Prospetti 2008: quarterback

Matt Ryan da Boston College, sarà  il primo quarterback scelto al draft?

Le "solite" fonti anonime hanno definito, durante le combine di Indianapolis, la classe dei quarterback 2008 come la più scadente mai apparsa ad un draft Nfl. Diciamo "solite" perché, in questi casi, i media americani si riempiono costantemente di giudizi anonimi e riesce sempre difficile capire se si tratti di affermazioni reali o di giornalisti che per rafforzare una propria tesi, aggiustano qualche parola sentita qua e là . Difficile fare paragoni col passato, difficile anche pensare che nessuno dei nomi presenti sia un minimo interessante per un futuro Nfl, così come è difficile pensare che qualcuno non possa essere un prospetto molto più interessante di quanto non dicano nome, numeri e giudizi vari. La cosa certa è che il valore tra i giocatori sembra piuttosto livellato fatta eccezione per un paio di atleti, così come sembra scontato, oggi, che nessuno di questi giocatori sia adatto a far riempire tutte le prime pagine dei giornali. Ultimo passaggio del viaggio attraverso i prospetti di Playit, tocca ai quarterback, il ruolo più importante di ogni squadra. Se volete dare poi un'occhiata su quale potrebbe essere il primo chiamato e dove potrebbe finire, seguite anche il mock draft sul nostro sito.

I primi della classe

Se pensiamo a quali potrebbero essere le squadre interessate ad un quarterback al prossimo draft è facile intuire che una chiamata piuttosto alta non è assolutamente da escludere. Difficile che Miami, pur con qualche problema nel ruolo, si butti su un QB, ma Atlanta (e qui siamo alla 3) è una papabile candidata per la scelta, così come, scendendo, non è da escludere che un pensierino lo rivolgano verso certi nomi anche Jets, Bears, Chiefs, squadre che come priorità  hanno certamente altro ma che, per motivi differenti, devono trovare il modo di risolvere la questione dietro al centro.

Inutile dire quindi che il secondo giro potrebbe essere una scorpacciata di quarterback e, verosimilmente, al primo round ci si dovrà  "accontentare" di due nomi. I favoriti a uscire tra i primi 31 per il 2008 sono senza dubbio Matt Ryan e Brian Brohm. Ryan (6-4 piedi, 228 libbre, senior) esce da Boston College e, benché per molti analisti non potrà  mai essere un giocatore franchigia al piano superiore, è certamente quello del lotto che, a pelle, vi si avvicina di più. Dotato di un grande talento e capace nella stagione da senior di esplodere a livelli impressionanti regalando ai propri Eagles un campionato da favola, Ryan necessita di lavorare sulla riduzione degli intercetti (29 nelle due stagioni da titolare), ma non servirà  molto altro, al suo stile di gioco, per renderlo da subito un solido titolare da Nfl.

Dotato di buon braccio ed eccellente meccanica, non è accuratissimo né possiede un bazooka al posto degli arti superiori, ma in campo sa starci perfettamente sia a livello fisico che tattico. Abile nelle letture sembra pronto ad adattarsi al più presto al gioco del piano superiore, ed a renderlo molto appetibile è il modo in cui i compagni parlano di lui. Ribattezzato "Matty Ice", Ryan ci viene raccontato come leader puro, freddo e mai sotto pressione, un capitano che entra nell'huddle, chiama il gioco, esce ed esegue. Una freddezza ed una meccanicità  perfette. Esploso definitivamente nel suo ultimo anno, Ryan è il motivo principale dell'ottima stagione di BC, conclusasi con tre sconfitte e la vittoria al Champs Sports Bowl su Michigan state (24-21); quattro volte in stagione sopra le 400 yard a partita, Matt Ryan ha chiuso la carriera collegiale con 9313 yard lanciate e 56 touchdown.

Brian Brohm (6-4, 224, SR) da Louisville è il suo diretto concorrente nella corsa al gradino più alto del podio. Non troppo mobile fuori dalla tasca come il prospetto precedente, il giocatore dei Cardinals ha però dimostrato maggiore movimento e controllo nella tasca, dove riesce a muoversi bene dietro le coperture e cercare il lancio giusto. Vittima di alcuni problemi fisici negli anni scorsi, Brohm sarebbe quasi certamente la scelta dei Falcons alla 3 se non fosse che Bobby Petrino (suo coach due anni fa a Louisville) sia finito col fare le valige in fretta e furia prima del termine della sua prima stagione in Georgia per tornare al college.

