Super Bowl XLII: la tattica

TomCoughlin ed il suo staff hanno imbavagliato un attacco fortissimo.

Il Super Bowl XLII ed il suo storico upset sono da poco andati negli archivi, i New York Giants hanno marciato festanti in due distinte parate, facendosi acclamare sia a Manhattan che nel New Jersey giusto per non fare torti a nessuno, celebrando la loro grande impresa.
Impossibile, incredibile, inimmaginabile, questi gli aggettivi più abusati per descrivere uno degli eventi più memorabili nella storia della competizione, aggettivi che provengono dall'incredulità  scaturita nel veder cadere una delle migliori squadre di tutti i tempi davanti ad un avversario che ad inizio anno non avrebbe nemmeno dovuto fare i playoffs.
Al di là  degli ipotetici valori sulla carta, ogni fatto che si verifica ha una sua origine e motivazione: il fine di questo articolo è quello di scoprire quali siano state le chiavi tecnico-tattiche che hanno voltato la serratura in favore dei Giants nella costruzione di questo successo, nonché quello di individuare quelle piccole cose che rimangono invisibili ai più, ma che contengono molto del fascino di una partita di football americano.

Il principio interpretativo generale della partita da parte dei New York Giants è stato chiaro fin da subito, nei possessi offensivi il fine era quello di tenere il controllo del cronometro, stessa filosofia applicata nella vittoria di Dallas, mentre in quelli difensivi la missione era unicamente il mettere una forte pressione su Tom Brady per non dargli ritmo, e non permettergli di trovare Randy Moss sul profondo.
Per i Patriots, invece, la gara andava fatta su Plaxico Burress, pericolosa arma dalla facile connessione con Eli Manning, e sul contenimento delle corse di potenza degli avversari tramite le letture d'anticipo dei linebackers, mantenendo coperture a zona nei giochi di passaggio. Offensivamente, oltre alle bombe su Moss, era importante mantenere equilibrio con guadagni medio-corti su Wes Welker e Kevin Faulk, ed imporre le fondamentali corse di Lawrence Maroney.

Nel primo drive della partita, inconsuetamente lungo per un Super Bowl, i Giants hanno effettuato giocate semplici ed atte a guadagni consistenti già  nei primi downs; contrariamente alla normale sceneggiatura conservatrice di molte altre squadre, Kevin Gilbride ha usato spesso i lanci al primo tentativo cercando di trovare Burress in singola copertura, alternandolo tra il consueto posizionamento esterno e quello interno, il cosiddetto slot. In caso contrario, a Plaxico veniva assegnata una traccia profonda per attirare il raddoppio della safety, mossa che ha consentito in situazioni critiche di trovare libero uno tra Amani Toomer e Steve Smith.

Circa le corse fisicità  era l'ordine supremo, dato il vantaggio di peso della linea offensiva dei Giants rispetto ai diretti avversari e la presenza di due running backs tosti come Brandon Jacobs e Ahmad Bradshaw, il primo utilizzato per andare dritto e forte, il secondo per trarre in inganno la difesa e concentrarla nel mezzo, sfruttandone la capacità  di tagliare il campo d'improvviso senza perdere un grammo di potenza. Per avere successo dalle azioni su terreno sono stati fondamentali i raddoppi su Vince Wilfork, pesante e forte al punto di sbarazzarsi anche di due uomini di linea contemporaneamente, nonché gli assegnamenti del tight end Kevin Boss, autore oltre che di una spettacolare ricezione di 45 yards, di una partita solida in fase di bloccaggio.
Jacobs e Bradshaw sono stati fondamentali pure in un altro aspetto, la protezione del quarterback: parte della tranquillità  avuta da Manning per lanciare è stata fornita anche dall'aiuto in bloccaggio dei due corridori, bravi a riconoscere il blitz di volta in volta selezionando sempre l'uomo corretto da prendere.

