Il caso Jay Cutler

Jay Cutler potrebbe presto parlare con il logo di un'altra squadra dietro di sè.

Abbiamo più volte ribadito, su queste ed altre pagine, il fatto che il football professionistico, nell'era degli agenti liberi e delle aste a rialzo, ha vissuto la graduale scomparsa di quella tipologia di giocatore attraverso il quale si poteva identificare una franchigia in un determinato contesto storico.

L'icona è stata pian piano cancellata dal continuo cambiare maglia anche da parte dei protagonisti principali del campionato, alcuni presi dalla voglia (dopo aver accuratamente sistemato il conto bancario) di tentare l'ultimo assalto al titolo, altri attirati invece dai dollari che alcune squadre sono disposte a mettere elargendo contratti talvolta folli, finendo per tagliare i giocatori dopo un'annata deludente perché non ritenuti idonei ai costi dell'operazione, creando quindi ulteriori movimenti sul mercato.

A causa dell'approccio più che errato di un coach evidentemente inesperto nei confronti di una questione assai delicata, è finito sul mercato anche chi non ci sarebbe dovuto entrare per niente: in mezzo ai vari Haynesworth e Peppers non si sarebbe dovuto aggiungere il nome di Jay Cutler, quarterback giovane, in forte crescita, che sta(va) riuscendo a dare un nuovo significato al ruolo per la prima volta dal sofferto ritiro del leggendario John Elway, (lui sì, è stato un'icona) ultimo giocatore in grado di riportare alla mente la parola vincente ed e legarla alla franchigia dei Broncos, mai più avvicinatisi al Super Bowl dopo il 1998 e con un risultato massimo di una resa nell'Afc Championship del 2005, quando i Pittsburgh Steelers poi campioni ne fermarono lo speranzoso cammino verso nuove glorie.

Avevano trovato un quarterback venticinquenne in grado di muovere l'attacco con estrema funzionalità , di connettere con i suoi ricevitori per giocate a lunghissima gittata (tutt'altra cosa rispetto a Jake Plummer - ndr), di avere i nervi saldi per trovarsi gettato presto nella mischia ed adattarsi con disinvoltura al mondo professionistico, tutto questo senza essere il regista numero uno della sua nidiata (lo è ora, a quattro anni di distanza, e quella trade-up inscenata da Mike Shanahan oggi ha tantissimo senso) e senza poter disporre di un gioco i corse che un tempo avrebbe fatto felice qualsiasi running back.

Ora rischiano di esserselo giocato per sempre.

Tutto coincide con la fine dell'era Shanahan, per molti un colpo a freddo, per molti altri un evento previsto, date le scarne partecipazioni ai playoffs degli ultimi tempi: dentro Josh McDaniels, che sotto le direttive di Bill Belichick si era occupato dapprima dei soli quarterbacks, e quindi dell'intero attacco, ritrovandosi a 32 anni con un posto di capo allenatore sempre insidioso, dal momento che ad ogni John Gruden corrisponde pur sempre un Lane Kiffin.
Spesso, in tali circostanze, ci si ritrova ad avere a che fare con giocatori più vecchi di quanto non lo sia l'allenatore, con il rischio di non riuscire a prender in mano completamente lo spogliatoio, soprattutto a livello di rispetto e leadership.

Ma McDaniels ha sbagliato con uno dei suoi giocatori più giovani: purtroppo per i Broncos, proprio con quello che attualmente rappresenta la faccia della franchigia.

Il nuovo head coach di Denver ha ammesso di aver tentato di portare tra le montagne del Colorado Matt Cassell in una trade che avrebbe coinvolto tre squadre, adducendo quale giustificazione la necessità  di effettuare ogni mossa potenzialmente positiva senza pensare al bene del singolo, ma piuttosto a quello dell'organizzazione intera. Non se ne capisce come, dal momento che Cutler è considerato il pilastro del futuro dei Broncos, nei confronti del quale il gesto rischia di aver creato una frattura impossibile da risanare, e che se davvero si lavorava per il bene comune, sarebbe stato senz'altro più opportuno lavorare su ruoli ben più sguarniti, specialmente sul fronte difensivo.

Sono seguiti diversi tentativi di incontri, chiamate in conferenza, dichiarazioni di Cutler, di McDaniels, di Pat Bowlen (il proprietario dei Broncos, schieratosi apertamente con il coach) e quant'altro: dopo numerosi appuntamenti mai avvenuti per aggiustare la questione, la risoluzione dell'intera faccenda pareva essere giunta la scorsa domenica, quando Jay ha deciso di presentarsi di persona presso gli uffici del suo nuovo allenatore in compagnia del suo agente, Bus Cook, nel pieno convincimento che alla stretta di mano finale tutti quanti si sarebbero fatti una sonora risata, e che il quarterback si sarebbe regolarmente presentato agli allenamenti volontari del giorno successivo, l'inizio delle cosiddette offseason activities.

McDaniels, tuttavia, non si è scusato affatto con il suo regista, il quale si aspettava di risolvere la cosa come un normale fraintendimento, pur partendo dal presupposto che gli affari sono pur sempre affari e che nello sport professionistico ogni destinazione è sempre provvisoria: il coach, a suo dire, ha dispensato altro sale su una ferita aperta, rimarcando nel colloquio di non essere affatto pentito di aver provato a scambiare il giocatore più rappresentativo e futuribile della squadra, e Cutler, di suo, si è sentito improvvisamente mancare la terra sotto i piedi, dal momento che non è più riuscito a nutrire alcuna fiducia verso una persona che avrebbe sostenuto di aver scelto di allenare Denver proprio in virtù della prospettiva di poter lavorare con Jay medesimo, solo per tentare di mandarlo da un'altra parte senza remora alcuna in cambio di un giocatore di sistema, mai titolare al college, e per di più mai testato al di fuori dei New England Patriots.

Spesso, quando una persona riceve un incarico di fiducia e responsabilità , tende a portarsi dietro uomini del suo staff. Ma non quando la squadra o l'azienda che sia possieda già  un elemento giovane, di talento, e, per quel che vale, è stato chiamato al Pro Bowl, ed in ogni caso non quando è appena stato riconosciuto tra i migliori giocatori dell'anno.

Un incontro che doveva riportare le cose a ha sortito la conseguenza che Cutler parteciperà  a tutte le attività  di offseason della squadra senza polemica alcuna (ci mancherebbe, in fondo è pur sempre pagato profumatamente per farlo"), ma il punto è di non ritorno e la richiesta di trade, questa volta da parte del giocatore, è già  stata inoltrata alla dirigenza: pazienza per il licenziamento dell'assistente Jeremy Bates poche ore dopo che era stato comunicato al quarterback che per la stagione 2009 non sarebbe subentrata alcuna modifica del playbook offensivo, sapere di rappresentare una buona parte del futuro della franchigia e di non godere della fiducia dell'head coach non è esattamente il massimo del divertimento.

Ora, si dice che siano già  diverse le squadre potenzialmente interessate a cambiare i loro piani di offseason e a ripartire da lui, su tutte Buccaneers (che avrebbero dovuto riceverlo dalla trade a tre per Cassel), Jets, Vikings, Lions e 49ers.

La dirigenza dei Broncos ha per il momento escluso che Cutler andrà  sul mercato.

Cutler ha escluso di poter giocare per Josh McDaniels e per un owner che appoggia incondizionatamente il suo coach, perseguendo in un atteggiamento moralmente dubbio che sarebbe stato meglio correggere quando ancora si era in tempo per farlo.

Se c'era un brutto modo per far partire la nuova stagione, i Broncos non potevano sceglierne uno di peggiore.

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