Molti sono convinti che Brohm avrebbe trovato spazio anche nel 2007 come terza scelta nel ruolo, ma a posteriori, visto il risultato di Brady Quinn, sappiamo come sarebbe andata a finire per questo giocatore. Probabile che non sarebbe riuscito ad evitare un secondo giro, certo che non avrebbe mostrato i netti miglioramenti, comunque costanti di anno in anno, ottenuti nel suo anno da senior.

Braccio potente anche se non da cannonate "a tutto campo", preciso e buon atleta (nel 2004 fu scelto all'MLB amateur draft dai Colorado Rockies), Brohm porta con sé la capacità  di apprendere rapidamente schemi e suggerimenti tecnici, fattori che lo rendono, in prospettiva, un quarterback molto più portato di Matt Ryan per una carriera interamente da titolare. L'altra faccia della medaglia è che a Louisville sembra aver giocato in un attacco basato su lanci spesso poco rischiosi ed adatto ad alzare ottimi numeri. In campo per vari spezzoni già  nell'anno da freshman, Brohm ha messo piede sul rettangolo verde per 44 volte, ed ha lanciato almeno un completo nelle 11 apparizioni al suo anno di esordio, compreso il Liberty Bowl vinto su Boise State.

Piazzato dietro ad una buona linea che lo ha ben difeso, si è destreggiato ottimamente nel 2006 (3049 yard, 16 TD, 5 INT) quando, nonostante due gare perse per un problema al pollice, Louisville chiuse con una sola sconfitta e vinse l'Orange Bowl contro Wake Forest spinta anche dalle 311 yard del proprio QB che, subito dopo, sarebbe finito sotto i ferri per un intervento alla spalla. Il 2007 è poi l'anno della consacrazione nonostante i pessimi risultati ottenuti dalla squadra che non trae alcun giovamento dal cambio di head coach; Brohm passa comunque le 4000 yard e tocca il 65.1% di completi. Sale anche il numero di intercetti, 12, ma a fronte di uno straordinario "30" scritto nella casella dei lanci da sei punti.

In carriera chiude a 10775 yard con 71 TD pass e 24 intercetti; difficile vederlo inseguire Matt Ryan, anche se la verità  è che il talento di Boston College sembra più integro fisicamente e più pronto al grande salto in tempi brevi. Diversamente, non volendo cercare l'impatto (quasi) immediato, ma volendosi buttare su un giocatore che, se resta sempre sano (tre problemi di infortunio, uno all'anno, in Nfl diventano un rischio altissimo), è in grado di migliorare e di garantire un game plan dove far girare magistralmente l'ovale senza forzature e a basso rischio turnover, ecco che allora Brohm è la scelta giusta.

I due come numeri da professionisti potrebbero arrivare ad assomigliarsi; il primo è certamente più abituato a giocare in situazioni di difficoltà  (BC ha avuto un programma decisamente inferiore a Louisville negli ultimi quattro anni) con continuità  e freddezza deve però migliorare sul lato intercetti (29 negli ultimi due anni). Il secondo, forse più baciato dal destino e nato per giocare a football, tecnicamente leggermente migliore, stilisticamente più diretto agli occhi degli osservatori, efficace e capace di emergere negli eventi che contano. Dalla parte di Ryan carattere e leadership che gli permettono di prendere di polso la squadra e non, viceversa, di essere trascinato da essa; da quella di Brohm una maggiore fluidità  di gioco, un miglior ritmo offensivo ma, all'apparenza, poco incline a forzare recuperi di punteggio e a giocare dietro una linea non sicurissima e che gli garantisca tempistiche ottimali per trovare un ricevitore benché il rilascio e il timing di gioco coi propri colleghi siano a buonissimi livelli.

Se potete, andate a rivedere qualche loro partita e scegliete chi preferite; al draft ci penserà  chi di dovere a sciogliere gli enigmi.

Joe Flacco: sleeper, terzo incomodo o fuoco di paglia?

