2011: l’odissea Nfl

Roger Goodell di fronte all'ennesima sfida da commissioner: il contratto collettivo

Come in ogni off season Nfl che si rispetti, il periodo morto più lungo, che va dal draft all'inizio dei training camp, viene infarcito di notizie che con il gioco e il talento dei giocatori poco hanno a che fare ma, stavolta, il problema sembra piuttosto grosso e riguarda tutto il mondo football. Da settimane non si fa altro che parlare del contratto collettivo (Collective Bargaining
Agreement, CBA) dal quale i proprietari delle squadre hanno votato l'uscita all'unanimità . Uscita che corrisponde alla stagione 2010, campionato che verrebbe giocato senza il salary cap e porterebbe ad un holdout (interruzione delle attività ) l'anno successivo.

Una scelta, quella dei proprietari, che arriva dopo anni di polemiche e dopo che ogni parte in causa ha potuto dire la sua. Difficile oggi fare previsioni e benché Roger Goodell e Gene Upshaw (numero uno della Nfl Players Association) siano fiduciosi sulla firma di un nuovo contratto entro marzo 2010, va detto che i punti che allontanano le parti sono parecchi e alcuni non sembrano avere una soluzione vicina, oltre a considerare che l'uscita dall'attuale contratto va individuata in speculazioni da parte dei proprietari che poco hanno a che fare coi problemi veri e propri del "gioco".

Giunto a capo della Nfl nel 2006, Goodell riuscì a mettere apparentemente d'accordo tutti nel firmare il CBA in scadenza, dando più longevità  al campionato nella costituzione in cui lo conosciamo oggi. Non troppo contenti i giocatori, che si ritrovarono di nuovo a dover fronteggiare i franchise tag, i tagli delle squadre e non la chance opposta di poter contestare un contratto se non attraverso gli scioperi che, comunque, non portano certo soldi in cassa. Relativamente contenti i titolari delle franchigie, che videro gli interessi comuni fusi per una redistribuzione equa degli incassi, con qualche mugugno delle piazze più grosse, come New York o Dallas per fare un esempio, che si vedevano obbligati a inserire in cassa comunque anche i guadagni dei soldi dei parcheggi degli stadi. Che vantaggio ha, si chiesero i presidenti dei grandi team, avere una squadra in una grossa città , con un pubblico immensamente più vasto che in altri luoghi, se poi bisogna spartire completamente i soldi guadagnati negli stadi tra parcheggi e merchandising? Già , che senso ha? In teoria il senso dell'appartenenza alla Nfl, il senso che ha portato la Lega dal 1920 a oggi, ma noi siamo agenti esterni a questi problemi e non abbiamo tutte le armi giuste per poter rispondere correttamente.

L'arrivo dei nuovi stadi, già  costruiti o da terminare, ha poi comportato un esborso importante per le società , al di là  di quello che gli sponsor hanno offerto, spingendo i presidenti a rivedere l'ultimo CBA che sembrava aver accontentato tutti. La soddisfazione era solo di facciata. Perché se nello stadio metto molti soldi e poi devo dividere parte dei guadagni la cosa potrebbe anche non andarmi benissimo benché viva nella grande fratellanza della famiglia Nfl. Ricchi contro ricchissimi verrebbe da dire, ma il problema stadi non è solo quello. Il problema è che costa tanto farne di nuovi o ammodernare quelli vecchi (dal 2000 a oggi, tra terminati e a progetto, Arizona, Chicago, New York Giants e Jets, Houston, Dallas, Indianapolis, New England le franchigie impegnate nel rinnovo locali) e che, secondo i proprietari, con tutto quello che si spende per i giocatori diventa dura far quadrare i conti. Gli stadi vengono fatti per agevolare il tifoso, quale motivazione più nobile si potrebbe trovare in tutto questo? Il punto è che il tifoso alla domenica vuol vedere i giocatori, non i presidenti delle franchigie, quindi siamo di fronte a un bel problema (e a un grosso caso di stupidità  collettiva a quanto pare).

