
Nella prestazione di Renèe Zellweger per esempio, che qui è una bella e disillusa ragazza normale, vedova giovanissima con figlio occhialuto a carico. La sua prova la leggiamo oggi, ex post, come una sorta di prove generali per quello che sarà anni dopo il suo personaggio di maggior successo, Bridget Jones.
Come Bridget è una ragazza insicura di sé che non rinuncia ai sogni di gloria, ma siamo lontani 5 anni dal successo mondiale. Tom Cruise, che nella vita è passato dall'algida Nicole Kidman alla caliente Penelope Cruz fino al candore da ragazzina di Katie Holmes, si ritrova qui una fanciulla bellissima, non ancora paffutella, con due labbra carnose che non hanno nulla da invidiare a quelle di Scarlett Johansson e di Angelina Jolie.
Insieme a lei scorre la storia parallela del ricevitore dei Cardinals. Cuba Gooding Jr. vince un Oscar come miglior attore protagonista per aver interpretato un giocatore sbruffone ma infantile, stupido ma intelligente, avido, taccagno e materialista quanto ingenuamente profondo. Forse è un po' troppo, ma sicuramente le sue sortite sono divertenti.
"Coprimi di soldi, coprimi di soldi", il suo imperativo è diventato il venticinquesimo all time tra le frasi memorabili del cinema americano, mentre al numero 52 compare un delizioso "Mi avevi già convinto al ciao" in bocca alla segretaria già innamorata del procuratore. Anche a inizio film però, a ben vedere, una metafora semplice ed efficace. "I giovani talenti prima di diventare campioni sono come popcorn in una pentola. Alcuni scoppiano, altri no".
Il lavoro del procuratore non può non farmi riflettere un attimo sul rapporto tra i soldi e la passione per il gioco dei professionisti. Non è certo un mistero che una volta passati ai pro tanti giocatori cerchino solo di diventare sempre più ricchi. Anzi, peggio, oramai in tanti fin dal principio giocano con l'assegno come obiettivo primario, forse già anche nel campetto sotto casa. Addio trofei, addio far divertire la gente sugli spalti.
Brutta faccenda, anche se, a ben vedere, è solo questione di nasconderlo bene. Non mi importa se un wide receiver è disposto a rischiare più scontri con i difensori solo perché è nel suo contract year. L'importante è che abbia voglia di giocare e con questo fare spettacolo e concorrere alla vittoria della sua squadra. Del resto mica i kamikaze mandati da Bin Laden sono motivati nel sopprimersi dall'odio per l'ideologia giudaica-americana. Lo faranno pure per le 72 vergini promesse in paradiso, l'importante è il risultato finale. By any means necessary.
Scena cult. Nell'imbarazzo della prima volta si frappone tra i due spasimanti il baby-sitter di lei. "Voglio che usi questo" dice, e quasi il procuratore lo zittisce credendo di trovare da quella borsa un preservativo che in quel contesto risulterebbe grottesco.
Il baby sitter invece sorprende tutti e invece di cacciare l'ultimo modello ritardante estrae una musicassetta (beati i tempi") di Miles Davis e John Coltrane. Poi dice, tesi largamente appoggiata, che il jazz è l'unica vera forma d'arte americana. Di più, quei due suonavano solo per se stessi, in un epoca in cui l'arte e la passione non erano ancora sporcati dal commercio estremo dei giorni nostri. Smooth.
Il nostro procuratore intanto è alle strette finali. Il suo unico cliente spera in un grande contratto ma il GM dei Cardinals aspetta qualche buona prestazione prima di scrivere l'assegno. Rischiatutto. Rifiuta un misero milione e spiccioli per giocare ancora un anno e sperare. Se avrà un infortunio non riceverà però più un centesimo.
Il finale ha tutti gli elementi dell'happy ending più classico. Il nostro wide-out giace a terra dopo un grande TD nel Monday Night contro i Dallas Cowboys di Troy Aikman, Emmit Smith e Deion Sanders, colui al quale questo personaggio è ispirato. Attimi di tensione, facce preoccupate, silenzio assoluto. Poi si rialza e festeggia come se avesse vinto il Super Bowl.
Contratto da 10 milioni di dollari e tanti saluti. Finale scontatissimo, che va in parallelo al matrimonio, con bimbo che fa da sorridente paggetto. Anzi, l'utilissima scena lo vede protagonista, con una bella trovata comica che riscatta in parte il pastrocchio.
Ai bordi di un campo da baseball raccoglie una pallina spedita fuori, si alza, la rilancia oltre le recinzioni facendo un home-run senza mazza. Accenno comico sulle note di Shelter from the storm di Bob Dylan sul suo futuro da campione e tutti a casa.
Ma non siate così affrettati. Un film nominato a 5 Oscar e che ha guadagnato più di 270 milioni di dollari merita rispetto. Oltre a questo però, oltre ai numeri e alle banalità tipiche di un prodotto commerciale, è una parabola umana di misera grandezza.
Chi è non Jerry Rice badi bene di volerlo sempre diventare.
P.s. : il regista Cameron Crowe voleva che ad interpretare la figura di Dicky Fox, il mentore che appare con le sue massime, fosse il grande Billy Wilder. L'autore però di capolavori come La fiamma del peccato, Viale del tramonto, Sabrina, Quando la moglie è in vacanza, Testimone d'accusa, A qualcuno piace caldo, L'appartamento e Uno, due tre ! ha rifiutato.
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