Ebbene sì, è tornato ancora una volta sui suoi passi…
Ci risiamo. Avevamo avuto, di questi tempi, il legittimo sospetto che la faccenda non fosse finita qui. Brett Favre aveva detto definitivamente basta, aveva scelto di restare ritirato dopo una serie di contatti avuti con i Minnesota Vikings, arrivati a spedirgli a casa un preparatore in grado di valutarne le condizioni fisiche, e stremati dall'eterna indecisione di un quarterback che in passato aveva già ampiamente dimostrato di non saper vivere senza la ribalta dei riflettori.
Brad Childress, head coach dei porpora, aveva presto voltato pagina sulla faccenda, non nascondendo nemmeno troppo bene un pizzico di sollievo per l'esito che la stessa aveva avuto, in quanto la stessa non importava terminasse bene o male, quanto che terminasse e basta. Ovvio, pur ritrovandosi, dal momento stesso della rinuncia di Brett, nuovamente invischiato nelle problematiche derivanti dall'assenza a roster di un vero e proprio quarterback vincente, dovendo tirare la monetina tra Sage Rosenfels e Tarvaris Jackson.
Sembra la replica di quanto successo un anno fa, quando Favre aveva clamorosamente informato i Packers, squadra per la quale rappresenta nulla meno di una leggenda, di essere ritornato sui propri passi: si era già ritirato una volta, sull'onda della delusione per quel Championship perso al supplementare contro i Giants per un suo errore, dopo aver sorprendentemente disputato una grandissima stagione portando Green Bay vicinissima a giocarsi il Super Bowl. Ma la società aveva già pianificato il proprio di futuro, ed aveva dato le chiavi dell'attacco al buon Aaron Rodgers, dopo che questi aveva pazientemente atteso di sapere come interpretare il suo futuro in attesa delle decisioni della superstar che lo aveva preceduto.
I Packers, dimostrando grande coerenza, avevano appoggiato Rodgers fino in fondo, arrivando ad uno scambio che portava Favre ai New York Jets, condotti dallo stesso ad un ottimo record a metà campionato scorso, ad una vittoria prestigiosa contro gli imbattuti Titans che aveva messo in circolo ipotesi ancora troppo lontane dal verificarsi, finchè il braccio aveva ceduto con il passare delle settimane, trasformando i Jets da contenders e squadra incapace di fare i playoffs, e cambiando la prospettiva dell'intera operazione, che da grande ritorno passava ad essere nulla più che un capriccio personale.
Tutto finito? Nossignori.
Arriva maggio, ed ecco una nuova puntata della soap opera più nota alla pausa primaverile/estiva del football, la Brett Favre saga titolavano molti siti americani, che se inizialmente sembrava una montatura giornalistica in piena regola per tenere viva l'attenzione dei lettori dei vari Espn e Sports Illustrated, a posteriori, sembra l'ennesima trama orchestrata dallo zio Brett per tenere in vita quella stessa attenzione non sul football, ma sulla sua persona.
Ed ancora una volta, ecco che una squadra, in questo caso i Vikings, iniziavano le prime attività di offseason con una questione in sospeso, con lo stress di dover rispondere a mille domande delle quali manco conoscevano la risposta, ponendo dubbi nelle teste dei propri giocatori, tanto ai quarterbacks che d'un tratto perdevano automaticamente il diritto di battagliarsi un posto da starter nella prima settimana, quanto in tutti gli altri compagni, fatto che aveva sortito delle dichiarazioni abbastanza polemiche da parte dei senatori dello spogliatoio, su tutti il defensive end Jared Allen.
Favre era divenuto presto una distrazione: passavano maggio e giugno, si vociferava del già menzionato provino da effettuare davanti ad un tecnico inviato nel Mississipi da Childress in persona, si arrivava a fine luglio dopo stancanti giorni di chiacchere inutili e fastidiose, solo per conoscere una decisione definitiva che sorprendeva molto.
Favre non sarebbe tornato, sarebbe rimasto nel suo status di giocatore ritirato, il braccio non aveva risposto bene all'operazione chirurgica di una sessantina di giorni prima, peraltro effettuata appositamente con l'intento di riprovare a giocare, e lo stesso regista adduceva l'incapacità e l'insicurezza di riuscire a portare a termine una stagione di 16 partite più gli eventuali playoffs tra le motivazioni che lo spingevano a rimanere dov'era.
Quindi, proprio quando la vista della situazione era divenuta chiara in seguito alla scomparsa di tutta la polvere alzata, ecco la controversa notizia-shock: Brett Favre è tornato di nuovo, e nelle prime foto ufficiali del suo ritorno tiene in mano sorridente una maglia porpora con il suo caratteristico numero 4 già cucito addosso, questo a qualche ora dall'annuncio che Sage Rosenfels era stato scelto come starter per la prima settimana di preseason. Mentre scriviamo Favre ha già lanciato i suoi primi passaggi al training camp di Minnesota (ma allora perchè non tornare prima, perdendo così tanto tempo per un giocatore che per motivi anagrafici ha più bisogno di allenamento di chiunque altro? – ndr), ed ha già creato attorno a sè l'eccitazione di una città che da tanto tempo attende di vedere la sua franchigia in cima al tetto del mondo per la prima volta, dopo diversi tentativi andati a vuoto.
E come non comprendere questa gente, ben conscia del fatto che tra i Vikings e la corsa al titolo mancava solamente un quarterback di prestigio?
La favoletta, di sapore tipicamente statunitense, sarebbe anche carina, non fosse che il personaggio in questione è riuscito anche quest'anno ad accentrare l'attenzione su di sè, rischiando ancora una volta di farsi più nemici del necessario, di ritrovarsi avverse numerose persone che fino a due anni fa l'avevano idolatrato al di là del tifo per una determinata squadra, riconoscendo in lui una sorta di eroe capace di superare ogni difficoltà , di dimostrarsi contemporaneamente umano e vulnerabile in seguito ai problemi emersi negli anni dalla sua vita privata.
La conseguenza è che l'eredità ed il ricordo lasciati da una superstar che ha riportato Green Bay ai fasti dei tempi di Bart Starr e Vince Lombardi, cominciano a scricchiolare seriamente. E da chi vede in Brett Favre una sorta di traditore non può nemmeno avere tutto questo torto, dal momento che se proprio doveva scegliere una franchigia per riesumare ancora la carriera, poteva perlomeno evitarsi di tornare in quel Lambeau Field che tanto l'ha acclamato con una divisa tra le più (sportivamente) odiate dai fans dei Packers, quelli che hanno fatto di lui l'icona che è oggi e sempre, nonostante tutto, rimarrà .
Se da un lato il suo ritorno è pur sempre un bene per la Nfl, che riavrà ancora uno dei suoi più grandi performers di tutti i tempi, dall'altro, guardando a valori quli coerenza, sensibilità ed umanità , il grande e mitico Brett Favre pare già sconfitto in partenza, comunque vada a finire quest'ennesima avventura con la quale il quarterback ha deciso di tediare il mondo.