Non è cosi frequente trovare così alto nei ranking del ruolo un giocatore che esce da un programma di DI-FCS; andando a memoria ci viene in mente Steve McNair, che ad Alcorn State corse persino per vincere un Heisman Trophy. Ora tocca a Joe Flacco e la cosa più importante da capire è se il gradimento del giocatore è cresciuto grazie alla presunta mediocrità  degli altri prospetti o se si tratta realmente di un atleta in grado di approdare in Nfl per fare il mestiere di quarterback in modo impeccabile. Servirà  tempo, lo diciamo subito, perché uscire da programmi come Delaware e sfondare immediatamente significa una sola cosa: essere d'innanzi a un fenomeno assoluto del quale nessuno si era mai accorto.

Joe Flacco (6-6, 236) comincia l'avventura collegiale per Pittsburgh, nel 2003, dove gli tocca una redshirt; gioca poco nel 2004 quando è riserva di Tyler Palko e si trasferisce alla Delaware University dove trova spazio come titolare nel 2006. Il primo anno è buono, ma a fronte di un gioco ordinato, senza eccessi e con pochi intercetti (10), non arrivano nemmeno giocate memorabili e il numero di sack subiti sale a 23 in 11 gare. Il 2007 lo consacra come migliore della FCS mentre tutti si aspettavano Ricky Santos da New Hampshire; Flacco lancia 4263 yard, 23 TD pass e solo 5 intercetti completando il 63.5% dei passaggi e guidando i Blue Hens ad una immensa cavalcata fino alla finale per il titolo nazionale.

Il quarterback passa le 400 yard in due occasioni: la prima nello scontro diretto (perso) proprio contro Santos (419), la seconda nella bella vittoria su un programma di DI-FBS, Navy, quando con 434 yard Flacco spinse i propri colori oltre i Midshipmen (59-52). Altre due sconfitte nel finale di stagione (una in OT, l'altra di soli 6 punti) e la cavalcata nei playoff che si arresta solo nella problematica e discussa finale contro Appalachian State dove i giustizieri di Michigan si impongono 49-21 e vincono il titolo per la terza volta consecutiva.

In quella partita Flacco non è precisissimo, la difesa di ASU gli mette addosso una buona pressione, chiude molte tracce, e lui crolla sotto il 50% dei completi pur arrivando a 334 yard, un lancio per TD e nemmeno un intercetto. E' il giorno in cui il suo nome prende quota nei taccuini degli osservatori, nonostante la sconfitta e una prova non da 30 e lode. Il Senior Bowl e le combine evidenziano un quarterback preciso, dotato di un lancio accurato che si aggiunge ad una stazza invidiabile, ma ci teniamo a ricordare che Flacco non ha mostrato le stesse qualità  in carriera.

Poco mobile e non potentissimo di braccio, il prospetto da Delaware pare sì in grado di giocare ogni tipo di lancio, ma è altresì troppo piantato sui piedi che non muove a dovere, non sembra avere un grande istinto ed una buona improvvisazione e la meccanica va rivista. Abbiamo potuto seguirlo certamente poco, mentre "colleghi" di Playit garantiscono, direttamente dagli States, sulle buone qualità . Il punto è capire perché, ad esempio, a Pittsburgh gli sia stato preferito Tyler Palko e come mai, andatosene dalla Pennsylvania, sia dovuto scendere di categoria per trovare il minutaggio da titolare in campo. E' maturato in ritardo rispetto ad altri o, semplicemente, il suo valore è quello di una DI-AA? Difficile dirlo, certo il sapore della scommessa è affascinante ed i numeri su cui lavorare non sembrano poi così male. A 23 anni c'è spazio per garantirgli un paio di stagioni di apprendimento prima di lanciarlo nella mischia, ma siamo davvero sicuri che gli altri nomi che escono da programmi superiori, e così tanto snobbati, siano inferiori? Tanto più a livello di esperienza di gioco e di difficoltà  di carriera, come si può affermare serenamente che Flacco, in futuro, varrà  molto di più? Eppure, con tutto questo parlare, finirà  davvero che Flacco uscirà  come terzo quarterback del draft (alcuni analisti lo considerano addirittura il secondo miglior giocatore del lotto). Intendiamoci, il talento non è certo male a occhio e croce, ma parliamo di un giocatore che vale un terzo giro ed invece, quasi tutti, mettono al secondo. Ne varrà  la pena?

