La rivalità  torna in scena

Brett Favre e Brian Urlacher, i due leader del prossimo match tra le due più antiche rivali della Nfl

Domenica arriva il primo atto della rivalità  più antica della Nfl; la week 5, infatti, offrirà  come gran cenone della domenica (in America, qui sarà  troppo presto anche per una semplice colazione) il Sunday Night tra Green Bay e Chicago, gara che si svolgerà  al Lambeau Field, impianto che trasuda storia e gloria da ogni mattone, uno stadio le cui mura potrebbero narrare vicende di personaggi leggendari e incantare per giorni qualsiasi platea disposta ad ascoltare. Questo per gli americani è The Rivalry Game, da scrivere in maiuscolo, perché nessuna rivalità  del football professionistico ha la storia, il passato e il blasone che questo match riesce a proporre. Negli ultimi decenni, però, vuoi le disgrazie di una o dell'altra squadra, la sfida ha spesso perso valore per la classifica, l'interesse per il primato che fino agli anni settanta era riuscita a regalare.

Da un parte i Packers, nati da Curly Lambeau e George Whitney Calhoun nel Wisconsin, 12 volte campioni Nfl (tre Super Bowl); dall'altra i Bears, battezzati come Staleys a Decatur, Illinois, dal mitico George Stanley Halas di cui la squadra porta le iniziali cucite sulla manica e vincitori di 9 titoli (un Super Bowl), praticamente le due formazioni più titolate nella storia della lega. Quest'anno, comunque, la sfida si presenta senza la pretesa di decidere chi potrà  comandare nella Nfc North, colpa soprattutto di Chicago, partita malissimo (1-3) ed in piena emergenza infortuni e di gioco offensivo. Rex Grossman, panchinato giusto sette giorni fa per Brian Griese, esordì nella sfida vincendo subito nella tana del nemico, per poi ripetersi un anno dopo al rientro dall'infortunio e conquistando parecchi favori tra il pubblico di Chicago; con Lovie Smith, in tre anni, i Bears hanno un record di 4-2 e non hanno mai perso nel Wisconsin, ma domenica giocano anche per salvare la stagione.

Green Bay arriva però rinvigorita da una partenza a razzo (4-0) e con un Brett Favre esaltato dal record storico di TD pass e da una seconda giovinezza. La sfida ci dirà  se Chicago può ancora puntare ai playoffs o se sarà  meglio arrendersi allo strapotere che, dopo qualche anno di assenza, torna nella mani delle Cheesehead. Dura pensare che Chicago possa oggi ribaltare questo pronostico, ma ciò che ci interessa, a questo punto, è capire perché queste due squadre si odino senza alcun apparente motivo che non sia l'appartenenza alla stessa divisione praticamente da sempre (questa è la partita che si è disputata più volte nella storia della lega e si gioca dal 1921 dopo avere "bucato" solo nel 1922 e, dopo 59 stagioni, nel 1982 per colpa dello sciopero dei giocatori).

Si è sempre sentito dire che quando un giocatore arriva per la prima volta in una delle due squadre la prima cosa che gli viene detta è che è assolutamente necessario battere i rivali. Sconfiggerli, azzerarli, vincere: e basta. Questo testimone viene passato di generazione in generazione con i giocatori che si sentono orgogliosi di indossare divise così storiche e si sentono parte di una leggenda che, comunque vada la stagione, non può e non deve perdere quella partita. Quale sia stata la causa scatenate non è mai stato del tutto chiaro, ed anche se forse esisterà , da qualche parte, una storia che la racconta giusta, le fonti più disparate che ci è capitato di consultare non hanno mai chiarito a fondo la questione. Verosimilmente, però, quella che più si avvicina alla realtà  e che in buona parte dei casi viene riportata dovrebbe essere questa: nel 1920 Green Bay decise di aderire alla neonata APFA (che diventò Nfl solo nel 1922) ma ricevette il veto del "potente" Halas, tra i padri fondatori della lega, il quale sembrava interessato a un giocatore che i Packers stavamo per mettere sotto contratto. Per averlo, e di conseguenza per poter dare la chance al giocatore di avere un contratto professionistico nell'unico modo possibile allora in America, era necessario quindi tenere fuori la franchigia del Wisconsin.

