Ahman Green, con Schaub è il volto vincente di questi
Sono passati già cinque anni da quando Houston ritrovava la strada, smarrita con la dipartita degli Oliers, della NFL, cinque lunghe stagioni avare di soddisfazioni e dense di delusioni, aspettative mai realizzate e promesse mai mantenute. All'inizio della sesta avventura nella lega targata Texans però le cose, per la città che è stata la patria sportiva di Moon e McNair, stanno per cambiare, sintomo di una squadra profondamente rinnovata e messa nelle mani di un houstoniano vero, Gary Kubiak, capace di infondere le giuste motivazioni ai suoi ragazzi.
L'impatto con la NFL per l'ex offensive coordinator dei Denver Broncos non è però stato dei migliori, a partire dal draft 2006, che gli viene ancora imputato tuttora per la mancata scelta di Reggie Bush in favore del defensive end da North Carolina State Mario Williams, fino alla regular season di per se, dove lo spettro maledetto di quella prima scelta sballata sembra aleggiare sul backfield di Houston, alle prese con l'infortunio perpetuo di Domanick Williams e con l'inconsistenza dei vari sostituti, Wali Lundy, Sam Gado, Ron Dayne, Chris Taylor.
Chiuso il 2006 con due vittorie negli ultimi due match di regular season, 6-10 il record totale, Kubiak e soci si trovano ad affrontare diversi problemi, primo su tutti quello di dare alla gente di Houston una squadra finalmente vincente; per fare questo capiscono che è necessario operare delle scelte drastiche, nonché ingaggiare giocatori capaci di ridare lustro ad un gruppo che ha pagato troppo in termini di inesperienza e qualità rispetto alle altre franchigie della lega. Tra la primavera e l'estate i Texans cambiano completamente volto, tagliando la storica prima scelta David Carr dopo aver preso il promettente QB Matt Schaub da Atlanta, ed essersi assicurati le prestazioni del veteranissimo runningback Ahman Green, in rotta con la dirigenza di Green Bay.
L'arrivo di questi due nuovi giocatori da la possibilità a Kubiak di rifondare con decisione l'attacco, risultato in passato inconcludente, poco convincente, ma soprattutto mai in grado di servire a dovere il suo miglior elemento, il wide receiver da Miami Andre Johnson, prima scelta di Houston nel 2003. Per riuscire nell'intento salta subito agli occhi come sia indispensabile mettere a posto anche l'offensive line, dai più indicata come la principale croce sull'asfittica carriera NFL di David Carr; a sorpresa invece i Texans non si muovono più di tanto durante l'offseason, ma si limitano solamente a promuovere titolare il tackle Eric Winston, scelto nel draft 2006, e ad assicurare più profondità al reparto mettendo sotto contratto Jordan Black, ex Kansas City Chiefs, e chiamando con la quinta e sesta scelta del draft due uomini di linea, Brandon Frye tackle da Virginia Tech, Kasey Studdard guardia da Texas.
Nonostante i pochi cambiamenti nella linea di attacco Schaub ad inizio dell'attuale stagione si ritrova davanti una pass protection finalmente concreta che in due partite lo porta a subire solamente due sack, entrambi nella prima contro i Chiefs, e gli permette di ritagliarsi il tempo necessario a trovare l'opzione giusta cui indirizzare i propri passaggi. Il quarterback al quarto anno da Florida ha messo subito in piedi numeri di tutto rispetto, lanciando per 225 yards, 1 touchdown, contro Kansas e per 227 yards, 2 touchdown, contro Carolina, fugando così qualsiasi dubbio fosse nato sulle sue capacità di guidare un attacco NFL. La sua buona visione di gioco e la continua ricerca del ricevitore più libero cui affidare il pallone sta portando buonissimi frutti a tutto l'attacco di Houston, dove Andre Johnson rimane leader indiscusso grazie a due match consecutivi che lo hanno portato a superare il tetto delle 100 yards, 142 contro i Chiefs e 120 contro i Panthers.
A godere della qualità portata in dote da Schaub non è però il solo Johnson, ma anche Owen Daniels, lieta sorpresa del passato draft, che si sta rivelando uno dei più produttivi tight end della lega con 68 yards ricevute in due partite che lo hanno di fatto eletto come secondo ricevitore della squadra, in attesa dei progressi del rookie da Lane College Jacoby Jones. Un reparto ricevitori in netta crescita è una delle armi su cui potrà contare Houston nel proseguo della stagione, anche se buone prestazioni le stanno indubbiamente fornendo anche i runningback, dove Ahman Green non si sente ancora pronto ad appendere le scarpette al chiodo, come pronosticato da qualcuno, e il redivivo Ron Dayne sembra essersi finalmente ricordato di essere stato un Heisman winner nel recente passato.
