L’incubo è davvero finito!

Matt Stafford sorride, una delle più belle immagini della partita di ieri.

23 dicembre 2007. La profezia di Jon Kitna non si sarebbe avverata, in quanto correva la penultima settimana di campionato ed i Detroit Lions, 7-8, non sarebbero matematicamente arrivati a vincere le 10 partite pronosticate in preseason dal loro quarterback titolare.
Era già  un buon risultato, tuttavia, senza dubbio migliore del 2-14 dell'annata 2001, quella dell'avvento di Matt Millen quale presidente, piuttosto del 3-13 di quella successiva, che aveva migliorato di pochissimo le cose. Una squadra così storica, si era abituata alla mediocrità .
Un nuovo stadio non l'aveva motivata, una nuova uniforme non l'aveva esaltata, una miriade di rookies presumibilmente pieni di talento non l'aveva salvata.

Quindi, quel bilancio così vicino al pareggio, rappresentava senz'altro un ottimo risultato.

Quel giorno, così vicino a Natale, c'erano i Kansas City Chiefs in città , anch'essi presi in mezzo ad un momento storico infelice, infausto, e che nulla più avevano da chiedere alla loro stagione dopo aver ottenuto a fatica una manciata di vittorie, che si contavano usufruendo delle dita di una sola mano. Avrebbero perso anche quel giorno, dopo essere andati sotto molto presto, complici 101 yards ed un touchdown di T.J. Duckett, uno dei running backs di allora, nonché grazie ad una prodezza di Paris Lenon, linebacker che aveva riportato in meta un lancio di Damon Huard.
Gli ospiti avevano trovato anche il modo di rimontare, ma i Lions erano riusciti a tenere duro, e con un field goal dell'ormai leggendario Jason Hanson, ad oggi 17 anni sempre con la stessa uniforme, aveva assicurato un vantaggio definitivo per 25-20.

Né la squadra, né il pubblico avrebbero immaginato che quella sarebbe stata l'ultima vittoria per un bel po' di tempo, nessuno avrebbe azzardato al pensiero di un intero campionato senza successi, nemmeno durante la disgraziata gestione dell'era Millen.

Ed invece, inesorabile ed implacabile, il 2008 si trasformava in un istante nella perfect season al contrario, gettando Detroit e la sua grande tradizione in fatto di football nel baratro più profondo della Nfl, assieme all'onta di diventare la prima franchigia di sempre a concludere un campionato a quota 0-16. Tampa Bay c'era riuscita, qualche decennio prima, ma le partite, allora, erano solo 14. Perderne due in più, significava battere un record che nessuno mai avrebbe voluto infrangere.

Così comincia la pulizia, inevitabile, i panni da lavare sono di una quantità  enorme: sbarazzatisi già  qualche tempo prima di Charlie Rogers, ex prima scelta che aveva a dir poco deluso, i Lions fanno fuori, a 2008 in pieno corso, sia Millen che un'altra delle sue scelte di primo giro, Roy Williams, ceduto ai Cowboys senza troppe remore, peraltro ottenendo una scelta di primo round che si trasformerà  nella chiamata del tight end Brandon Pettigrew.
Via Rod Marinelli, il responsabile del disastro, avanti con Jim Schwartz, coordinatore difensivo dei Tennessee Titans da sette lunghe stagioni, che, anzitutto, sa cosa significa lavorare in un ambiente vincente.
La ricostruzione, si sa, passa soprattutto dal draft, dove uno 0-16 non poteva che garantire la prima scelta assoluta, con la quale i Lions danno a Matthew Stafford, quarterback proveniente da Georgia, il compito di divenire la nuova faccia della franchigia, il giocatore che risolleverà  le sorti di squadra. C'era chi voleva fortemente Mark Sanchez, pari ruolo da Southern California, il quale viene scelto quattro posizioni dopo dai New York Jets, saliti apposta per lui. E' aprile, le partite ufficiali sono distanti, ma già  si comincia a paragonare l'uno all'altro, quasi ve ne fosse l'irrinunciabile bisogno, quasi si fingesse di non sapere che tutto ciò che accade prima di una partita ufficiale, non fa testo.