Firmato nel 2006 forse "solo" per salvare le successive stagioni, il CBA crolla a maggio 2008 dopo due sole stagioni di attività  e ben prima della data prevista (2012). In parte ci sono gli accusatori di Gene Upshaw, considerato troppo morbido nei confronti dei padroni al di là  delle sparate di facciata. Upshaw ha prima firmato il foglio di carta, poi attaccato selvaggiamente regole troppo appannaggio delle squadre liquidando ogni tentativo di dibattito su un eventuale tetto salariale da piazzare ai soli rookie. "Sarebbe inaccettabile" ha detto Upshaw poche settimane fa, "vorrebbe dire avere un terzo dei giocatori della Nfl con contratti differenti e meno remunerativi. Il sistema attuale va bene, quando un rookie firma contratti stratosferici detta anche i parametri su cui si può basare un veterano".

Sarà , ma questa sembra più propaganda che altro. Jake Long, prima scelta assoluta lo scorso aprile, è il tackle più pagato della Lega mentre Matt Ryan, nuovo quarterback degli Atlanta Falcons, ha firmato per 72 milioni di dollari di cui 34.5 di garantito. Molti veterani storcono il naso. Esultare per questi "nuovi parametri” è impossibile, in primo luogo perché restano i tag che possono abbattere le loro chance di concertazione da subito, in secondo luogo perché molti di loro hanno già  in tasca un contratto abbondantemente lungo firmato tre o quattro anni prima e, quindi, difficilmente rinnovabile, ritrovandosi così di fronte a gente che senza dimostrare nulla percepisce già  quanto loro. Il danno e la beffa.

Bill Polian, GM e presidente degli Indianapolis Colts e grande esperto di draft, non la vede come Upshaw e dice la sua. "Il valore economico delle scelte al draft è ormai fuori da ogni logica. L'idea che una squadra scadente migliori attraverso la scelta di uno o più giocatori è ormai da scartare, perché con la situazione salariale che ti ritrovi questi devono diventarti dei Pro-Bowler quasi immediatamente per ripagarti dei soldi spesi visto che i veterani rischi di perderli. Il punto di unione [con la Nflpa n.d.r.] è quello di concederci un tetto salariale sui rookie. Sappiamo perfettamente di avere i soldi per fare buoni contratti a rookie e veterani insieme, nessuno è qui per tentare di risparmiare denaro. Il punto è che non si può versare una cifra immensa ad atleti che non hanno ancora dimostrato il proprio valore contro nessuno se non contro Eastern Michigan”.

Il punto di unione è quindi un salary cap per i rookie, ma questo non ha impedito ai presidenti di votare contro all'attuale CBA ben prima che se ne iniziasse a discutere. Il fatto è che lo stesso Upshaw trova nemici in casa, come Matt Stover, il kicker da Baltimore che ha inviato mail di comunicazione a tutti gli organi di stampa americani avvisando che si sarebbe candidato come successore dell'attuale Direttore Esecutivo della NFLPA e che la successione potrebbe avvenire prima dei tempi previsti dal mandato dello stesso Upshaw. Secondo i più informati Stover avrebbe buona parte dei giocatori dalla sua, ma quale sia il suo programma "politico" non è ben chiaro. Un Upshaw morbido e confuso forse non va più bene, ma se l'ingresso di un nuovo interlocutore nelle trattative non sposterà  l'attenzione verso gli eccessivi esborsi a favore dei rookie ci sarà  ben poco di cui parlare. Kevin Mawae, nuovo presidente della Nflpa, sembra però favorevole a un tetto salariale per i rookie e questo spingerebbe Upshaw a ragionare in modo diverso, per salvare il posto e contenere le spese dei titolari rendendoli soddisfatti dei propri stadi nuovi.

Perché se è vero che sulla redistribuzione dei beni i proprietari possono trovare da soli una soluzione comoda a tutti, è vero anche che con la Nflpa bisognerà  andare coi guanti di velluto e cercare di non scatenare una reazione di orgoglio (e questo vale per ambo le parti in causa a dire il vero) che possa far saltare il campionato a prescindere dagli accordi, giusto per non perdere la faccia dopo tante parole spese.

