Aaron Rodgers alza le braccia al cielo: Green Bay punta tutto su di lui.
Nello scontro proposto dal primo Monday Night della stagione nel classico double-header proposto oramai da qualche tempo dalla Abc nell'opening week, c'erano parecchi motivi di interesse, primo di tutti lo svolgersi di una rivalità molto accesa, trascinata alla Nfc North dalle vecchie ruggini preesistenti nella superata Nfc Central, dove Green Bay e Minnesota continuano a darsele di santa ragione almeno due volte l'anno.
L'effetto scenico è stato particolare, e per qualche momento, come presumibile, si è fatto largo nei sentimenti con una certa precedenza rispetto alla partita in se stessa, perchè se già era strano aver visto Brett Favre evoluire (e giganteggiare, diciamolo) con la maglia dei New York Jets, forse lo era ancor di più ritrovare un Lambeau Field colmo di jerseys verde scuro con il numero 4 in bianco sugli spalti, ma non in campo. A Green Bay, per quanto la persistente testimonianza di affetto nei confronti delle leggenda sia molto viva, è finita un'era, e nell'istante in cui la prima stagionale ufficiale stava per avere il suo via, la sensazione di un qualcosa che mancava diventava sempre più concreta e veritiera.
La pagina è stata dunque girata irreversibilmente, una volta per tutte, i Packers hanno ricominciato il loro cammino verso una stagione di successo con un nuovo condottiero, quell'Aaron Rodgers così sfortunato in principio di carriera (prima una scivolata al draft, quindi diversi infortuni) che si è trasformato nel nuovo uomo in cui il pubblico si riconoscerà d'ora in poi, cominciando il suo primo campionato da titolare con il piede giusto.
La filosofia offensiva dei Packers non è cambiata poi molto, nel senso che l'attacco fa sempre molto affidamento sulle soluzioni aeree tenendo le corse come appoggio secondario per variare di quel tanto i ritmi, e l'interpretazione data dal debuttante è stata corretta sotto tutti i punti di vista. La partita di lunedì ha difatti dimostrato che la scelta di Rodgers è stata apparentemente quella giusta, il giocatore è stato chiaramente costruito su questo tipo di sistema e non il contrario, con il risultato della visione di uno stile di lancio che ha ricordato molto da vicino quello di Favre, con delle autentiche cannonate lanciate ai ricevitori, giochi spettacolari a lunga gittata (la ricezione profonda di Greg Jennings nel primo quarto, in tuffo all'indietro, è stata a dir poco sensazionale: il lancio sembrava proprio uno di quelli "pazzi" di Brett…) e tanta voglia di emergere per scrollarsi di dosso quell'eterno confronto che il giovane quarterback dovrà , ahilui, portarsi dietro per tutta la carriera.
Rodgers, apparso psicologicamente molto diverso dalle sue prime, timide, apparizioni in campo, ha chiuso il suo esordio con statistiche eccellenti, 18 passaggi dei 22 tentati sono andati a buon fine per 178 yards ed una meta, senza contare la segnatura annullata a Donald Driver per una penalità comminata ad una linea offensiva che ha lasciato perplessità circa la discontinuità dal punto di vista della concentrazione mentale, come ha dimostrato l'eccessivo numero di fazzoletti gialli lanciati ai danni di giocatori poco esperti come Tony Moll, ma anche verso veterani navigati come Mark Tauscher.
L'inaspettato punto di forza di una Green Bay rimasta dunque spettacolare, ma ancora alle prese con qualche lavoro in corso, è stato invece nuovamente la debolezza principale dei Vikings, proiettati verso il Super Bowl grazie alla sola acquisizione di un Jared Allen ben al di sotto delle proprie potenzialità ma pur sempre alla ricerca di risposte che tardano ad arrivare da parte di un frastornante Tarvaris Jackson. Seppure il numero di yards lanciate dal quarterback da Alabama State sia stato pari a quello di Rodgers è risultato cristallino che l'attacco di Minnesota sia al momento fermo alle involuzioni del 2007, quindi dotato di una mono-dimensionalità dettata dal deciso contrasto tra la produttività straordinaria del gioco di corse, (166 yards tra Adrian Peterson e lo stesso Jackson) ed un debole gioco aereo, al quale il buon Tarvaris continua a preferire sovente una bella sgambettata per conto proprio.
Aspetti da rivedere ce ne sono comunque da ambo le parti.
C'è da dire che i Packers hanno sì portato a casa un'importante vittoria, ma non senza patemi. All'iniziale meta del fullback Korey Hall si sarebbero potute aggiungere la già menzionata potenziale meta di Driver ed un calcio di Mason Crosby, bloccato sul finire del primo tempo dagli special teams dei Vikings e grande oggetto di discussione durante l'intervallo, quando le voci della Espn hanno giustamente fatto notare che tra la fine della penultima azione e la richiesta di timeout per preparare la trasformazione sono passati troppi secondi, nei quali Rodgers avrebbe potuto tentare un'ulteriore lancio in endzone. Un vantaggio di ulteriori 10 punti avrebbe potuto far proseguire la partita in binari molto più tranquilli, magari consentendo a coach McCarthy di scegliere un approccio più conservatore per il secondo tempo.
Ecco quindi risultare provvidenziale l'azione che ha sostanzialmente spezzato la partita in due, ovvero il ritorno di punt da 76 yards di Will Blackmon, arrivato proprio quando i Vikings sembravano aver trovato la strada della rimonta, poi riapparsa in un quarto periodo caratterizzato da drives di 79 ed 80 yards terminati rispettivamente con mete di Rice e Peterson, che hanno permesso a Minnesota di portarsi in due distinte occasioni a 6 punti di distacco.
L'inconsistenza offensiva del gioco aereo ed una difesa Packers che è rimasta inalterata sotto il profilo del talento (cosa passata inosservata per chi, in pre-stagione, ha demolito questa squadra per il solo fatto che se n'era andato Favre) hanno messo la ciliegina sulla torta, puntellando la grande pressione messa su Jackson per tutta la serata in special modo da uno scatenato Aaron Kampman, con l'intercetto finale di Atari Bigby, che preservato il 24-19 finale e posto termine ad un tentativo di sorpasso all'ultimo istante che avrebbe rovinato la festa dei Packers.
Tuttavia, dovendo volgersi al momento in cui Minnesota avrebbe dovuto, per forza di cose, cominciare a guadagnare terreno velocemente per non farsi scappare la partita, si sono evidenziati ancor di più tutti i limiti di un attacco che per vincere le gare deve sperare di fronteggiare delle difese spaesate contro le evoluzioni di Peterson, che in alcuni snap è stato invece contenuto (per quanto possibile) ad hoc dai placcaggi e dalle intuizioni felici di un A.J. Hawk in splendida forma, mentre l'interno del campo è stato presidiato molto bene dall'assortimento fornito da Johnny Jolly e Ryan Pickett.
Guardando infine ad aspetti più coloriti, Rodgers ha potuto usufruire del suo primo Lambeau Leap di carriera, incitato a farlo dagli stessi tifosi dopo il touchdown che lui medesimo ha segnato su corsa: "Devo essere onesto, ho sognato quel momento per quattro lunghi anni".
Se chi ben comincia è già a metà dell'opera, allora di quei salti tra il pubblico potrebbero essercene molti altri…
Avanti tutta, anche senza il mito.