Ogni maledetta domenica

Jamie Foxx e Al Pacino sulla sideline.

OGNI MALEDETTA DOMENICA

Titolo originale : Any given Sunday

Anno : 1999

Genere : drammatico

Regista : Oliver Stone

Cast : Al Pacino, Cameron Diaz, Dennis Quaid, Jamie Foxx, James Woods, LL Cool J, Matthew Modine, John C. McGinley, Charlton Heston, Jim Brown

Al Pacino e Oliver Stone tornano a Miami. Da Scarface ai Miami Sharks la strada però è stata lunga, per entrambi.

Nel film di Brian De Palma Oliver Stone mette in bocca all'esule cubano Tony Montana frasi ancora oggi scolpite sui muri metropolitani. "I'm Tony Montana! You fuck with me, you fuckin' with the best!", "Say hello to my little friend!", fino alla megalomania finale di "The World Is Yours". Era il 1983, si confezionava uno dei più venerati cult movies della storia.

Nel 1999 Al Pacino accetta il ruolo di un head coach di football per lo stesso Stone, dopo che Robert De Niro, suo eterno rivale, lo aveva appena rifiutato. Ma questa volta la coppia vincente non va a segno. I tempi sono cambiati e quel che è peggio, entrambi non sono più quelli di una volta.

Non è lo stesso Al Pacino di Scarface come detto, ma anche ricordando altri classici, non è più il surreale rapinatore di Quel pomeriggio di un giorno da cani o il poliziotto onesto Serpico, né la versione americana del migliore e immortale Vittorio Gassman in Profumo di donna né ancora il leggendario Michael Corleone, erede del Padrino.

Pure per Oliver Stone pare che i tempi migliori siano alle spalle. Un film su tutti, Platoon, poi alti e bassi paurosi. Ho sempre stimato questo veterano del Vietnam per aver avuto il coraggio di raccontare, in un mondo mainstream e commerciale come quello di Hollywood, temi importanti come la stessa guerra (ma in maniera critica), il patriottismo solo di facciata, la bassezza morale degli speculatori finanziari e la politica, arrivando a trattare John Kennedy, Richard Nixon e oggi pure quello stupido ignorante burattino di W. Bush.

Ma la forma, caro mio Oliver, la forma è pessima. Non mi voglio soffermare sulla sua filmografia, la fortuna è che questo film racchiude in sé tutti i tratti negativi del suo modo di fare cinema. E' prolisso, retorico, esagerato, ha sempre ottimi fini ma mezzi scarsissimi.

Quello che sconvolge di più in Any Given Sunday è il montaggio. Mi permetto un giudizio pesante ma quando ci vuole ci vuole, il montaggio in questo film fa veramente schifo. Se Stone voleva fare qualcosa di nuovo, di veramente moderno, ha clamorosamente fallito.

Non ha assolutamente senso rallentare e accelerare in quella maniera, alternando violentemente immagini opposte, confondendo così lo spettatore. Sembra il montaggio di un videoclip musicale, è pazzo, nervoso, aggressivo oltre ogni tollerabile misura. La fotografia, penalizzata dal nulla osta negato dalla NFL, segue il passo.

Se questa è la forma il contenuto è, se possibile, ancora peggio. La storia è banale, non entusiasma per niente. Un allenatore di grande esperienza, Tony d'Amato, adesso un po' rincoglionito, cerca di vincere come ai vecchi tempi nonostante sia contro tutto e tutti.

Quello che rattrista è che il coach è Al Pacino e ovviamente non serva che lo dica io, una colonna vivente della storia del cinema. Il suo personaggio del coach in crisi, un po' nostalgico e un po' in decadimento ma sempre combattivo è stanco esattamente come l'attore, che a questo punto della carriera meriterebbe di più di una regia di Oliver Stone.

L'uomo che si cela dietro il volto ruggente è poi quanto di più miseramente umano ci sia. E' un tipo solitario, non ha nessun legame significativo né tra gli amici né in famiglia, la sua vita amorosa non esiste, va a puttane quando è ubriaco e vorrebbe che una di queste signorine sia la donna della sua vita.

I suoi giocatori non vanno meglio. Jamie Foxx è bravo ma assolutamente prevedibile, il rapper LL Cool J dovrebbe fare il duro ma ha la faccia pacioccona di un bambino, i bianchi della squadra sono inguardabili dall'inizio alla fine. Sniffano coca sulle tette di compiacenti donnine allegre, rischiano letteralmente la vita per un bonus milionario, mandano a quel paese il coach senza nessun tipo di rispetto.

Il ritratto di allenatori e giocatori è impietoso, e ne esce un mondo lurido, dove dominano solo i soldi. Se Oliver Stone ha voluto raccontare una storia di football solo per farne una metafora dei mali dell'America, non ha segnato questa volta. Diciamo che non è riuscito a guadagnare nemmeno il primo down.

Le facce di tutti in questo film sono semplicemente esagerate. E' un gioco, ma sembra una guerra, magari quella del Vietman dalla quale Stone sembra non abbia mai fatto ritorno. Gli sta a cuore l'America ma con film come questo gli fa solo male.

Sulla bilancia di Forum la cosa più bella del film sono soltanto alcuni dei discorsi. Jamie Foxx, il giovane QB nero rampante, tutto hip hop e corse alla Michael Vick, dice al coach che i neri oggi sono ancora schiavi, non in catene ma sottoposti, relegati ai posti più bassi, controllati e tenuti a distanza dall'alto verso il basso. L'esempio è la NFL. La maggior parte dei giocatori sono neri, ma pochi sono i coach e nessun proprietario è afro-americano.

Questa in sintesi è la schiavitù del terzo millennio, perché i neri sono soltanto sfruttati per gli interessi di chi li comanda. I giocatori guadagnano milioni di dollari ma in fondo sono merce dei boss bianchi a cui servono per lo spettacolo lucroso che comandano. Tesi condivisibile, almeno alle soglie del 2000.

Oggi forse potrebbe cambiare qualcosa. Sono d'accordo con il grande Beppe Severgnini, se non vedo un nero alla Casa Bianca, già  un ossimoro di per sé, non ci credo. Quel ragazzo col cognome un po' troppo simile a Osama però è il super favorito. Vedremo.

Correlata a questo discorso c'è un'altra bella frase nel film. "Per ogni Sanders, o Jerry Rice che ce la fanno, ci sono centinaia di neri che invece falliscono". Non male, ma pur sempre oltre misura, il famoso discorso motivazionale dell' "inch by inch".

Sul piatto delle cose brutte già  vedo la faccia sorpresa del giudice Santi Licheri. C'è troppa roba. Oltre al già  detto ci aggiungo nello specifico le sequenze di football, che hanno un peso importante. Ho odiato lo slow motion, per di più muto, l'azione non è fluida, non si capisce niente. E i vomiti di Jamie Foxx non hanno senso, non è una commedia. Per non parlare di quel giocatore avversario che perde un occhio in campo, con tanto di contenitore per portarlo via. Ma stiamo scherzando ?

Mi consolo con Cameron Diaz, deliziosa, una Christina Pagniacci graziosa proprietaria sanguigna, succeduta al compianto padre. Avrà  pensato anche lei, nel mezzo della produzione, al male storico di Oliver Stone.

Vede sempre la end-zone, ma lancia troppo lungo.

Passaggio incompleto.

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