Reggie Bush scruta il vuoto: è lo specchio della situazione che avvolge i Saints.
Proprio un anno fa il Monday Night Football era stato il palcoscenico ideale per la risalita alla dignità di una città come New Orleans, bisognosa di un nuovo inizio post-devastazione nonchè di un rinnovato spirito di compattezza e speranza da parte della sua gente, in parte individuato dall'amorevole supporto dei locali Saints in una stagione rivelatasi fantastica, terminata ben al di sopra delle più rosee aspettative. In diretta nazionale, giunti imbattuti alla terza settimana di gioco, i Saints presero a calci i rivali divisionali di Atlanta, sulla carta ben più quotati, rendendo quel lunedì sera così spettacolare un ricordo dolce e piacevole, aggettivi che da quelle parti da tempo non si usavano, in seguito a quella terribile disavventura chiamata Katrina.
Dodici mesi dopo il contesto è molto simile, è la terza di campionato ed i Saints giocano davanti all'attenzione di tutti gli Stati Uniti ma la situazione è ben diversa, e quella stessa squadra da molti pronosticata al Super Bowl è in netta crisi d'identità , arranca all'ultimo posto della Nfc South e rischia, dopo la terza sconfitta consecutiva, di non riuscire più a riparare gli errori commessi sul campo.
La sfida di ieri notte, mortificata dai media americani come semplice scontro tra due delle prime tre selezioni del draft 2006, significava ben di più: era infatti l'occasione ideale per capire se quello dei Saints fosse stato un incidente di percorso risolvibile con una boccata d'aria di casa, e nel contempo per valutare con maggiore attenzione le possibilità di una squadra bene attrezzata e sottovalutata come Tennessee, squadra priva di nomi da urlo (chiaro, con qualche eccezione) ma diretta con sapienza e reduce da un inizio di campinato molto positivo.
Difficile sputare sentenze nel football americano, le cose cambiano con una frequenza inaudita, ma è oramai lampante che il meccanismo felice che faceva funzionare i Saints, e che con tutta probabilità mascherava dei difetti ben più gravi, non è più lo stesso.
L'attacco principe della lega dell'anno passato è attualmente il sesto peggiore di tutta la lista, la produzione di yards non è lontanamtente avvicinabile a quella della gestione precedente (considerando pure che molta di questa è arrivata a sconfitta abbondantemente acquisita), la linea offensiva che solo pochi mesi fa era diventata un punto di forza non riesce più ad incidere.
Per questo e per molti altri motivi Drew Brees, ieri alla peggior prestazione di carriera, è irriconoscibile: con i 4 intercetti subiti ieri, tra cui quello riportato in meta da Vincent Fuller nel quarto periodo, salgono a quota 7 (fumbles esclusi) i turnovers commessi a fronte di un solo passaggio da TD per un totale di 677 yards, cifre che fanno letteralmente impallidire se confrontate con quelle dello scorso anno alla stessa settimana di gioco.
Non è migliore il gioco terreno: la coppia Bush/McAllister è ferma a 172 yards totali in tre partite giocate, poco contano le due mete ravvicinate che il buon Reggie ha segnato ieri, ed il guaio peggiore è la notizia della lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio dello stesso McAllister, che con ogni probabilità verrà inserito in injured reserve terminando una stagione molto deludente.
Eppure i Saints in partita ci sono stati, sfruttando gli errori di un avversario che nonostante un punteggio finale più punitivo del necessario non era stato in grado di chiudere la partita addirittura nel primo tempo, quando il 10-0 di parziale con il quale i Titans si erano momentaneamente imposti sarebbe potuto essere ben più largo senza uno snap maltrattato andato a togliere almeno tre punti dal tabellone, nonchè con una gestione migliore delle chiamate nelle ultime 20 yards.
Brees e compagni, messi fuori tempo e talvolta schiacciati dall'enorme pressione della linea difensiva avversaria, avevano comunque trovato un modo per uscire dall'impaccio confezionando due serie molto interessanti, la prima andata a chiudere il primo tempo con un minimo di inerzia, la seconda andata quasi a convincere che negli spogliatoi lo sfrontato Sean Payton, che aveva lasciato perplessità chiamando un lancio profondo su un quarto e corto nel primo periodo, avesse effettivamente eseguito tutti gli aggiustamenti necessari.
L'inaspettata ascesa del wide receiver Lance Moore (6/54) ed il mismatch appositamente creato da Bush (solo 15 yards su corsa) su David Thornton nelle ricezioni corte e centrali sembravano aver nuovamente bilanciato e coperto le molteplici magagne difensive, emerse con preoccupante puntualità in occasione della meta da 35 yards concessa a Brandon Jones.
La pressione sul quarterback si è rivelata la vera carta vincente per i Titans, da qui sono infatti nati i principali turnovers che hanno condizionato il risultato finale: il fumble forzato da Travis LaBoy, dal quale è nato il drive del 24-14, è stato il vero punto di svolta della contesa, senza dimenticare la strepitosa prestazione di un Keith Bulluck autore di ben tre intercetti, uno dei quali arrivato grazie ad un propizio intervento del difficilmente contenibile Kyle Vanden Bosch sul movimento di lancio di Brees.
Un composto e migliorato Vince Young (14/22, 164, 2TD, INT), capace comunque di attirare su di sè le maggiori attenzioni di una difesa che ha concesso tantissimo, ha finito con diligenza il lavoro dimostrandosi migliorato sia per accuratezza di passaggi che per presenza celebrale nella tasca, all'interno della quale ha preso delle decisioni che hanno finalmente garantito una continuità diversa a molti dei suoi drives offensivi.
Mentre i Titans si godono la loro miglior partenza degli ultimi 5 anni, i Saints si trovano ad affrontare una situazione delicata ed imprevedibile che li vede combattere contro gli spettri di un passato perdente, in un ruolo di svantaggio all'interno di quel duro confronto instaurato con chi li aveva dipinti come una semplice meteora, come una squadra motivata solamente dalla rinascita di una città devastata, in grado di giocare al di sopra delle proprie possibilità soltanto in una situazione di particolare motivazione.
E mentre i Titans di Jeff Fisher non sembrano essersi fermati da quella importante striscia vincente di un anno fa, la strada dei Saints è sempre più in salita: gli avversari li conoscono molto meglio di un anno fa, non sono più una sorpresa e la loro esplosività , per il momento, è solamente un ricordo.
Nessuno si sarebbe aspettato di trovare i Saints con un record esattamente opposto a quello di un anno fa, in una crisi così nera e con una strada così in salita, aggravata dalla perdita dell'unico giocatore in grado di dare continuità al gioco di corse e non sostituibile dal solo Bush, che running back puro non è e non sarà mai.
Impensabile, solo un mese fa, che i Saints dovessero azzerare il tutto e ricominciare daccapo dovendo già inseguire le concorrenti nel tentativo disperato di salvare un campionato dopo tre sole giornate.
Oggi, invece, è questa la dura realtà con cui la delusa New Orleans sportiva deve svogliatamente convivere.