Peyton Manning ha superato Brett Favre aggiudicandosi il quarto Mvp di carriera.
La scelta pare scontata, ma così tanto scontata in realtà non è. Il Most Valuable Player, negli sports americani, è ritenuto il giocatore che più degli altri è stato determinante per la sorte della sua squadra, o se vogliamo girarla in altro modo, la persona senza la quale la medesima squadra sarebbe stata destinata a qualcosa di diverso, sicuramente inferiore o peggiore a quanto in realtà ottenuto con egli in campo.
Non è automaticamente Mvp, quindi, chi segna più mete, chi corre più yards, o meglio: lo è chi non può essere assente, penalo scadere del rendimento dei suoi compagni.
Giocatore predestinato e baciato dal talento come pochi, al quale ha abbinato una personalità molto più incisiva e positivamente influente per chiunque gli graviti attorno di quanto sue certe debacles nei playoffs volgiano fa sembrare, Peyton Manning ha ulteriormente cementato la sua già sicura presenza nella Hall Of Fame di Canton vincendo il suo quarto titolo di carriera di Mvp, un'impresa che prima d'ora non era mai riuscita a nessun giocatore di football Nfl.
Fino adesso, la situazione aveva visto Manning, vincitore del premio nel 2003, 2004 e 2008, appaiato a quota tre titoli in compagnia di Brett Favre, curiosamente in corsa pure lui dopo essere uscito dal suo ritiro per la seconda volta in quanto autore di una stagione senza dubbio migliore di quella disputata in maglia Jets, e che ha terminato in quarta posizione la corsa a questa onorificenza dietro a Manning (39.5 voti), Drew Brees (17.5), e Philip Rivers (2), tutti quarterbacks.
E siccome il metro di giudizio è quello citato in apertura, la scelta della giuria incaricata, composta da giornalisti sportivi statunitensi, ha tutto il senso del mondo: Brees ha giocato un campionato eccellente, ma il suo numero di potenziali voti è calato drasticamente per via dello 0-3 con cui i Saints hanno concluso il loro cammino, che pure ha portato loro il miglior record di franchigia di sempre. Rivers, a personale giudizio di chi scrive, sarebbe stato senza dubbio meritevole dell'ottenimento di diversi voti in più ed ha pagato l'inizio stentato di San Diego, avendo contribuito in maniera determinante nel portare fuori dalle secche dei Chargers invischiatisi di nuovo in una brutta partenza di campionato, risorti giocando un football a tratti dominante, senza poter contare sull'aiuto di un LaDainian Tomlinson in nettissimo calo fisico. Brett Favre la sua avrebbe potuto anche dirla, ma una seconda parte di stagione evidentemente inferiore alla prima ha pesato molto sulle considerazioni finali dei giudicanti.
E' stato un titolo indubbiamente meno discusso rispetto a quello vinto nel 2008, dove il record dei Colts non era esattamente stato impeccabile, in una stagione dove troppe persone non avevano tenuto conto della pesante infezione in cui il ginocchio di Manning era incappato, impedendogli di fatto di prendere un solo snap al training camp, dove le ripetizioni contano più di ogni altra cosa, e di valutare con coerenza una situazione dove il Peyton ancora condizionato dall'infortunio non aveva saputo fare di meglio di un 3-4, e che, senza più fastidi dall'ottava settimana di gioco in poi, aveva condotto la sua squadra a 9 successi consecutivi.
Quest'anno non è servita nessuna rincorsa, perché i Colts, pur privi di Tony Dungy, e questo la dice lunga di quanto Manning sia importante non solo quale quarterback, ma pure come offensive coordinator camuffato da giocatore, sono stati in una parola perfetti.
Per sette volte si sono trovati in situazioni di svantaggio, ed in tutte quelle occasioni il loro leader ha trovato il modo di vincere la partita, mantenendo illibato un record che, senza le decisioni da mani nei capelli di Jim Caldwell, poteva trasformarsi in un campionato potenzialmente senza sconfitte in caso di vittoria del Super Bowl, persino migliore di quello di quei Patriots che ci andarono così vicini, addirittura più prestigioso dei Dolphins del '72, che all'epoca di partite in un anno ne giocavano meno.
