In memory of…Sean Taylor

Ciao Sean, playit vuole ricordarti così, mentre sorridi al mondo, facendo ciò che adori.

Chi era, almeno su un campo da football, noi pazzi amanti di questo sport d'oltreoceano lo sapevamo benissimo, era una delle più forti safety della lega, un nome che quando parlavi di defensive back saltava quasi sempre fuori, era una persona come tante, ma con la fortuna di avere abilità  al di fuori del comune, un giocatore che non sarebbe mai entrato nella nostra "Who is this guy'" perché tutti, chi più chi meno, sapevamo chi era; già , era, usare questo termine parlando di un ragazzo di ventiquattro anni fa stare male, malissimo, perché sono gli anni in cui la vita ti sorride, in cui la spensieratezza e la voglia di fare si combattono i progetti, le idee, i sogni che desiderano diventare realtà .

Eppure ormai di Sean Michael Taylor dobbiamo scrivere utilizzando tutti i verbi dal passato, perché quel futuro che si celava dietro l'angolo gli ha riservato una svolta amara; amarissima per lui, ragazzo con tutta la vita davanti e amarissima per quella sua famiglia, composta dalla fidanzata e dalla figlioletta di un anno, Jackie, la persona che, a detta di molti, gli ha cambiato la vita. Eloquenti in merito le parole pronunciate in questi giorni da James Trash, ricevitore dei Redskins, "Da quando l'avevo conosciuto ad oggi Sean era cambiato tantissimo, come dal giorno alla notte, la nascita di sua figlia lo aveva fatto maturare come persona, gli aveva dato delle responsabilità  che lui aveva accettato senza compromessi, aveva avuto una crescita impensabile per un uomo."

Crescita che lo aveva portato ad essere uno dei leader dello spogliatoio di Washington e che soprattutto gli aveva permesso di lasciarsi alle spalle le turbolenze della gioventù, dagli sputi a Houshmandzadeh e Michael Pittman ai problemi contrattuali con la dirigenza dei pellerossa; la venuta al mondo di Jackie ha fatto si che Sean desse un taglio netto al passato, lasciando nell'oblio anche la brutta storia dell'estate del 2005, quando dopo un incidente d'auto venne accusato di aggressione a mano armata per aver impugnato una pistola.

Gli errori fanno parte della vita di un uomo, dicono, l'importante è sapersi rifare, saper ripagare il debito verso quel Dio chiamato in causa dal padre di Taylor, Pedro, capo della polizia di Florida City, facendo del bene al prossimo; bene che Sean non aveva esitato a fare, donando 1,000 $ a dieci scuole della South Florida Area per saldare il conto con lo Stato ed evitare le sbarre, così tanto "casalinghe" per i membri della famiglia ma opprimenti per uno abituato a vivere costantemente su un campo da football, sospeso tra l'odore dell'erba e i rumori, silenziosi, del cielo.

Perché Taylor era uno abituato a confondere quei rumori, quegli odori, quei stessi colori che ci regala il mondo tutti i giorni, correndo, mentre sfrecciava già  da ragazzino sui campi della high school, quando il suo talento immenso gli permetteva di giocare sia da runningback che da defensive back, con tanto profitto e tantissime lodi; negl'anni passati alla Gullvier Preparatory High School di Pinecrest, Florida, il giovane adolescente nato il 1 Aprile 1983 sale agli onori delle cronache, raggiungendo la vittoria del 2A State Championship nel 2000, dopo aver corso per 1,300 yards, 44 touchdown, e aver superato quota 200 tackles in stagione.

Numeri che l'avevano fatto entrare dalla porta principale del recruiting, asserendolo nelle posizioni più alte dei ranking della Florida, tanto da essere considerato il prospetto numero 1 della Dade Country dal Miami Herald e il giocatore più forte dello stato dal Gainesville Sun; riconoscimenti importanti, inutile negarlo, che gli valgono la chiamata da molte scuole e gli permettono di coronare di sogno di giocare per University of Miami, difendendo i colori di degli Hurricans, che ama fin da bambino, dopo aver rifiutato la corte serrata di Clemson.

Con "The U", squadra che si porterà  sempre nel cuore, Sean gioca tre stagioni, 2001-2003, continuando la lunga tradizione di safety uscite dall'ateneo di Coral Gables che annovera tra gli altri Ed Reed e Barnie Blades. Veloce ed agile conquista il posto nello starting lineup durante la stagione da Sophomore, unendo l'ottimo fisico ad una tecnica di placcaggio fenomenale che gli consentono di chiudere il torneo NCAA con 85 tackles, 1 forced fumble, e 4 intercetti; sempre nel 2002 conferma di essere il migliore defensive back della squadra intercettando due palloni nel Fiesta Bowl, perso 28 a 31, contro Ohio State.