Di questo aspetto, ne è testimone l'eccellente giocata che ha portato alla ricezione di Toomer in territorio avversario, nello stesso drive terminato con l'intercetto di Manning: nello svolgimento dell'azione, Jacobs pattugliava la zona alla destra del quarterback mentre ben due ricevitori andavano in movimento, creando una reazione da parte dei cornerbacks a loro assegnati.
La capacità  di lettura pre-snap di Manning era fondamentale per la riuscita del gioco, il regista ha puntualmente letto il blitz di Asante Samuel, bloccato da Jacobs, intuendo che Toomer si trovava in singola copertura contro Ellis Hobbs. La palla era indirizzata all'esterno ed un miracolo di concentrazione del wide receiver (oltre ad un sospetto face mask, a dire il vero) si è reso necessario a completare il gioco, che è stato però interpretato nel miglior modo possibile.

Una variante di questo gioco è stata tentata nel corso della partita senza esito positivo, proprio per la bravura di Samuel nell'intuire quanto stava accadendo: Toomer, schierato a destra, doveva percorrere 10 yards e tagliare nel mezzo di 45 gradi (traiettoria post), Burress doveva invece effettuare il medesimo taglio dal lato opposto dopo un a traccia più lunga, terminando la sua corsa in endzone. Il primo taglio, quello di Toomer, aveva la funzione di portare via un cornerback o una safety e liberare Burress (marcato a zona, quindi mollato dal corner una volta superate del 10 yards) uno contro uno dal lato opposto per una ricezione da touchdown. Il gioco non ha funzionato perché Samuel aveva capito che non sarebbe stato il primo tagliante il destinatario del passaggio, e che il movimento di Toomer era costruito apposta per trarre in inganno i difensori: Asante ha chiuso così in raddoppio su Burress deviando il pallone con le dita, salvando una potenziale meta di New York.

L'attacco dei Patriots si è trovato chiuso ai lati esterni, perché la difesa applicava una marcatura a uomo sostanzialmente perfetta, e Brady non poteva che agire negli spazi interni.
Il primo drive di New England, quello della meta iniziale, si è compiuto con successo per la versatilità  delle tracce percorse dall'ottimo Welker, che eludeva la stretta marcatura con delle finte ed istantanei cambi di direzione sul corto, azione che gli garantiva grandi spazi davanti per importanti guadagni post ricezione. Welker è tornato utile nel drive del 14-10, nel quale il piccolo wide receiver ha battuto le coperture a ripetizione, ed il fatto che i Pats siano andati a punti non è stata certo una coincidenza.
Le poche serie dotate di continuità  sono state caratterizzate dalle puntuali uscite dal backfield di Kevin Faulk, gli screen lanciati su di lui consentivano infatti un rilascio veloce del pallone (rimedio contro la pressione) e trovavano la difesa sempre concentrata sul profondo, senza possibilità  di fermare l'azione prima del raggiungimento del primo down; anche qui, non è un caso se l'attacco ha incontrato parte dei suoi problemi proprio durante il temporaneo infortunio di Faulk.
L'estrema pressione portata dai Giants ha fatto perdere a Brady un importante riferimento, il tight end: Ben Watson era infatti costantemente impegnato come bloccante aggiunto senza poter essere destinatario utile per le ricezioni nelle uniche zone scoperte, quelle interne; la meta del 7-3 è nata dall'unica azione dove Watson aveva libertà  d'azione, trovandosi irregolarmente trattenuto in endzone da Antonio Pierce.

L'attacco è andato in stallo per due motivi, il primo l'assenza totale di possibilità  profonde visiti i raddoppi su Moss, il secondo l'insuccesso delle poco utilizzate corse di Lawrence Maroney: Tom Brady ha osato la profondità  senza successo alcuno, in quanto tre palloni indirizzati a Moss (che ha ricevuto poco e solo in traiettorie che tagliavano all'interno del campo, laddove arrivano i fastidiosi placcaggi di gruppo) sono finiti non poco fuori misura, mentre molte delle corse venivano stroncate sul nascere per via dei tatticismi inseriti da Steve Spagnuolo.
Il malfunzionamento delle corse, probabile motivo per cui Belichick via ha progressivamente rinunciato, è univoco: la linea offensiva non ha interpretato i propri assegnamenti in maniera corretta, in molti casi Osi Umenyora non veniva raddoppiato e batteva spesso Matt Light uno contro uno, mettendo quasi sempre per primo le mani su Maroney, creando o un placcaggio o quantomeno un rallentamento dell'azione, poi terminata da un compagno presente nelle vicinanze.

