Favre tra storia e realtà 

Brett Favre sta guidando Green bay a una stagione strepitosa, ma il rinnovamento di Green Bay è ancora fermo e il futuro non così certo

Prima dell'avvio della stagione 2007 una delle certezze che condizionavano i commenti di tutti era che Brett Favre, ormai essere mitologico del pianeta Nfl, non sarebbe stato in grado di tornare il giocatore che ci aveva ammaliato tutti, e le ultime stagioni erano lì a dimostrarlo. Invece Green Bay veleggia a 9-1 e il buon Brett, personaggio positivo in ogni aspetto della sua celebrità , se la spassa con un rating di 96.2, grazie a 16 touchdown e 2757 yard. E' davvero tutto così bello? Per lui certamente, una seconda giovinezza e la possibilità  di mettere nero su bianco nuovi record da lasciare ai posteri, ma quanto ci guadagna Green Bay da tutto questo oltre, ovviamente, a una stagione sorprendentemente positiva?

Può apparire un discorso trito e ritrito, ma al di là  delle frasi di circostanza e dell'euforia del momento, Favre ha 38 anni e dietro di lui si sta annoiando, e sprecando, la prima scelta del 2005, Aaron Rodgers, che nella città  del Wisconsin ha goduto del solo freddo a disposizione di ogni abitante, tifoso o giocatore che sia. Tutto ciò che sta mettendo a referto il #4 serve a lui: gli 8 intercetti gli costano l'aver scippato George Blanda dall'essere ancora il quarterback più pizzicato di sempre, ma Favre è riuscito a cacciare fuori dalla porta dei numeri uno anche Dan Marino e, con poco meno di 1000 yard, Mr. Brett scavalcherà  il buon Dan the Man anche per numero di yard lanciate in ogni epoca (attualmente 61361).

Non male, no, qui si parla davvero di una leggenda, di una storia che si riscrive e che per qualche hanno rimarrà  intoccata (Peyton Manning è comunque in arrivo). Quando Brett Favre giunse a Green Bay da quelle parti non se la passavano molto bene; da decenni la squadra era pezzi, i record vincenti si contavano sulle dita di una mano dal dopo Lombardi e le qualificazioni ai playoff erano favole che i nonni potevano raccontare tronfi di orgoglio ai propri nipotini. L'era dell'oro che aveva ormai invaso la Nfl rischiava di escludere per sempre quella "realtà  popolare" che è il vero fiore all'occhiello della Lega e che a tutt'oggi resta, incredibilmente, una delle società  con maggiori margini di guadagno. Merito anche del sistema sportivo che li circonda, certo, ma questi Packers sono un caso più unico che raro in tutto il mondo. Quando arrivò Favre ritornarono anche le vittorie, molti grandi giocatori furono attratti dalla possibilità  di giocare, e vincere, con lui e per tutta quella gente.

Titletown riuscì a fregiarsi anche di un nuovo titolo e giocò il Super Bowl due anni di fila. Nel nuovo millennio, però, le cose cominciano ad andare meno bene. Green Bay riesce a sopravvivere su una division disarmante, dove Mike Tice è il perfetto stratega del suicidio nella Minnesota della temibile combo Culpepper-Moss mentre Chicago e Detroit litigano a chi delle due deve essere l'animale più mansueto, se l'orso o il leone. Favre non raggiunge però più nessun picco di eccellenza, e i playoff sono spesso un calvario: esce con una marea di intercetti da St. Louis (2001), tenta di prendere un 4th & 1 con la psicologia a Philadelphia (2002, sperava in un offside), perde la verginità  della Frozen Tundra in postseason per mano di Atlanta (2003) e Minnesota (2004). I due anni a seguire sono una mezza tragedia greca, tra il rischio di un addio all'attività  o, addirittura, alla sola Green Bay. Impensabile. Intanto, in quegli anni, si costruiscono storie di quarterback che, uno alla volta, puntano a soffiargli lo scettro del più forte, da Donovan McNabb a Michael Vick passando per Kurt Warner e Daunte Culpepper.

Il "one more year" che lo accompagna nell'ultima uscita casalinga del 2006 è un segno d'affetto, ma è anche la mentalità  di chi non riesce a non pensare alla leggenda a discapito dell'immediato futuro. La polvere che questo 9-1 ha gettato negli occhi dei tifosi è davvero così accecante? A quanto pare sì.