Le scelte di Caldwell nel risparmio dei suoi titolari, ad ogni modo, non hanno che confermato che cosa significhi Manning per Indianapolis, che con lui in campo sono stati una macchina da guerra fermandosi a quota 14-0, e con lui presente solo per qualche drive sono scesi immediatamente a 0-2 perdendo un importante e forse irripetibile appuntamento con la storia.
E, tanto per motivare ulteriormente questo premio, giova ricordare che il record dei Colts, l'ennesimo di altissimo livello ottenuto in questo decennio, è stato compilato attraverso un quarterback che rende migliori i compagni che ha attorno, come dimostra la totale uscita dall'anonimato di Pierre Garcon, autore di 4 mete e detentore della miglior media per ricezione di squadra, e come attesta la bella annata da rookie dell'ex Byu Austin Collie, che ha raccolto 60 palloni, trasformando 7 di questi in touchdowns, e che ciò è accaduto nel primo anno del dopo Marvin Harrison, ed in concomitanza con l'infortunio che ha levato di mezzo Anthony Gonzalez sin dalla prima giornata di gioco.
E giova pure ricordare che l'attacco sulle corse di Indy, nonostante le numerose mete di Joseph Addai, è stato tutt'altro che produttivo, lasciando che il maggior peso di responsabilità si adagiasse sulle comunque larghe spalle del suo fiero condottiero.
Come suo solito, Manning ha accettato il premio tentando di spostare un obbiettivo che inevitabilmente esalta il singolo, ricordando che i meriti per riconoscimenti come questo provengono indiscutibilmente dagli sforzi di un intero reparto, di un'intera squadra e di un intero coaching staff, dal momento che il football, come ricordiamo spesso e volentieri anche a costo di sembrare eccessivamente ripetitivi, rappresenta la coralità di una disciplina sportiva al suo massimo per via di meccanismi delicatissimi, che quasi si scontrano idealmente con la brutalità di molte azioni, ma che se fuori sincronia fanno presto a decretare l'insuccesso di una franchigia qualsiasi.
Ma il cammino dei Colts non sarebbe stato lo stesso senza le 4.500 yards e le 33 mete lanciate da Manning, e soprattutto avrebbe faticato a trovare le giuste vie d'uscita per risolvere situazioni aggrovigliate, vista l'estrema conoscenza di un sistema offensivo che Peyton potrebbe tranquillamente allenare ed insegnare ad altri.
Attraverso i suoi lanci, Reggie Wayne è tornato a segnare touchdowns in doppia cifra (10, con 1.264 yards), ed il fido bersaglio Dallas Clark, probabilmente il giocatore che più degli altri ha approfittato dell'assenza di Harrison, è diventato solamente il secondo tight end della storia Nfl a registrare 100 ricezioni stagionali, un'impresa riuscita in precedenza solamente al grande Tony Gonzales. Clark, peraltro, non aveva mai superato le 1.000 yards in un campionato solo, prima di questo fantastico 2009.
L'impronta di Peyton Manning sulla storia del gioco è sempre più impressa in profondità , il suo nome sempre più legato a quello degli immortali, le sue imprese sempre più degne di essere tramandate di generazione in generazione. Anche se lui, da persona intelligente qual è, sa che i riconoscimenti individuali possono far piacere, gratificare, elevare il proprio status, ma da sole non vincono dei titoli.
Per entrare con perentorietà nella storia del football professionistico, e migliorare ulteriormente una carriera già di per sè scintillante, l'unico mezzo di cui si necessita è un titolo dopo l'altro, perché di fronte a tanta abbondanza di statistiche ed imprese personali incredibili, c'è sempre un solo Super Bowl vinto, che è sempre meglio di niente, ma che è distante dalla collezione di ori che si porta appresso, per esempio, Tom Brady, anche se, per fortuna, il pericolo di essere scambiato per il prossimo Dan Marino (considerazione fatta esclusivamente riguardo al numero di titoli vinti - ndr), Manning l'ha già scongiurato a dovere.
Individualmente ha fatto quaterna, e per un po' nessuno lo raggiungerà .
Sarà anche l'anno buono per il bis di trofei recanti la scritta Vince Lombardi?
Beh, i presupposti ci sono, nel perché i Colts con lui costantemente in campo devono ancora perdere in questo campionato, ed il Super Bowl si gioca a Miami, dove, casualmente, sotto una pioggia torrenziale, Peyton ha vinto una cosa che gli interesserebbe tanto rivincere.
Gli basta tenere perfetta Indianapolis per altre tre partite.