Kurt Warner esulta, i Cardinals vincono il primo match dei playoffs NFL 2008 a 10 anni dalla loro ultima apparizione in postseason.
Sabato elettrizzante per gli Arizona Cardinals che si impongono senza troppi patemi sugli Atlanta Falcons, sfruttando soprattutto il grandissimo momento di forma di Kurt Warner, tornato a brillare come ai tempi dei viaggi al superbowl in maglia Rams, quando con Faulk, Bruce, Holt, e soci, aveva messo in piedi il famigerato, ed indimenticato, "greatest show on turf"; cambiano i nomi, cambiano gli allenatori, passano gli anni, ma il braccio del quarterback da Northern Iowa è sempre lo stesso, come la voglia di vincere.
Nei suoi occhi a fine partita si leggeva la fame di vittorie e gloria che si intravede in quelli di un rookie appena approdato al grande ballo dei playoffs NFL, quando per la prima volta gli si aprono davanti le porte della cavalcata verso l'anello più ambito da ogni uomo che abbia tenuto tra le mani, almeno una volta nella vita, un pallone da football; felice ed un po' imbarazzato davanti al giovane intervistatore, l'ex compagno dei Giants Tiki Barber, non si è comunque dimenticato di fare i complimenti al collega Matt Ryan, uscito sconfitto, ma non di certo ridimensionato.
Dopo una partenza orribile, intercetto al primo pallone messo in aria, il rookie da Boston College si è ripreso a piccoli passi, appoggiandosi tantissimo sulle corse di Michael Turner, 18 portate per 42 yards e un touchdown, e limitandosi a completare dei bei passaggi sulla breve distanza, mantenendo una media di 7.6 yards a lancio; il gioco sul corto e le discrete avanzate palla a terra gli hanno così permesso di riprendere fiducia e realizzare addirittura un TD pass prima dell'halftime.
Purtroppo per lui, e per i Falcons, sul lato opposto del campo erano presenti tre fenomeni capaci di imprimere ritmi forsennati alla partita, cosa che puntualmente è avvenuta fin dalle battute iniziali, quando al secondo possesso offensivo, quello immediatamente successivo all'intercetto di Ryan, Arizona trova il vantaggio grazie ad una cannonata da 42 yards con cui Warner pesca Larry Fitzgerald all'interno dell'endzone avversaria, a nemmeno 5 minuti dall'inizio del match.
Intercetto ed immediato touchdown avrebbero sicuramente tagliato le gambe alla maggior parte delle franchigie NFL, ancor più ad una guidata da un rookie head coach, ma Mike Smith quest'anno ci ha già dimostrato, e più volte, che Atlanta sa reagire e che, soprattutto, non è più la squadra rattoppata e zoppicante della scorsa stagione; accorciate le distanze su field goal dalle 30 yards di Jason Elam, i Falcons non mollano nemmeno quando Anquan Boldin, pescato ancora una volta da uno straordinario Kurt Warner, decide di entrare in partita alla sua maniera, ricezione, accelerazione sulla sideline, e corsa da 71 yards fino all'endzone avversaria.
Da un uno-due che poteva mandarla totalmente fuori dalla partita, la franchigia georgiana comincia a raccogliere i risultati della propria tenacia e della compattezza mostrata sul campo fino a quel momento, nei restanti 9 minuti del secondo quarto infatti Ryan e soci spingono sull'acceleratore e mettono alle corde Arizona, tanto da chiudere in vantaggio il primo tempo grazie ai touchdowns in rapida successione di Turner, corsa da 7 yards, e di Justin Peele, che riceve un preciso passaggio da 2 yards.
Quando i Falcons sembrano aver preso finalmente le misure ai padroni di casa, i Cardinals risorgono, e da li il match cambia totalmente volto; bastano infatti i quindici minuti di intervallo e il classico discorso sulla differenza tra vivere o morire tenuto da Ken Winsenhunt tra gli armadietti e le panche dello spogliatoio di Arizona per consegnarci una nuova versione, più aggressiva e concreta, della squadra di Phoenix.