L'ex runner di Wisconsin ha iniziato questa stagione con il piede giusto, strappando il ruolo di backup a Samkon Gado, e correndo per 77 yards nelle prime due uscite stagionali, confermando di essere, almeno per ora, l'ideale complemento del HB numero 30 trasferitosi in estate da Green Bay; dal canto suo anche Green sembra tornato su livelli più che accettabili, tanto che i fumble sfornati in serie con i Packers paiono ormai un lontano ricordo. Sarà il clima di Houston, molto meno rigido rispetto a Green Bay, sarà la possibilità di coprire il terreno del Reliant Stadium grazie al tetto semovente, ma attualmente il runningback da Nebraska non ha ancora perso un pallone nell'arco delle 31 portate effettuate.
Di rimando c'è una difesa che invece di fumble continua ad intendersene, soprattutto grazie all'apporto di colpitori che in cinque situazioni sono già riusciti a separare il giocatore avversario dal pallone; Jamar Fletcher, Amobi Okoye, prima scelta dell'ultimo draft da Louisville, Will Demps, ultimo acquisto di Houston proveniente dai Giants, Demarcus Faggins, e DeMeco Ryans, linebacker rivelazione della stagione 2006, i nomi dei cinque texans che hanno forzato le perdite di possesso, cinque nomi che hanno dato un forte apporto a questo ottimo inizio di stagione della franchigia. Soprattutto Ryans continua a confermare quello che di buono ha fatto intravedere nella scorsa stagione, conclusa con 145 tackle all'attivo, mettendo a segno tackle in serie, 7 nei primi due match di stagione regolare, e trasformandosi in quel leader difensivo che per anni è mancato a Houston.
In quest'ottica manca ancora un po' il first rounder 2006 Mario Williams, alle prese ancora con alti e bassi piuttosto contrastanti, che lo hanno portato ad essere dominante e decisivo contro Kansas City, ma tremendamente inconsistente con Carolina. Nella prima partita della stagione la linea offensiva dei Chiefs ha avuto non pochi grattacapi a fermarlo, visto la costanza con la quale si addentrava tra le maglie avversarie che lo hanno portato a chiudere il match con 5 tackle, 2 sack, 1 fumble recuperato e 3 pressioni sul quarterback avversario, numeri impressionanti che ne avevano finalmente confermato le qualità ; di contraltare nella seconda uscita contro i Panthers è letteralmente sparito dal match, entrando sul tabellino della partita per un solo tackle messo a segno sul finire del primo quarto.
Il numero 90 rimane tuttora la grande incognita di questa difesa, ottima sia sulle corse che sui passaggi, almeno quando non si trova di fronte dei fenomeni del calibro di Steve Smith, che l'ha colpita 8 volte per 153 yards nell'ultimo match. Resta il fatto che comunque a stupire è la condizione generale della difesa, con titolari e riserve sempre pronti a prestare il loro apporto alla causa, nonché in grado di fornire prestazioni di livello in ogni occasione, come dimostrano i 50 tackle e i 3.0 sacks totalizzati, in media, a partita; con questi numeri i Texans sono di fatto, attualmente, la terza difesa sulle corse della lega, quindicesima sui passaggi, e la nona squadra nel ranking total defense della NFL.
La partenza 2-0 per la prima volta nella storia di Houston è quindi figlia di fattori concreti, tangibili, e non di situazioni fortuite o in qualche modo imputabili ad episodi del tutto casuali; essere diventati il quindicesimo attacco della NFL non è una cosa che nasce da un giorno all'altro, ma deve essere costruita passo a passo, trovando gli uomini giusti, vedi Schaub e Green, capaci di aiutare la squadra a fare il salto di qualità decisivo. Con quello visto nei primi 120 minuti di football giocato dalla franchigia texana vengono anche messe in dubbio le scuse accampate per anni per giustificare le mediocri prestazioni di David Carr, come la linea offensiva inadeguata, che per quanto osservato finora, è solo un lontano ricordo.
La strada dei Texans non sarà facile, tutt'altro, per questo Kubiak farà bene a tenere i giocatori sempre in tensione, costantemente in clima partita, in modo da scongiurare ogni qualsiasi calo di pressione e il rischio di sedersi sugli allori prima di aver conquistato il vero traguardo. Allo stato attuale delle cose Houston ha tutto per puntare finalmente ai playoffs, per questo sarà necessario seguire con attenzione le prossime partite con Indianapolis e Atlanta, le prime che potrebbero essere giocate senza il playmaker Andre Johnson, alle prese con un infortunio che rischia di renderlo indisponibile già per il match divisionale contro i Colts, e indubbiamente i primi banchi di prova concreti per testare la reale consistenza di questi Texans.