Eli si allena per domenica, per confermare il suo momento strepitoso nel match dei match
Il Super Bowl è alle porte e se di Tom Brady si è a lungo parlato durante tutta quest'annata, sicuramente un po' più in ombra è rimasta la figura di Eli Manning. Certo, anche sul suo conto son state spese diverse parole, nel tentativo di rispondere alla domanda fondamentale su di lui: è un giocatore che può portare lontano la sua squadra ed essere decisivo nella raggiungimento di qualche prestigiosa tappa (per esempio" il Super Bowl)?
L'opinione pubblica è divisa e questo rende la discussione sportiva molto interessante: Eli Manning, il fratellino arrogante fin da quel giorno del draft; Eli Manning, quello che se ne fa intercettare con costanza almeno una a partita; Eli Manning della rinascita, che nel momento che veramente conta non ha più sbagliato. Un personaggio difficile da interpretare a pieno per il quale a contare sono dunque i fatti, le statistiche, che per gli Americani sono cibo quotidiano.
Elisha Nelson Manning, detto Eli, nato a New Orleans, classe 1981, fratello minore di Peyton. Dopo il college in Mississippi, nel 2004 entra nell'NFL come prima scelta assoluta al draft. Un'entrata però prepotente, antipatica: viene scelto dai San Diego Chargers ma rifiuta il trasferimento in California. E così avviene lo scambio tra rookie: Philip Rivers in California, Eli nella Grande Mela in cambio, oltre che del quarterback ora ai Chargers, di una seconda e una prima scelta entro due draft. Il #10 gioca 7 partite da titolare, ma non dà il meglio di sé: 55.4 di valutazione, 6 TD e 9 intercetti.
Dall'anno seguente, con la partenza di Kurt Warner, giocherà tutte le partite di New York fino ad oggi, portando a casa in ogni stagione un discreto bottino: 24 TD per due anni, 23 nell'ultimo, una rating medio pari a 75, con il picco lo scorso anno (77.0) e il punto più basso quest'anno (73.9). Una valutazione che, per un QB che si rispetti, è bassa: basti pensare a quelle dei grandi di quest'anno: Brady, 117.2; Favre, 95.7; Hasselbeck, 91.4; Roethlisberger, 104.1; Manning P., 98.0; Rivers, 82.4. Solo alcuni esempi, ma che dimostrano che Eli, pur capace di portare i Giants al Super Bowl, non è ancora un campione completo.
Fanno parlare anche le sue interception, che quest'anno hanno raggiunto la doppia decina. Solo Romo è riuscito a "tenergli testa" con 19, ma gli altri "grandi" non ne hanno fatti più di 15, fino al caso di Garrard, campione da 3 intercetti stagionali.
Di questo suo tipo di errori si è spesso parlato in regular, specie quando sono arrivati in momenti chiave dell'incontro. È il caso del match contro Minnesota, in cui 3 dei suoi 4 intercetti sono stati ritornati in touchdown, segnando una sconfitta per 47-17.
E poi? All'improvviso il grande cambiamento. Nell'ultima di regular i Giants hanno perso di soli 3 punti contro i Patriots. Certo, i Pats avevano pochi stimoli, ma di sicuro non volevano cambiare lo "0" nel tabellino delle sconfitte proprio all'ultima giornata. In quella partita Eli fa 22 su 32, segna 4 TD, il suo rate finale è di 118.6: solo la settimana prima era stato di 32.2. Così facendo, tra l'altro, va oltre la sua grande prestazione sfoggiata contro i Lions nella week 11.
Beninteso, da quel giorno Eli commette ancora piccoli errori, ma non più decisivi. Sembra più convinto, sicuro, riesce a ragionare quel secondo in più per fare la giocata migliore, come se le partite importanti lo esaltassero e rendessero più maturo. In questi playoff in cui Brady si rovina tutte le medie annuali o in cui Favre subisce l'intercetto più duro della sua carriera all'overtime, Manning sale dunque alla ribalta delle cronache. Ancora una volta parlano i numeri: contro i Buccaneers 20/27, 2 TD, 117.1 di rate; a Dallas 12/18, 2 TD, 132.4; in casa Packers la prestazione peggiore di questi playoff: nessun TD, 72.0 di valutazione, ma riesce a trovare i giusti equilibri per portare alla vittoria finale i suoi compagni. E ad accomunare questi 3 match di postseason è lo zero nella tabella degli intercetti.
Manning ora gioca cauto, senza azzardi: sembra aver finalmente capito i diversi errori di regular e sembra che anche coach Coughlin abbia capito che sia queto il modo giusto per assecondare le sue doti.
Ed ora, un anno dopo il fratellone, eccolo in campo per il secondo Super Bowl consecutivo della famiglia Manning. E al Super Bowl non tutti i giocatori hanno saputo arrivarci: per come ha saputo giocare e dimostrare in quest'ultimo mese, battendo entrambe le favorite dell'NFC, Elisha se l'è meritato.
Domenica potrà fare veramente il salto di qualità , cancellare gli errori fatti, zittire i critici: se New York ha (forse) poco da perdere in caso di vittoria dei Pats, per Eli la situazione è capovolta. Il match è il più importante della sua carriera, può diventare campione, oppure rimanere “solo” un buon giocatore da NFL.