Dallas, 13 anni dopo…

La felicità  di coach Wade Philips.

Ahhh. Onomatopea: riprodurre o imitare, mediante parole o locuzioni della lingua, suoni naturali e rumori reali. Ahhh appunto. Come un sospiro di sollievo. Quel sospiro che tutti a Dallas trattenevano e che hanno potuto liberare. Finalmente. Dopo 13 anni. 13 lunghi anni.

Era il 1996 l'anno in cui i Cowboys avevano vinto l'ultima partita di playoffs. Da allora solo sconfitte, 6 consecutive, con record negativo NFL eguagliato e la possibilità , perdendo, di siglare in solitaria quello nuovo.
Record che nessuno vorrebbe detenere, come quello di Wade Phillips, l'allenatore più vincente in stagione regolare a non aver mai provato il brivido del Gatorade rovesciato sulla testa dai suoi per festeggiare un trionfo in post season. E lo stesso Tony Romo si stava facendo strada nell'antipatica classifica del QB più vincente in stagione ma senza gioie nei playoffs.
Ancora, Flozell Adams, left tackle. 13 anni con il casco silver and blue in testa, nessuna vittoria in gennaio. Nessun Cowboy aveva mai atteso così tanto.

Ahhh appunto. Perchè da oggi è tutto finito. La temutissima partita contro gli acerrimi rivali di Philadelphia si è conclusa in un no contest, uno show di una sola squadra, che completa lo sweep stagionale: 3 incontri e 3 vittorie dei texani. Risultato impossibile da prevedere ad inizio stagione per gli esperti. E difficile anche da sognare per il meno disincantato dei tifosi.

La fredda cronaca della partita la evitiamo. Perchè dopo il primo tempo sullo 0-0 e l'inizio del secondo sul 7-7, non c'è stata più partita. A dire il vero, non c'era stata neanche prima. I Cowboys avevano dominato il primo quarto, il possesso di palla era 12 minuti a 3, così come le yards lanciate e corse.
Ogni statistica recitava tanto a poco, eppure il risultato era inchiodato sulla parità . Come Dallas passa in vantaggio al termine di un drive lungo e faticoso ad inizio secondo quarto, Phila in 2 giochi pareggia con Vick che su uno schema apparentemente disegnato per una corsa, lancia su Maclin trovando tutta la difesa dei Cowboys sbilanciata. Un TD per parte. E la NBC inquadra il volto di
Jerry Jones che si muove nervosamente nel suo lussuoso sky box.

Da quel momento in poi l'inerzia cambia. Romo rischia un intercetto, ma poi si dimostra tranquillo e maturo come ha fatto vedere per tutto l'anno. E questa volta non si scioglie nell'incontro del dentro o fuori. Felix Jones viene investito del ruolo di RB titolare, viene impiegato più che in ogni altra partita, e risponde con 148 yards in sole 16 portate. Di cui un big play da 73
yards, record della franchigia per la post season, che chiude il match già  a metà  terzo quarto.
La partita è così a senso unico che non è nemmeno giusto evidenziare dei singoli. Per i Cowboys praticamente tutto ha funzionato come un meccanismo perfetto, dall'attacco alla difesa, ed il risultato finale ne è lo specchio fedele.

A metà  del quarto periodo, i tifosi Eagles hanno già  cambiato canale, mentre chi tifa Dallas è inebriato per la felicità , più dolce perchè inaspettata. E ormai rimane a guardare la partita nonostante l'ora tarda perchè vuole vedere Phillips a cui viene fatta la doccia con il bidone dell'integratore.

Un pensiero è d'obbligo proprio per Phillips. Doveva essere un
traghettatore per la squadra. Un personaggio scelto per vivere nell'ombra del proprietario Jones per un anno, in attesa che l'OC Garrett diventasse l'allenatore. Una situazione non facile da gestire, anche a causa dei media che non si sono mai lasciati sfuggire l'occasione di sottolineare il come fosse la
mancanza di carisma il motivo per il quale la scelta del successore di Bill Parcells era ricaduta sul defensive coordinator dei Chargers. E invece è rimasto al timone della barca per tre anni, barca che ha trasformato in nave. Ha ereditato una difesa in piena crisi e piena di problemi. E l'ha fatta emergere, assumendo anche il ruolo di coordinatore della difesa, inserendo giovani che stanno sbocciando pian piano, partendo da Jenkins e Scandrick, arrivando sino a Spencer.

Un pensiero va quindi al coach che sulla sideline ha sempre quell'espressione fanciullesca, a volte spaesata, che nasconde una vita passata nel football.
Quindi anni passati a sognare un successo contro un grande avversario, in una grande partita di playoffs. E finalmente quella sera è arrivata.

La partita finisce, Romo si inginocchia per far scorrere gli ultimi secondi. Ma nessuno bagna Phillips. Forse qualcuno pensa che vi sarà  un'altra occasione per farlo.
Il prossimo incontro sarà  a Minneapolis, al cospetto di Favre e Adrian Peterson. Uno ha già  il busto pronto per la hall of fame. L'altro ci sta arrivando di corsa. Ma non solo, anche Jared Allen freme dalla voglia di stendere a terra Romo ripetutamente. Sarà  una partita difficilissima, una montagna da scalare per i Cowboys. E nonostante l'euforia di questa serata, questa volta l'ostacolo pare proibitivo.

Da domani il pensiero andrà  ai Vikings. E si inizierà  a lavorare per
quell'avversario. Questa notte però, non deve essere messa già  da parte.
Perchè non uscire da una serie negativa ti può uccidere, può far nascere paure, far sorgere fantasmi.. può distruggere il morale di un team. Da questa sera, forse, qualcosa è cambiato. Quantomeno che gli anni senza vittorie che contano non diventeranno 14.

E' tardi, sono le 6 di mattina…e scrivere di getto rende tutto troppo smielato. Si parla poco degli aspetti tecnici dando risalto alle emozioni che uno sport così duro ed allo stesso tempo poetico riesce a scatenare. Meglio andare a letto. Ma non prima di aver detto un'ultima parola…Ahhh.

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