A guidare l'arrembaggio al fortino capitanato da Smith è Antrel Rolle, che punisce Atlanta dopo appena 43 secondi dall'inizio del secondo tempo, quando si avventa su un pallone perso da Matt Ryan subito dopo lo snap e lo riporta fino all'endzone avversaria, coprendo le 27 yards che lo separano dalla fatidici paletti rossi che la delimitano; ancora una volta, il primo possesso offensivo è deleterio per il quarterback dei Falcons, che con gli occhi sbarrati di chi sta vivendo un incubo si appresta a rientrare in campo per cercare la possibile rimonta.
L'halftime ha però cambiato profondamente Arizona, infatti la difesa ora fa sul serio e comincia a creare diversi grattacapi a Ryan e al suo attacco, impedendogli di trovare ritmo e spazi per architettare una controffensiva credibile e costringendo Atlanta ad uscire dal campo con due three&out, pesantissimi, sul groppone; il secondo di questi è probabilmente fatale agli ospiti, infatti nel drive immediatamente successivo i Cardinals assestano la spallata decisiva al match, grazie ad una corsa in endzone, l'undicesima in stagione, di Tim Hightower.
Sotto 17 a 28 Atlanta deve provare a colpire sul lungo, ma ancora una volta l'ex quarterback degli Eagles trova delle mani avversarie pronte a ricevere un suo pallone messo in aria, sono quelle di Dominque Rodgers-Cromartie che mette a segno un intercetto importantissimo e conferma quanto ormai la difesa di Arizona sia padrona assoluta del campo impedendo agli avversari di rispondere nell'immediato alla meta appena subita.
Con le speranze ridotte al lumicino ed uno schieramento difensivo serratissimo dei Cardinals, i Falcons collassano concedendo una safety ad inizio ultimo quarto che permette ai padroni di casa di portarsi avanti di 13 punti; a poco, se non a rendere meno amara la sconfitta, serve il touchdown del 24 a 30 finale, TD pass da 5 yards ricevuto da Roddy White, con cui Atlanta chiude la difficilissima trasferta nel deserto dell'Arizona.
Fondamentale per la vittoria dei Cards è stato il cambio di ritmo imposto al match dopo l'intervallo, al rientro in campo infatti sono sembrati un'altra squadra, consapevole dei propri mezzi, del buon talento a disposizione, e pronta ad alzare delle barricate difensive finalmente efficaci e, soprattutto, adeguate; la prossima settimana con Carolina non sarà facile ripetersi, ma con un Warner così, un Boldin e un Fitzgerald in formissima, tutto è possibile.
I Falcons hanno invece pagato, come è giusto che sia, lo scotto dell'inesperienza, che in certi tratti della partita si è vista, soprattutto quando Arizona ha cominciato a fare sul serio e mettere alle corde Ryan, giocatore che come già detto, esce tutt'altro che ridimensionato dall'incontro; a fine partita mi son fatto l'idea che questo ragazzo, nei prossimi anni, ce lo ritroveremo spesso tra i piedi, le qualità ci sono, la testa anche, un pizzico di esperienza in più, magari un paio di innesti giusti, e Atlanta è pronta a ricominciare l'avventura.
Discorso diametralmente opposto per i Minnesota Vikings, usciti con le ossa rotte e tra i fischi del pubblico di casa dopo il match perso contro i Philadelphia Eagles, ex squadra del loro attuale head coach, Brad Childress, individuato come il principale indiziato per la disfatta subita tra le mura amiche e considerato come una delle più grandi sciagure avventatesi sullo stato dei laghi dagli albori della storia fino ai giorni nostri.