Altro motivo di improduzione offensiva, (i Patriots avevano 33 yards di total offense a 1:47 dal termine del primo tempo) sono stati gli eccellenti pacchetti di blitz preparati da Spagnuolo.
I Giants, nelle situazioni di passaggio più o meno dichiarato, si diponevano con due linebackers, Pierce e Mitchell, quasi allineati alla linea difensiva, ed in alcuni casi Justin Tuck veniva schierato da defensive tackle, altra chiave di lettura del match.
Mitchell risultava essere il centro dello schema, era il suo movimento che tendeva a confondere Brady: Pierce, infatti, partiva in blitz con immediatezza, mentre lo stesso Mitchell fintava di coprire la zona per qualche secondo o indietreggiava in copertura per qualche yarda, per poi partire con un blitz ritardato.
Il problema nasceva dal fatto che la guardia offensiva, in questo caso Logan Mankins, non leggeva la penetrazione di Mitchell con immediatezza e si trovava a raddoppiare Umenyora, creando involontariamente la corsia necessaria al successo del blitz, che avveniva in questo modo a tutta velocità . Con tali presupposti, New England aveva rischiato una safety poi sventata dalla prontezza di Brady nello sbarazzarsi della palla.
Dicevamo di Tuck, ed ecco svelato l'arcano: tramite il suo allineamento da tackle sul medesimo lato di Umenyora la difesa ha creato una pressione molto forte, utile a contrastare le situazioni di passaggio dove Brady deve fare almeno cinque passi per indietreggiare. Per quanti raddoppi si potessero applicare, era chiaro che uno dei due rimane inevitabilmente uno contro uno, e da queste situazioni sono nate tutte le situazioni critiche al ritmo offensivo dei Patriots, che hanno raccolto Brady da terra per cinque volte, perdendo un fumble appena prima dell'intervallo.

Il risveglio dell'attacco dei Giants è avvenuto nel quarto periodo, nel momento più propizio.

La strategia difensiva di New England non era più la stessa per ovvi motivi, Moss aveva appena segnato la meta del sorpasso ed un field goal non bastava a pareggiare, quindi lo schieramento vedeva due o tre linebackers, blitz costante di Adalius Thomas (un sack per lui), Junior Seau in copertura e Mike Vrabel sulla linea di scrimmage con il compito di rovinare il timing della traccia del ricevitore più interno. I Pats hanno scelto quindi di concedere qualcosa e di diminuire la pressione sul quarterback.
Per affrontare questa situazione Gilbride ha scelto un attacco con tre opzioni, due ricevitori su un lato, ed il terzo esterno dal lato opposto; due delle tracce erano sempre profonde, mentre la terza era una hook, nella quale il Toomer o Smith di turno fintavano il profondo creando il distacco dal difensore tornando improvvisamente indietro. Due primi downs che hanno tenuto in piedi l'ultima serie sono arrivati proprio in questo modo.

Curioso infine notare che gli ultimi due passaggi di Manning, ivi compreso il touchdown vincente, sono scaturiti da schemi identici.
Con Burress a sinistra e doppio ricevitore a destra, nel primo caso Smith è uscito a ricevere nella cosiddetta flat, dove non era marcabile da nessuno perché Toomer gli aveva pulito la zona scappando in profondità , guadagnando pure due preziosissime yards extra per il primo down.
I movimenti dell'azione decisiva sono stati esattamente gli stessi, Manning ha cambiato semplicemente il lato della lettura: Burress ha puntato dritto verso Hobbs con gli stessi compiti dello schema precedente, ha fintato un passo all'interno sbilanciando il difensore e tagliando all'esterno trovandosi smarcato per la meta decisiva di una partita vinta grazie alle capacità  dei giocatori in campo, ma grazie anche alle lunghe sessioni davanti al video di chi ha preparato questa grande sfida studiando le tendenze di ciascun elemento.

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