Quanto si deve temere oggi? Secondo molti esperti la frattura è insanabile, ma ciò che molti sottovalutano sono a nostro giudizio due aspetti fondamentali che ridurrebbero la Nfl in ginocchio e la secolare battaglia per diventare la Lega più solida, ricca ed egualitaria del pianeta verrebbe persa in un minuto. Un triste testamento per Roger Goodell, già  in mezzo a un sacco di tempeste per la sua normativa sul comportamento dei giocatori, uno spaventoso accentramento del potere e le decisioni prese in merito allo Spygate che ha coinvolto Bill Belichick e i suoi New England Patriots, atteggiamento che nessuno ha considerato eticamente corretto.

Ricominciamo: il contratto attuale non va bene, la redistribuzione dei guadagni così com'è fatta oggi non piace ai club delle piazze più grandi che si rendono conto di poter vedere sopravvivere la Lega senza "dissanguarsi" più di quanto non facciano già , tanto più ora che sono in arrivo nuovi stadi. Inoltre molti spingono per controllare meglio i rookie senza doversi svenare troppo su delle scommesse come certi giocatori, e questa è la vera chiave del gioco a nostro giudizio. Lasciate perdere gli stadi e il collettivismo dei beni da suddividere che, come abbiamo detto, non creerà  tantissimi problemi. Così come non sarà  impossibile ridiscutere in parte le logiche della free agency e dei tag. Ciò che bisogna controllare è questo, il salario. I presidenti delle squadre si lamentano delle troppe spese per i salari a fronte di altre di mantenimento, staff e quant'altro; i veterani della loro condizione di sfavore rispetto alle società  e ai nuovi entrati. Un tetto salariale per rookie abbasserebbe i costi stipendio totali delle squadre, darebbe più spazio di trattative ai veterani e renderebbe meno antipatiche le firme di chi deve ancora arrivare a combinare qualcosa.

Contenti tutti, forse non la la Nflpa con Gene Upshaw che ha nemici ovunque, anche all'interno dell'associazione stessa, un Upshaw che sa però cosa e quanto si possa arrivare a pretendere dalla controparte. E quel costante brusio contro di lui, da parte dei veterani poco felici dei contratti rifilati ai giovanissimi, degli affiliati che ne discutono l'incoerenza da persona forte davanti ai microfoni e meno d'innanzi al tavolo delle trattative dove molla tutto quello che si può mollare. Non molla sul contratto bloccato ai rookie, passaggio che forse non scontenterebbe nessuno, anche perché un rookie davvero forte in un paio di anni blinderebbe la propria situazione salariale con parecchi zeri inseriti in un nuovo contratto. "La carriera di molti giocatori dura fino a 31/32 anni" ha detto Upshaw "se un ragazzo entra in Nfl a 22 e lo si blocca con un tetto salariale su un contratto di 5 anni difficilmente riuscirà  poi a strappare il contratto della vita". Vero e falso. Vero perché inopinabile come concetto di fondo, falso perché chi merita i soldi li vedrà  e perché non è detto che un tetto salariale per i rookie prevederebbe durate di 5 anni. E poi c'è sempre il sistema Nba che qualcosa insegna e non ha impedito a certi ragazzetti di diventare ricchi alla svelta.

Matt Stover dal canto suo non si scopre ma ha alle spalle molti favori. Il suo ingresso prima del 2010 è difficile da immaginare, ma i colpi di spugna non sono da escludere a questo punto. Certo, vedere una Nfl totalmente rivoluzionata sul lato rookie e tag garantirebbe nuove regole, più equità  e giustizia per i giocatori senza nulla togliere allo spettacolo. Il resto è un salto nel vuoto.

Dicevamo poco fa di due aspetti sottovalutati. Il primo è quello del salary cap, pezzo forte su cui si basa l'equità  stessa della Lega, contratto che permette a qualsiasi tifoso di sognare di essere alla pari delle altre 31 franchigie ai nastri di partenza di ogni stagione. Saltasse quello quante possibilità  ci sarebbero di tornare indietro? Zero. Nessuna possibilità  secondo noi, ma anche secondo molti analisti americani e secondo lo stesso Upshaw.