La "parola" di Halas pesò come un macigno sulla decisione finale e Green Bay ottenne il "nulla osta" per aderire alla lega soltanto l'anno dopo. All'epoca i Bears erano ancora Chicago Staleys per via di un singolare contratto di sponsorizzazione firmato a Decatur da Halas con il primo finanziatore del team, e la prima gara vide proprio gli uomini di Papa Bear vincere 20-0 quando anche la rivalità  coi Cardinals (all'epoca ancora a Chicago visto che erano originari di Racine, un quartiere della Windy City) era veramente accesa in quanto "stracittadina". Molte cronache però ci raccontano che quel primo match terminò in rissa, con colpi proibiti da ambo le parti e giocatori seriamente contusi a fine gara, un segnale che ci indica come Green Bay non digerì per nulla la pressione con cui Halas tenne fuori i Packers dal primo campionato. Sarà  davvero questo il peccato originale? Mi piace pensare di sì; pensare che George Halas, che sta allo sport americano quasi quanto George Washington sta alla Costituzione, non fosse assolutamente perfetto e che potesse anche inscenare una sorta di inganno sfruttando la propria posizione per danneggiare i futuri rivali in un'epoca pionieristica per il professionismo, pensare che la prima grande battaglia coincise con la prima partita di sempre, una sfida che a livello tecnico non aveva storia ma che si è tramutata in un vero e proprio scontro tra uomini legati ai propri colori e all'onore di rappresentarli. Da una parte chi a vendicare un smacco, un'infamia, dall'altro chi a difendere il proprio diritto di essere superiori sotto ogni aspetto sul campo.

Nel 1922 le squadre non si affrontarono, mentre nel 1923 Green Bay perse 3-0, in casa, contro quelli che ormai erano definitivamente divenuti i Chicago Bears. Nel 1924 stesso risultato, così per vedere i primi punti segnati dai Packers c'è da aspettare il 1925, anno del primo doppio scontro e della prima vittoria di Green Bay (14-10 in casa), subito vendicata da un pesante 21-0 in Illinois in favore di Chicago. Domenica le due squadre si incontreranno per la 174^ volta (una sola gara di playoff, 33-14 per Chicago, in casa, nel 1941) e Brett Favre è pronto a riportare l'ago della bilancia a proprio favore. Non è un caso che Lovie Smith, una volta assunto dai Bears, indicò come primo dei tre principali punti del proprio programma la volontà  di ribaltare gli esiti sul campo della rivalità  che dagli anni '90 è pesantemente a favore di Green Bay.

Con Smith sulla sideline Chicago ha espugnato tre volte su tre il Lambeau Field e in campo c'era sempre Rex Grossman anche quando, all'esordio di campionato un anno fa, i Bears rifilarono un secco 26-0 che, per poco, Favre non ripaga in pieno nell'ultima, ininfluente, gara stagionale. A salvare i Bears dallo shutout fu Brian Griese, che con l'unico lancio touchdown della partita per la propria squadra fissò il tabellone a 7-26, proprio lo stesso Griese che domenica tenterà  di fermare i Pack. Quella dello scorso Capodanno fu la partita, tra le altre cose, dell'infamante passer rating che Grossman assestò a 0.0 in due quarti.

La serie vede comunque in vantaggio Chicago 87-79-6 anche se sono i Packers ad aver segnato più punti (2798 a 2909); ma tutto questo domenica sera non servirà  a nulla, quando buona parte delle famiglie americane si staranno per mettere a tavola per cena dai tunnel del Lambeau Field usciranno le squadre accompagnate dalle gesta, le immagini, le foto ingiallite e i bisbigli della storia di gente come Vince Lombardi (che dà  il nome al trofeo della Nfl) e Bart Starr da una parte e Walter Payton e George Stanley Halas dall'altra, con il dovuto rispetto per gli avversari che in fin dei conti non è mai mancato, con il rispetto per le regole, il gioco e la storia. A nessuno importerà  poi tanto sapere perché tutto questo è cominciato, sicuramente a tutti basterà  la certezza che, come ogni anno, questa partita è arrivata e qualunque sia la situazione in classifica, domenica, più di ogni altro giorno della stagione, si potrà  solo vincere per sapere di aver fatto tutto quello che c'era da fare perché, in partite come questa, dare "soltanto" il massimo a volte non è sufficiente. Bisogna vincerle.

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