Gli inseguitori

Se quindi Flacco è un secondo giro, viene da chiedersi perché non lo siano Chad Henne, John David Booty o André Woodson. Henne (6-2, 230, SR, Michigan) è un giocatore che a noi non dispiace per nulla. Vittima di numeri non impressionanti (le 2743 yard lanciate da freshman rimangono il suo primato al college) e di una stagione disastrosa dei suoi Wolverines, il ragazzo paga forse una pressione costante riversata su di lui nel campo delle aspettative. Dopo un avvio di carriera folgorante, Henne si è un tantino arenato su alcune incertezze senza riuscire a migliorarsi in certi aspetti fondamentali. Inconsistente sotto pressione dove non trova mai e poi mai il modo di giocare pulito, Henne porta comunque con sé alcuni fattori da non sottovalutare: è rapido, sa muoversi bene, ha un braccio piuttosto potente, un bel tocco sul pallone e una buona gestione sul rilascio anche se gli serve spesso troppo tempo per leggere il gioco. Adatto a più sistemi offensivi Henne sarà , nella peggiore delle ipotesi, un buonissimo backup, garanzia che prospetti sulla carta migliori sembrano non poter dare nel caso si rivelassero dei buchi nell'acqua.

Il fatto di non aver poi mai smussato i propri difetti e di non essere mai davvero cresciuto, oltre ad affondare nella pessima stagione di Michigan come senior, lo rendono però un rischio su cui non spendere una chiamata troppo alta. Bisogna però ricordare che il giocatore ha 4 anni da titolare alle spalle in Big Ten, ed ha guidato Michigan al Rose Bowl (poi perso con USC) dopo la stagione 2006 chiusa con una sola, decisiva, sconfitta contro Ohio State che ne arrestò la corsa per l'accesso alla finale per il titolo. Evidente che abbia bisogno di un ottimo coaching staff alle spalle, ma il giocatore non va letto solo attraverso i numeri né tantomeno è utile sottovalutarlo. Certo, il fatto che abbia spesso perso gli incontri decisivi non va a suo vantaggio, ma giova ricordare come, soprattutto nelle ultime due stagioni, il gioco offensivo fosse più priorità  per il RB Mike Hart che non per il suo gioco aereo che poteva contare, quest'anno, quasi solo sul potenziale di Mario Manningham.

Su John Booty (6-2, 218, SR, USC) si sono spese tante parole, soprattutto sui parenti che hanno riempito pagine di football tra licei, college, Nfl e qualche consanguineo finito anche in Mlb. L'erede di Matt Leinart a Southern California ha dimostrato di possedere numeri discreti ma non eccezionali e di essere, nel dettaglio, un ottimo tattico in campo più che una vera arma micidiale. Non potentissimo di braccio e piuttosto fermo sulle gambe, Booty legge perfettamente le difese avversarie capendone i segreti e trovando il modo di batterle ma, da quel che si è visto e letto in questi due anni, non è molto abile a cambiare marcia quando le cose non vanno al massimo né di reggere a una pressione difensiva troppo forte. Non eccellente sul profondo si distingue per una buona meccanica che ne fa supporre l'esistenza di un buonissimo talento su cui, tutto sommato, si potrebbe lavorare bene. Due anni con apparizioni frequenti e altrettanti da titolare per alzare sempre almeno il 60% dei completi (61.7% per l'esattezza, da freshman si fermò a 50% lanciando però solo 14 palloni), una carriera da 6125 yard e 55 TD; non sembra avere il talento che, al college, contraddistinse Leinart o Carson Palmer, ma non è nemmeno un giocatore da scartare a prescindere. Al terzo round sarebbe un bel regalo, più probabile che qualcuno chiuda su di lui al secondo.