Favre non è eterno, lo sappiamo. I suoi Packers viaggiano al ritmo di una Dallas nettamente superiore solo grazie ai fallimenti di squadre più quotate a livello di roster ma fermate tutte dai più disparati motivi e che potrebbero tranquillamente tenere il fiato sul collo delle Cheesehead, pronte a scavalcarle in un batter d'occhio. Questa memorabile stagione avrà  un senso solo per i record di Favre se non dovesse arrivare l'anello, diversamente a febbraio non si potrebbe non parlare di rinnovamento. Leggendo i roster di 5 squadre Nfc si nota come, con qualche piccolo aggiustamento, queste potrebbero trovare la compattezza e la continuità  in molto minor tempo dei Packers del dopo Favre i quali, per disgrazia e orgoglio, restano legati a un mito che forse porterà  a una standing ovation tanto meritata quanto infruttuosa. St. Louis, Chicago, Arizona, New Orleans e NY Giants sono in prima fila; Washington, Seattle, Detroit e Minnesota sono potenzialmente a un passo. Dallas è già  oggi superiore.

Green Bay recita la parte di una difesa tosta, ordinata e concreta, con qualche gioiello piazzato qua e là  a impreziosire il tutto, ma davanti leggiamo di una linea che dovrà  trovare i tackle giusti al più presto, un runningback, un wide receiver (Donald Driver ha 32 anni, Greg Jennings è un favoloso secondo obiettivo, ma serve una coppia) e un quarterback, con la speranza che il tight end Donald Lee, in ricezione, non stia sopravvivendo più sullo stato di grazia di Favre che di altro.

Felice di sbagliarmi, nel caso, per carità , ma non credo che Aaron Rodgers possa essere quello che gli americani chiamano un franchise quarterback, né che questo attacco, terminato l'alone di magia, possa considerarsi futuribile in buona parte dei suoi terminali e, soprattutto, capace di giocare senza un leader come Favre dietro al centro. La linea è ottima, ma l'ammiraglio manca, mancherà , questo lo sanno tutti. Il punto quindi è: valeva la pena godersi questa stagione per rischiare poi di affondare subito nei prossimi anni? Ripetiamo, se arriva l'anello, davanti a una leggenda del genere, ne valeva la pena due volte. Diversamente sarà  stato uno splendore assistere ad altre bombe, ad altri spaventosi attacchi sul profondo, al cuore di un uomo che sembra immortale; ma al tifoso resterà  da ricostruire, e non sa nemmeno se il secondo quarterback, oggi, è capace di starci in mezzo ai bambini più grandi.

Sarà  stato il Monday Night di lunedì, nel vedere "l'atipico" e un po' grezzo Vince Young affrontare l'ottimo e concreto Jay Cutler, nella bella esibizione che Broncos e Denver hanno regalato in diretta nazionale, ma si vedono giocatori pronti a caricarsi la squadra sulle spalle per dieci, quindici anni proprio mentre a Green Bay il rinnovamento sembra sempre tardare a completarsi del tutto. Qualcuno che ha avuto più coraggio, forse, qualcuno che non sentiva il peso della leggenda e di un atleta che ha imparato a far pesare un po' troppo le proprie idee e la propria parola su tutto l'ambienta che lo circonda si è dato da fare. Favre è la legge, il potere esecutivo e spirituale di Green Bay, ed il fatto che stia avendo ragione lui, almeno per questo 2007, potrebbe essere molto più deleterio di quanto tanti tifosi non credano. Sarà  comunque un piacere vederlo ai playoff e assistere a come giocherà  le ultime carte, sarà  curioso vedere se questa volta resisterà  al canto delle sirene di fine anno o se punterà  di nuovo ad un secondo anello ora che questo sembra persino a portata di mano.

Tutto questo vuole essere piuttosto provocatorio, ovviamente, ma con le antipatie che si sta attirando Bill Belichick e le sorprese che siamo abituati ad aspettarci da questo sport non ci sorprenderemmo più di tanto di vedere gli dei del football tifare Green Bay fino alla fine…

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