Il 2009 non comincia bene. I Lions aprono contro New Orleans, quel giorno Drew Brees è letteralmente scatenato, e divora la difesa avversaria lanciando ben 6 passaggi da touchdown. Stafford non gioca bene, ed i giornali, impietosi, lo mettono di fronte ad un paragone improponibile con il quarterback dei Saints. Sette giorni più tardi è il turno di Minnesota, e Detroit cade sotto i colpi del grande Adrian Peterson e del redivivo Brett Favre. Pazienza per lo 0-2, con un regista al primo anno e molti giocatori inesperti ci può stare, ma le due sconfitte sono buone per raggiungere un altro record molto negativo, ovvero la seconda striscia perdente di ogni epoca, 19 insuccessi consecutivi, dietro solamente ai 26 dei Buccaneers.

Nonostante tutto, a Detroit sembra esserci un'aria diversa, l'atmosfera non è più quella totalmente negativa dell'annata precedente, c'è voglia di rivincita, di riscatto, di rispetto. C'è voglia di dare a quel pubblico che ogni domenica ha sopportato ogni sorta di umiliazione sportiva tutto quello che non aveva ricevuto negli ultimi diciotto mesi.

E sono effettivamente diversi i giocatori che affrontano i Washington Redskins domenica, nonostante lo scarso supporto di un pubblico oramai frustrato all'ennesima potenza, che ha regalato l'affluenza più bassa di sempre per il Ford Field, causando un blackout televisivo di cui a molti nemmeno importa. Con tutti i posti di lavoro persi negli ultimi tempi, le preoccupazioni della gente di Detroit vanno ben oltre una stagione di football completamente perdente.

I Lions sfidano a viso aperto quella che nel 2008 era la quarta difesa della Nfl: dopo aver fermato Washington sulla linea della yarda, annullando un quarto ed uno che Jim Zorn aveva deciso di convertire alla mano, il morale è andato alle stelle, e l'attacco, a dir poco sospetto nelle due settimane precedenti, ha istantaneamente messo in piedi un drive di 99 yards, andando a segnare i primi punti della partita grazie ad un TD pass di Stafford per Bryant Johnson.
Sì, proprio quel Johnson che faceva da terzo violino ai Cardinals di Fitzgerald e Boldin, e che si era perso tra le nebbie di San Francisco prima dell'avvento di Mike Singletary. Lo stesso che, finalmente, è sembrato poter dare un'altra dimensione al reparto ricevitori, il quale negli ultimi anni ha vissuto sulle sole spalle di quel grande campione in erba che è Calvin Johnson, costantemente raddoppiato proprio perché non poteva contare su un efficace alter ego dal lato opposto al suo.

Il primo tempo continua sulla medesima falsariga, la West Coast Offense di Zorn non funziona, e la difesa dei Lions, una 4-3 ristrutturata e comprendente molte facce nuove tra giovani e veterani, non cede davanti a nulla. Nel frattempo, Stafford sui concede il lusso di altri due drives lunghi, 74 ed 86 yards rispettivamente, che terminano entrambi con un field goal dell'affidabile piede di Hanson. Kevin Smith corre con coraggio e fisicità , e conquista 82 delle sue 101 yards nella sola prima frazione, prima di lasciare la scena per un infortunio alla spalla.
I primi 30 minuti di gioco si chiudono così, sul 13-0, e tra le file di Washington comincia a farsi largo un certo nervosismo. Jason Campbell ha già  un intercetto al passivo. Clinton Portis, non corre da nessuna parte. Tuttavia, l'entusiasmo è frenato assai, dall'altra parte della barricata, perché le partite di minuti ne durano sessanta, e chi già  nel 2008 vestiva l'uniforme azzurra ne aveva già  viste di tutti i colori.