André Woodson (6-4, 299, senior) sembra l'ultimo giocatore su cui scout e analisti sprecano le parole "secondo giro"; prospetto indubbiamente interessante sta creando più di una discussione sul suo futuro e non sono poche le controversie che lo riguardano. Da un lato abbiamo un sacco di voci che ci dicono che il talento è da Nfl, senza discussioni, dall'altro si parla della sua meccanica e del suo rilascio poco pulito come limiti che lo rendono uno dei tanti, un terzo gruppo parla di un giocatore da non tenere nemmeno in considerazione prima del terzo-quarto giro. La verità ? A noi il ragazzo piace molto, ci piace la sua storia ed il modo in cui è cresciuto tirando fuori la sua università , Kentucky, dalla melma per portarla in posizioni più che dignitose.

Ennesimo quarterback di questo draft tipicamente da tasca, al ragazzo si può imputare il fatto di essere poco mobile, di non avere grande presenza tra i tackle, di non essere bellissimo a vedersi, ma nel suo piccolo è un giocatore che crea un grosso vantaggio per i suoi compagni grazie a buone letture, accuratezza, tempismo e potenza. Un giocatore che, onestamente, metteremmo davanti a molti dei nomi fatti finora e, ovviamente, a quelli che seguiranno, perché ciò che ha fatto in maglia Wildcats non è roba per tutti.

Catapultato in campo nel 2004 per qualche rapida apparizione, nel 2005 è diventato titolare contribuendo a vincere tre sole gare in stagione e creando un rapporto tra TD e INT assolutamente pari (6/6 e 1644 yard). Acquisita dimestichezza ha però esorcizzato il rischio di finire sulla sideline a guardare i compagni giocare nel suo anno da junior, lanciando per 3515 yard, 31 TD e soli 7 intercetti, spingendo la squadra a perdere solo 5 volte rovesciando completamente il record negativo del 2005 e vincendo il Music City Bowl contro Clemson con una superba prestazione (20/28, 299 yds, 3 TD). L'America si accorge di lui e, nel 2007, chiude la carriera come senior togliendosi altre soddisfazioni; vincendo 15 delle ultime 22 gare disputate al college, Woodson viaggia tra gli alti e bassi della propria squadra (ancora 5 sconfitte la scorsa stagione) per portare, a un certo punto, Kentucky fino alle prime 10 posizioni del ranking nazionale e battendo la #1, e futura campione nazionale, Louisiana State in un drammatico overtime lo scorso ottobre. Chiuso con 3709 yard, il 63.1% di completi e 40 TD (11 INT) l'ultimo anno diviene chiaro a tutti che il talento in questione non sia poi così male, ma le perplessità  rimangono e sono soprattutto legate alla mobilità  e alla scarsa presenza nella tasca che, a volte, lo rendono troppo fragile sulla pressione avversaria.

Cielo grigio e cielo blu: alcuni nomi dimenticati alla svelta

Sarà  anche che la mancanza di un vero, immenso, talento rischi di portare allo sbadiglio lo spettatore medio in attesa che qualcuno di questi quarterback cresca in Nfl e dimostri se le parole spese sono valse a qualcosa o no, ma è inutile negare che, fino a un paio di mesi fa i nomi dei prospetti interessanti sembravano di più. Che è accaduto? Nulla di che, solo che di alcuni sono emersi i reali difetti mentre, di altri, ci si è accorto che se il valore delle prime punte non è il top è comunque sufficiente a scalzare diverse opzioni dalla corsa per un posto al primo giorno del draft.

E' il caso di Colt Brennan (6-2, 207, senior, Hawaii), esaltato nel 2006 per il record di touchdown lanciati in Ncaa e seguito con estrema attenzione tutto l'anno durante la travolgente campagna di Hawaii nella WAC. Brennan si è sciolto di fronte a Georgia allo Sugar Bowl, contro una squadra ben organizzata e di livello superiore rispetto al resto del calendario affrontato dai Warriors in tutto l'autunno: 41-10 per Georgia, 169 le yard lanciate da Brennan, nessun TD pass, 3 intercetti, 8 sack. Un disastro. L'immagine di talento scalfita e, con le combine, completamente oscurata. Come ampiamente previsto da molti osservatori, anche qui su Playit, Brennan è un giocatore adatto ad un sistema specifico, efficace tra le Hawaii di una run-and-shot che lo ha aiutato a gonfiare numeri su numeri e vincere un sacco di partite. Non per niente il record di yard lanciate in Ncaa è di un altro quarterback delle Hawaii, quel Timmy Chang che, se possibile, aveva anche meno talento di Brennan ed oggi risulta disperso tra gli atleti senza contratto.