Sarà eccesso di ricerca di un capro espiatorio, sarà la delusione per l'ennesima stagione altalenante dei propri eroi, sarà perché tutte le volte che si vede all'opera l'attacco di Minnesota si rimane a bocca aperta, e non certo per lo spettacolo, ma questa volta il sangue glaciale nordico presente nel DNA della popolazione di Minneapolis si è davvero surriscaldato; tre stagioni, più di mille giorni, non sono stati sufficienti all'ex genio offensivo di Philly per dare un gioco e trovare un quarterback adatto al gioco dei Vikings.
Questo è il grande limite di questa franchigia, una squadra che vive e muore con le corse di Adrian Peterson, atleta straordinario che è però arrivato all'appuntamento con i playoffs stanco, boccheggiante, e totalmente sfiancato; il match di ieri notte evidenzia ancora una volta che ormai tutta la NFL sa come fermare Minnesota, riempiendo a dismisura il box e addestrando linebackers e defensive backs a snidare, e fermare, il numero 28. "Toglieteli le corse, e Minnesota muore"", così recitavano gli analisti americani prima della partita, e così è stato.
Basterebbero queste poche righe per riassumere il match tra Eagles e Vikings, una sfida persa soprattutto dai secondi, che hanno fatto cose straordinarie in difesa, concedendo un solo big play, ma sono stati condizionati da un attacco incapace di rientrare, prima, e di chiudere, poi, la partita; un match ancora una volta cambiato, profondamente, al rientro in campo dagli spogliatoi.
Il primo tempo ha consegnato agli appassionati un bel testa a testa, più serrato del previsto, con Philadelphia che riusciva sempre ad entrare nel territorio difensivo avversario ma non riusciva a finalizzare e con Minnesota molto più intraprendente e composta di quanto si aspettasse, pronta a stringere le maglie delle terze linee e rapida a ribattere colpo su colpo; avanti con due field goal trasformati da David Akers, 43 e 51 yards, gli Eagles venivano infatti raggiunti e superati da un big play di Adrian Peterson, che andava a segno su corsa da 40 yards ad inizio secondo quarto.
Trovato segnatura e vantaggio i Vikings cominciano a fare sul serio in fase difensiva, costringendo alla resa più volte McNabb, che si vede costretto ancora una volta ad affidarsi alla gamba di Akers per mettere in tasca altri punti, 3 su calcio dalle 31 yards; Philly fatica a scovare la strada per l'endzone avversaria, per questo Minnesota, ancora sotto l'influenza dello spirito natalizio, decide di indicargliela con un preciso passaggio di Jackson che finisce nelle mani di Asante Samuel, che mette a segno il sesto intercetto in carriera nei playoffs e varca la linea di meta dopo una corsa da 22 yards.
Il copione è sempre lo stesso, se i Vikings provano ad affidarsi a Tarvaris Jackson non succede nulla di buono; eppure nelle ultime settimane qualcosa sembra essere cambiato, ed il drive immediatamente successivo fa pensare che sia effettivamente così, con il quarterback da Alabama State che completa un paio di passaggi belli e difficili per Sidney Rice e Bobby Wade, i migliori esponenti del reparto di Minnesota in tutto l'arco della partita.
Pescati i due wide receiver tra le maglie avversarie i padroni di casa mettono in piedi un drive consistente, grazie anche al prezioso contributo di Chester Taylor, che ancora una volta pare più efficace e più fresco del compagno di backfield Peterson, giocatore a cui i Vikings decidono di affidare la corsa decisiva per segnare il secondo touchdown, nonché suo secondo personale, della loro partita.
Rientrati in campo sotto di soli 2 punti, 14 a 16, tutti nel Metrodome sono convinti che l'impresa sia a portata di mano, soprattutto dopo che vedono un Jared Allen in grandissima forma mettere pressione costante su McNabb e una difesa pronta a fermare qualsiasi azione di corsa nonostante l'assenza, pesante, di Pat Williams; per quattro volte Minnesota frena le velleità offensive di Philadelphia, e per lo stesso numero di volte consegna la palla del possibile vantaggio nelle mani del proprio attacco, che fallisce sempre l'appuntamento.