Secondo punto: la United Football League. Bene, smettetela di ridere ora. Sappiamo perfettamente che ogni tentativo di fare concorrenza alla Nfl è sempre miseramente fallito, ma un eventuale blocco dei campionati per una stagione potrebbe dare forza al campionato sponsorizzato da Marc Cuban. Immaginate questa l'ipotesi: nel 2009 la UFL prende il via, apre in piazze orfane della Nfl, anche grandi (vedi Las Vegas e Los Angeles) trova modo di dare buoni contratti e approfitta dell'holdout in Nfl per firmare con sponsor e televisioni tanto da garantire ottimi guadagni ai giocatori e sottrarre atleti alla Lega sparita. Al ritorno della Nfl, immersa nel caos e con un draft perso (con tanto di rookie finiti dall'altra parte) che accadrebbe? E che accadrebbe con un draft diviso in due, con rookie che preferiscono i soldi della Ufl alle promesse della Nfl?

Probabilmente anni di confusione, con due leghe a contendersi il primato, la Nfl che riprende il predominio ma che, nel frattempo, ha perso soldi, credibilità , leadership. Non poco per una Lega che vende prodotti come Combine e Draft quasi fossero eventi cinematografici mai visti prima. Non poco per una Lega che ha fatto di certi capisaldi la base del proprio successo definitivo e che, senza di essi, sarebbe decisamente meno affascinante.

Cosa accadrà  senza il salary cap e chi vuole davvero andare in holdout? Difficile rispondere alla seconda domanda. Da una parte la Nflpa, ma finché c'è Upshaw il pericolo è scongiurato perché come detto, in definitiva, trattare su tag e su come ridefinire il salary cap è più semplice di tante altre cose. Inoltre la minaccia è stata sventolata più volte, ma senza che ne seguissero azioni reali. Dall'altra i padroni del vapore, che senza garanzie e controllo di spesa si troverebbero allo sbando e col timore di vedere la propria società  sportiva finire gambe all'aria. Una cosa è certa, le nuove regole da usare dopo il 2010, magari in attesa di un nuovo CBA, ci sarebbero: queste cose si chiamano palliativi, un'aspirina a un malato di colera, un vino in scatola offerto al posto di quello buono così, solo per far vedere che c'è qualcosa in tavola.

L'idea originale, non ancora ben chiara, è quella di cambiare imposizioni alle durate dei contratti per i rookie, rivedere la free agency (ancora non si sa come) e togliere potere d'acquisto alla franchigie che dovessero avanzare troppo in post season. A grandi linee dovrebbe risultare una cosa del tipo: più vinci ai playoff meno giocatori puoi acquisire in free agency in modo da non poterti rinforzare troppo. Si pensa anche a limiti di spesa vera e propria sui contratti per queste stesse squadre, per impedire ai ricconi di turno di vincere, stravincere e continuare a spendere come folli sul mercato accaparrandosi sempre i giocatori più quotati. Se state pensando a Jerry Jones (Cowboys) e Daniel Snyder (Redskins) avete pensato bene: anche chi ha abbozzato questo regolamento pensava a loro.

"Tutti noi abbiamo fatto un immenso sforzo per far giungere in tranquillità  il termine del lavoro" ha detto Goodell del CBA firmato nel 206, "abbiamo raggiunto un accordo che avrebbe sostenuto un ulteriore sviluppo della Nfl. Dopo due anni passati all'interno di questo sistema riconosciamo però che non può funzionare a lungo per noi". E' quindi ora di lavoraci su, ma sempre Goodell avverte e rassicura che "la gente non capirà  bene la gravità  della situazione finché non saremo a un passo dalla fine del contratto, quello sarà  il momento di maggiore sensibilità  verso il problema, quello sarà  il momento in cui troveremo un accordo giusto per tutti". Speriamo.

Lo speriamo per noi appassionati abituati a questa macchina che da anni ormai lavora in modo semiperfetto ed equilibrato, lo speriamo per evitare scioperi inutili e dannosi e per avere conferma che la Nfl è ancora quella dei "nostri padri" che appoggiavano chi era in difficoltà  economica per dare futuro al mondo professionistico tutto. Un sistema unito, compatto che cerca la soluzione per vendere il miglior prodotto possibile. Non del vino in scatola.

In parte lo speriamo anche per Roger Goodell, finora incapace di rendersi simpatico ai nostri occhi e lontano dal sembrare anche solo coerente come commissioner nonché realmente capace di gestire situazioni difficili. Lo speriamo perché se non pone fine a questa emorragia sarà  un disastro a prescindere dalle colpe che, in base a chi racconta la storia, sembrano a volte più degli uni a volte più degli altri.

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