Brennan è però un ragazzo intelligente che ha saputo rifarsi di un passato piuttosto agitato per via del quale rischiò di giocarsi la possibilità  di rivedere un campo da football "serio". Dopo aver servito come riserva alle spalle di Matt Leinart alla Mater Dei High School, Brennan giungeva a Colorado come walk-on, ma finiva presto espulso dalla scuola per una irruzione nel dormitorio femminile in piena notte e col tasso alcolico non proprio al di sotto dei limiti legali. Un anno di junior college al Saddlebeck Community College, poi l'opportunità  di Hawaii di presentarsi alle selezioni, di nuovo senza una borsa di studio, ma con il tutto da guadagnarsi sul campo. Dedizione, impegno, una serenità  (ed una serietà ) ritrovata, ed ecco il biglietto d'ingresso dell'università  delle isole di Magnum PI. L'impegno ad imparare il samoano per comunicare meglio con molti dei suoi compagni di squadra, il successo, una leadership in squadra riconosciuta e l'affetto del pubblico.

Una storia affascinate, forse, che però non rende Brennan un giocatore migliore di quanto non sia, adatto ad un sistema ideato su misura per lui ma non così diffuso, e semplice, per la Nfl. Molti lo vedono al terzo giro, per noi ha un talento da quinto, non di più. Sperando (per lui) di sbagliare.

Erik Ainge (6-5, 220, senior, Tennessee) non ha la stessa particolare storia da raccontare, ma a sua volta era tenuto maggiormente in considerazione qualche mese fa. Nipote di Danny Ainge (sì, lui, quello dei Boston Celtics) sembra pagare, più che le qualità , comunque discrete, un fisico non proprio d'acciaio. Quattro anni da titolare nella SEC sono importanti per crescere a dovere, ma il ragazzo ha visto saltare la spalla (nel 2004), il collo (2005), la caviglia (2006) e il ginocchio (2007); certo, sta ancora in piedi, ma in Nfl quanto è a rischio un giocatore così?

Matt Flynn (6-2, 231, senior, LSU) ha riposato per anni dietro JaMarcus Russell prima di guidare per un anno LSU, perdere due sole gare in overtime e vincere il titolo nazionale. Il punto è che Flynn, per quanto preciso e disinvolto in campo, non sembra un fenomeno e le sue quotazioni sembravano salire, di settimana in settimana, grazie ai risultati della squadra che, nella sua pur brillante prova in finale (19/27, 174, 4 TD, INT), hanno visto l'esaltazione del reparto offensivo prima di ogni altra cosa.

Occhi puntati

Attenzione ora ai nomi sulle puntate a rischio, le scommesse che meritano di essere fatte su atleti che potrebbero anche risultare undrafted a fine aprile. Anthony Morelli (6-3, 231, senior, Penn State) esce dall'università  con più di un dubbio, soprattutto riguardo alla "testa", ossia alla capacità  di reggere la pressione e di giocare "da solo" la gara. Ha bisogno di una guida che lo curi e lo cresca nel modo giusto, ha bisogno di un coaching staff che abbia voglia di continuare lo sviluppo. Giocatore preciso e che difficilmente forza le giocate, è sembrato sempre accontentarsi del compitino (o forse non è in grado di fare di più?), di conseguenza è evidente che serva tempo al ragazzo per farsi trovare pronto per la Nfl. Cresciuto però sotto l'ala protettrice di Joe Paterno, che alleva uomini oltre che giocatori, è evidente che si avrà  a che fare con un giocatore voglioso di lavorare, imparare e senza grilli per la testa. Quarterback da tasca senza troppe finezze tecniche può interessare squadre orientate soprattutto sul gioco di corse che cerchino un passatore in grado di sprecare pochi palloni e di tenere il campo con dignità  mantenendo ritmo per il team offensivo.