L'ultima stagione al college è però quella della consacrazione per Taylor, che fa incetta di premi e nomine dopo aver guidato la nazione per la media di intercetti a partita, 0.98, ed aver pareggiato il record di palloni pizzicati da un Hurricane in un anno, record detenuto da Blades. Decisiva ai fini della nomina a "Big East Defensive Player of the Year" era stata l'ottima partita disputata contro i Pittsburgh Panthers quando con una grandissima prestazione annulla l'altro All-American Larry Ftizgerald, lasciandolo all'asciutto con appena 2 palloni ricevuti, per 13 yards, nell'arco dei sessanta minuti totali.

Finalista anche nel "Jim Thorpe Award", il premio che va al miglior DB della nazione, Sean lascia Miami University con in tasca il single season record di intercetti riportati in meta, 3 in tutto, e si appresta ad affrontare un draft NFL ricco di talento, con una classe tra le più floride di quelle uscite da "The U"; primo Hurricane scelto in assoluto, al quinto pick del primo giro viene chiamato dai Washington Redskins, apprestandosi a scrivere una nuova fase della sua carriera.

Carriera che subisce subito un'impennata durante la stagione da rookie, quando Taylor, che parte titolare in tredici delle sedici partite in programma, si conquista subito un posto fisso nella difesa dei Redskins e chiude la stagione tra i migliori del ruolo, totalizzando 89 tackles, 2 forced fumble, e 1 sack. Standard confermati anche nel 2005, dove nonostante i meno tackles messi a segno, 70, si produce in 1 sack, 2 forced fumble, e 2 intercetti, i primi della sua breve avventura nella NFL.

Sempre nel corso del secondo anno viene multato per aver violato il codice della lega nella partita interna contro i Philadelphia Eagles, quando d'accordo con il suo ex teammate di Miami U Clinton Portis, arrivato nel frattempo a Washington dopo un paio di stagioni a Denver, decide di indossare calzettoni diversi da quelli previsti dall'uniforme dei Redskins. Prima della fine della stagione arriverà  poi un'altra multa, molto più pesante, per la già  citata diatriba con Pittman che si concluderà  con un'ammenda di 17,000 $.

Dopo la caduta, in questo caso di stile, è prassi nei campioni che nasca la sete di rivalsa, di rivincita, la voglia di far tacere i soliti sciacalli pronti ad additarti, con i fatti, lasciando che il campo diventi l'ideale trasposizione dei propri pensieri. Il 2006 di Sean è infatti il suo anno migliore, è quello che lo trasforma in uno dei leader dello spogliatoio e lo accredita come una delle safety più apprezzate dell'intera NFL; termina la sua terza stagione con quello che rimarrà  il suo carrer-high, 129 tackles, 1 intercetto, 3 forced fumble e la prima, e purtroppo unica, convocazione al Pro Bowl della sua carriera professionistica.

Quest'anno Taylor, che era fermo da due partite, aveva finora messo a segno 42 tackles, intercettato 5 palloni, recuperato 1 fumble, e viaggiava verso il suo record personale di intercetti, visto che si era già  ampiamente lasciato alle spalle quei 3 con cui aveva concluso la sua seconda stagione in NFL. La sua ultima partita l'aveva giocata due domeniche fa, tra le mura amiche del FedEx Field, dove ora ci sarà  presumibilmente una scritta a ricordarlo, contro quegli Eagles che gli costarono la prima multa nella lega, al cospetto dei tifosi di quella stessa Philadelphia che dopo averlo incontrato per due volte ogni anno, ora non lo incontrerà  mai più.

La partita da rimandare ai posteri invece è quella del 2006 contro Carolina, week 12, il match che gli valse l'unico titolo "NFL Defensive Player of the Week" dopo una prestazione sublime che negli ultimi minuti della partita lo aveva visto protagonista, prima con un placcaggio decisivo su un quarto down, e poi con un intercetto che aveva negato il touchdown della vittoria a Delhomme e compagni, annullando le speranze di rimonta dei Panthers. Noi vogliamo ricordarcelo così, mentre nel gesto estremo di un atleta, con i nervi tesi ed i muscoli tirati, intercetta un pallone indirizzato all'avversario di turno celato tra i meandri dell'endzone; vogliamo ricordarcelo così, mentre salta con lo sguardo rivolto al cielo, quello stesso mare azzurro che ora speriamo lo accolga come un figlio, coccolandolo e permettendogli di giocare con gli angeli, lassù. Ciao Sean.

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