Osservazione corretta.

Neanche il tempo di uscire dagli spogliatoi, ed i Redskins hanno già  colpito, in tre giochi confezionano 75 yards ed un touchdown di 57 di Santana Moss, che sfrutta l'unica incertezza del pomeriggio dell'arcigna difesa avversaria. I punti di distacco sono solo 6, e l'incubo di una beffa si concretizza di nuovo. Pareva troppo bello per essere vero, pensa chi ci è già  passato.
Ma la difesa tiene, e tiene ancora, ed i nomi nuovi si fanno sentire. Larry Foote, ragazzo di Detroit arrivato da una squadra che ha vinto il Super Bowl ad un'altra che non ha vinto una sola partita, è dappertutto, ed ha voglia di dimostrare di essere un linebacker in grado di restare in campo in tutti i downs, che non è solo uno specialista contro le corse. DeAndre Levy, matricola e suo collega di reparto, segue il suo esempio. Louis Delmas, safety rookie, conferma di essere in grado di smazzare colpi a destra e sinistra, proprio come le guide pre draft dicevano di lui. Sammie Lee Hill, altra buonissima pesca del draft, defensive tackle dalla semisconosciuta Stillman, sulle guide forse manco c'era, ma chi lo ha scelto sapeva bene il fatto suo.

Il 13-7 dura un'eternità , la paura è dietro l'angolo. Prima o poi i Redskins si sveglieranno, è lecito pensare. Ma nel quarto periodo, qualcuno è ancora a letto".

In quel momento, Stafford ne piazza un'altra delle sue, quasi fosse la sua terza stagione in Nfl, piuttosto che la sua terza partita: parte la bomba in profondità , c'è ancora Bryant Johnson che non attende altro di prendere quel pallone, ma Chris Horton, in ritardo, gli ostruisce la vista. I fazzoletti gialli volano, è pass interference difensiva. La palla è sulle due yards, e pazienza se Smith è uscito, ci pensa Maurice Morris, prelevato quest'anno da Seattle, a percorrere quella distanza così corta, ma così lunga allo stesso tempo.

I Redskins sono in ginocchio, ed un touchdown di Rock Cartwright non serve un granchè. Ma non è finita, non prima che arrivi il triplo zero.

Gli ospiti riprendono il possesso del pallone un'ultima volta, ma la difesa li costringe ad un quarto e dieci sulle proprie 36 yards, un field goal non serve a vincere la partita. I Lions non possono perderla, ma c'è chi decide di non guardare l'ultima azione. Le teste e gli sguardi vanno verso il basso. C'è chi aspetta il boato del pubblico per poter esultare, ed il boato arriva. Ladell Betts è a terra, Larry Foote l'ha appena placcato. 19-13, e King Kong se ne va dalla spalla dei Lions una volta per tutte. Il pericolo è scampato, il presagio è terminato. Detroit ha la sua piccola ma grande vittoria, e Schwartz, dopo aver radunato negli spogliatoi tutti quanti i suoi giocatori, non esita a rispedirli in campo, per ringraziare i pochi spettatori presenti, pochi ma buoni, perché il frastuono è comunque alto. Le mani si stringono, ed idealmente ogni componente del roster ringrazia chi ha avuto tanta pazienza, ed ha ugualmente speso i soldi per acquistare un biglietto, pur tornandosene a casa umiliato ogni santa volta.

Ed i Lions, dal Ford Field, non sono certo usciti da squadra miracolata, che ha ottenuto una vittoria per caso, ma da franchigia che è pronta a mettere alle spalle il passato, e che sembra pronta a poter vincere ancora in questo 2009. E l'occhiolino sorridente di Stafford, uno che ha più e più volte dichiarato di andare a Detroit con entusiasmo, sembra essere una bella sicurezza.

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