Con tutto il parlare che si è fatto di Joe Flacco ci si è forse scordati che il miglior quarterback di FCS degli ultimi anni è stato Ricky Santos (6-2, 215, senior) vincitore di un Walter Payton Award (l'Heisman di DI-AA) nel 2006 e autore di una carriera più che ottima. Se si dà  considerazione a Flacco, forse perché talento da FBS, non si può sottovalutare questo giocatore da 30 TD di media in 4 campionati e che solo nella stagione da senior, decisamente sottotono, non ha passato le 3000 yard lanciate (cosa che si ripeteva puntualmente dal suo anno da freshman) fermandosi a 2972. Sempre oltre il 64% di completi (64, 70.2, 67.8 e 73.1) ha chiuso il quadriennio con 13212 yard e un ottimo bilancio tra TD e intercetti (123 a 33 il totale quando solo all'esordio è arrivato in doppia cifra nella seconda categoria -10 intercetti tondi tondi-). Superato dallo stesso Flacco, quanto a potenziale, solo nell'ultima tornata dove era previsto come All-America per la sottodivisione di appartenenza, Santos paga soprattutto il fatto di non aver mai portato New Hampshire almeno alla finale per il titolo raggiungendo al massimo i quarti di finale. Visto il livello tendente al basso di questo 2008, però, non vale la pena liquidarlo così alla svelta, soprattutto se il punto di riferimento di quest'anno, per la FCS ed in generale, è Flacco, anche se quest'ultimo, nello scontro diretto, perse la partita ma vinse lo scontro diretto col quarterback dei Wildcats.

Ancora FCS e ancora occhi puntati su un talento particolare, quel Josh Johnson da San Diego (6-2, 213, senior) entrato al college senza borsa di studio per meriti sportivi e che ha imparato a lanciare da Jim Harbaugh (oggi head coach di Stanford, già  QB coach in Nfl). Johnson è atleta rapido, mobile, con una buona tecnica di lancio e ci viene descritto come atleta bisognoso di un coach in grado di mettere in ordine alcuni difetti mentre questi apprende al meglio playbook più pesanti da digerire e studia le difese professioniste. Cresciuto in un college senza troppe prospettive di vittoria, Johnson ha messo in evidenza doti atletiche ed un fisico davvero buoni; con lui i Toreros hanno perso pochissime gare mentre il ragazzo alzava numeri interessanti con un ottimo rapporto tra TD e intercetti (mai in doppia cifra in questa seconda categoria). Anche gli analisti, comunque, faticano a pesare nel modo giusto un giocatore che non ha affrontato grandi ostacoli nella propria carriera e proviene da un programma minore; si va sulla fiducia di quanto evidenziato nello (East/West) Shrine Game dove è stato eletto MVP e negli ottimi numeri messi a referto grazie a un fisico mobile ed atletico ed una tecnica descritta come buona su rilascio e meccanica.

L'ultimo nome che ci verrebbe voglia di citare è quello di Dennis Dixon (6-3, 195, senior, Oregon) cioè, tra i giocatori che meno spiccano negli eleggibili, il più interessante per via di una ottima presenza nella tasca e la capacità  di muoversi sulle gambe con agevolezza per trovare la giocata. Tecnicamente valido, interessante prospetto nonostante il bisogno di rinforzarsi un po' a livello fisico, su di lui pesa il rischio infortunio dopo che i legamenti hanno ceduto nel 2007 interrompendo la corsa verso un Bowl BCS dei Ducks ed impedendogli di esibirsi alle combine. Lo aspettano tutti ai workout di Oregon, dove potrebbe recuperare posizioni, anche come wide receiver, visto che atleticamente avrebbe tutte le carte in regola per farlo… a meno che il baseball non torni ad essere una tentazione molto forte come in passato. Considerato un papabile Heisman Trophy per buona parte della stagione ha pagato salatissimo il conto di quei legamenti che improvvisamente lo hanno abbandonato durante la gara contro Arizona che costò la seconda sconfitta stagionale di Oregon (poi battuta altre due volte di fila). Forse la sua università  non gli avrebbe garantito l'accesso al Championship (anche se, vista la strana stagione, e con una sola sconfitta…), forse, quasi certamente, l'Heisman sarebbe comunque andato a Tim Tebow ma, oggi, senza questi dubbi sulla sua salute, avremmo un prospetto su cui spendere certamente qualche parola in più. E qualche posizione al draft, anche. Se sta bene è certamente un Top5 per questa classe 2008, vista anche la sua versatilità , diversamente rischia di restare un giocatore incompleto per sempre.

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