Qui si decide la partita, con i Vikings che inanellano un numero spropositato di three&out grazie alla poca intraprendenza mostrata dal loro head coach, che continua a chiamare giochi di corsa anche quando questi sbattono puntualmente, e continuamente, contro il muro difensivo degli Eagles, bruciandosi sistematicamente due dei tre down disponibili; il terzo, l'ultimo di questi, è concesso solitamente a Jackson, che altrettanto ordinariamente sparacchia l'ovale senza il reale intento di centrare un suo compagno, ma anzi, sfiora l'intercetto decisivo più di una volta.
I secondi passano, i minuti anche, e Childress rimane impassibile, convinto che l'attacco di Phildadelphia possa essere limitato ad ogni nuovo drive; il problema principale è che anche sull'altra sideline Andy Reid è impassibile, infatti è consapevole che nel suo arco c'è una freccia di assoluto valore, Donovan McNabb, un quarterback che difficilmente sbaglia partita e che è capace, in qualsiasi momento, di tirare fuori dal cilindro qualcosa.
Detto, fatto, poco oltre la metà dell'ultimo quarto proprio l'ex di Syracuse consegna la palla che vale il match nelle mani di Brian Westbrook, altro playmaker degli Eagles limitato egregiamente dalla difesa di Minnesota per tutta la partita, che corre per 71 yards, scartando avversari come birilli, prima di raggiungere l'endzone dei Vikings per quello che diventerà il touchdown decisivo; a mettere la parola fine sulla partita ci pensa nemmeno cinque minuti dopo il solito Akers, che trasforma il quarto field goal di giornata, dalle 45, fissando il punteggio sul 26 a 14 finale.
Nelle fila di Philadelphia svolge un grandissimo lavoro il receiver Jason Avant, 5 rec. Per 47 yards, che toglie in ben tre occasioni le castagne dal fuoco a McNabb consentendo al proprio attacco di uscire da posizioni di campo scomodissime, ed in generale tutta la difesa, dove Trent Cole e Quentin Mitchell rispondono adeguatamente ai continui incitamenti del trascinatore, nonché motivatore, Brian Dawkins, 6 placcaggi, 1 forced fumble, chiudendo rispettivamente con 13 e 8 tackles.
Anche sul lato opposto è la difesa in generale ad aver impressionato, nonostante sia stata subito privata di un elemento importante come Darren Sharper, uscito definitivamente prima della fine del secondo quarto e non più rientrato dopo l'intervallo; senza di lui le secondarie hanno certamente avuto più problemi a contenere il passing game di McNabb, con il solo Antoine Winfield, 8 stops, a ricoprire i panni dell'uomo d'esperienza mandato a dirigere una banda di ragazzini, tra cui spicca Cedric Griffin, autore di 6 tackles e dell'intercetto che ha consentito ai Vikings di rimanere in partita nel secondo quarto.
Per Minnesota, nonostante la stagione positiva, conclusa 10-6, e il ritorno ai playoffs dopo svariati anni si apre una offseason lunghissima e probabilmente decisiva per il futuro che ha come primo obiettivo quello di trovare uno starting quarterback adeguato e capace, fin da subito, di prendere per mano la squadra; per gli Eagles, caldissimi dopo aver asfaltato Dallas e aver superato lo scoglio delle Wild Card, invece continua il sogno, la prossima tappa è il pepato scontro divisionale contro i Giants, Campioni del Mondo uscenti.
Il programma della NFC per la prossima settimana prevede quindi i seguenti appuntamenti: Arizona Cardinals at Carolina Panthers (domenica 11 gennaio, ore 02:15) e Philadelphia Eagles at New York Giants (domenica 11 gennaio, ore 19:00).