Freddie Keiaho si prospetta come giocatore d'impatto al suo primo anno da titolare.
Sottostima e critiche sono due sentimenti spesso presenti nei confronti della Indianapolis del football negli ultimi tempi, persino dopo la tradizionale visita dei Colts al presidente Bush, consuetudine in vigore per chi può vantare il titolo di campione del mondo.
Dapprima era Peyton Manning a non andare, non aveva abbastanza carattere il ragazzo, si diceva, per andare avanti nei playoffs, e la sua carriera sembrava condannata a rispecchiare quella di un altro grandissimo del passato, Dan Marino. Records individuali a volontà quindi, ma niente argenteria.
Quindi l'occhio del ciclone si è spostato (a ragione, ci mancherebbe) su una difesa disastrosa sulle corse, che nel 2006 era riuscita a concedere 100 o più yards agli avversari in ogni singola partita di regular season disputata, fatto che non accadeva nella Nfl dal 1984, portando in dote una media di 173 yards a gara, equivalenti a 5,3 di media di guadagno ogni qualvolta un avversario decideva di correre il pallone. Semplicemente inaccettabile per una squadra di tali ambizioni.
La difesa ha quindi lentamente surclassato Manning nell'elenco delle motivazioni per cui i Colts non avrebbero mai vinto nulla, perché gli ultimi campionati avevano dettato dei trend definiti, con Tampa Bay, Baltimore e New England ad esaltare le proprie cavalcate verso la gloria con eclatanti prestazioni difensive, rendendo virtualmente impossibile compiere l'impresa per una squadra costretta a limitare i danni segnando più della sua rivale diretta, fattore che limitando Manning era stato facilmente arginabile nelle recenti avventure ai playoffs dei ragazzi di Tony Dungy.
Proprio ai playoffs, Indianapolis aveva accolto a braccia aperte il ritorno di uno dei giocatori di maggiore impatto di quel critico reparto, quel Bob Sanders capace di leadership, aggressività , reattività e grinta; i risultati non avevano tardato ad arrivare dato che le yards su corsa concesse di media sarebbero passate ad 82,8 una volta giocate tutte le partite di postseason, Super Bowl compreso, ed al miglior corridore della Nfl, Larry Johnson, erano state concesse qualcosa come 32 yards nel primo turno, assieme ad una sommatoria di punti concessi nei primi due turni corrispondente a 14.
Ovvio, la sola presenza di Sanders, pur avendo avuto un sicuro impatto, non era bastata a giustificare una simile differenza in uno sport dove la sintonia del complesso è essenziale per riuscire a vincere: il reparto difensivo aveva fatto gruppo ritrovando comunità d'intenti, e motivato a dovere era finalmente riuscito a dare il contributo che gli si richiedeva da tempo per fare il salto di qualità . La maturazione definitiva di Manning aveva fatto il resto.
Arriviamo ad oggi. I Colts sono i campioni in carica, ma San Diego e New England sono un giro davanti nei power rankings, la storia dei sottovalutati rischia di ripetersi perché quella difesa così trasformata ha perso i pezzi, due cornerbacks, un defensive tackle ed un linebacker titolari hanno lasciato la squadra da free agents, ma i Colts sono consapevoli di avere in mano i tasselli giusti per rimpiazzare chi è andato via, avendo lavorato molto bene con le scelte del draft.
Nick Harper, Cato June, Booger McFarland, Montae Reagor e Jason David appartengono al passato, Freddie Keiaho, Marlin Jackson, Kelvin Hayden, ed il rookie Ed Johnson sono i giocatori chiamati alla difesa del titolo.
Premesso che stiamo parlando solamente ad una settimana esatta dall'anticipo di campionato che ha visto i Colts dominare i Saints e che sentenze definitive non se ne possono certo sparare adesso, sembra le cose siano proseguite per il verso giusto considerato che questa difesa ha limitato, innervosito, e falcidiato nientemeno che il miglior attacco della Nfl del 2006, quello del sottovalutato Drew Brees, del consistente Deuce McAllister, della stella Reggie Bush, e della sorpresissima Marques Colston. Doveva essere una festa a botte di fuochi artificali, data la spiccata potenza offensiva delle due compagini, ma alla fine è stata una storia a senso unico.
Valutando la generalità della partita non si può dire che in difesa i Colts siano stati esenti da errori, e come lo stesso Dungy ha fatto sapere dopo aver visto i filmati della gara con i giocatori, in diverse occasioni sono state le prestazioni individuali a fare la differenza perché sono andate a coprire quella parte di assegnazioni di marcatura che non erano state rispettate, soprattutto nei confronti del tight end Eric Johnson. I numeri finali dell'attacco di New Orleans, ad ogni modo, sono stati distanti anni luce da quelli che solevano produrre l'anno passato.
Chi ha fatto la differenza quindi?
Indiziato numero uno - Keiaho, Freddie: linebacker al secondo anno di esperienza, titolare per la prima volta, Keiaho è stato uno degli elementi più incisivi visti in campo giovedì scorso, ed autore di diverse azioni incise sul momento della partita. Bravo nel districarsi tra i blocchi della linea offensiva, ha effettuato una giocata capitale prendendo Reggie Bush per un piede verso la fine del secondo quarto mentre veniva bloccato da Matt Stitchcomb, causando ai Saints un quarto down psicologicamente importante. Keiaho è stato presente in diverse azioni chiave conseguite in placcaggi di gruppo, le quali hanno dato segnale di reattività da parte dell'intero reparto: ambivalente come efficacia sia nelle corse che nei passaggi, che spesso ha coperto tenendo la sua zona di competenza, ha iniziato il placcaggio nel traffico ed ha rallentato i corridori dei Saints quel tanto da permettere alle safeties di arrivare e piazzare il colpo decisivo all'interno delle prime 3-4 yards dello svolgimento dell'azione, costringendo Brees a situazioni di ovvio passaggio più facilmente difendibili.
Indiziato numero due – Freeney, Dwight: non di certo una novità , si tende a giudicarlo dal numero di sacks che porta a casa a fine anno, ma il suo impatto è molto maggiore. Dotato di straordinaria velocità di base, Freeney è considerato il maestro dello spin, ovvero quel movimento rotatorio che mette fuori causa gli uomini di linea privi di movimenti laterali. Il suo incessante lavoro di pressione mette fuori ritmo il quarterback, consente alle secondarie di recuperare eventuali svantaggi e rompe i giochi: la sua velocità impedisce a Brees di sviluppare gli screen laterali per Bush, in un caso il pallone viene deviato e cade a terra incompleto. La pass rush che lui e Mathis creano, porta al primo intercetto di serata.
Indiziato numero tre – Morris, Rob: è il meno pubblicizzato dei linebackers, ma ha beneficiato più di tutti dello spostamento dal mezzo al lato forte, è un giocatore trasformato. Suoi due dei placcaggi più frustranti subiti da Bush nella serata, validi per perdite di terreno in situazioni normalmente produttive per i Saints. Ha la velocità di reazione necessaria per girare attorno al blocco, come Keiaho e Brackett è protagonista di diversi interventi a ridosso della linea di scrimmage, poi finiti dall'arrivo delle secondarie.
Queste prestazioni, assieme ad altri episodi individuali da tenere comunque in considerazione come il fumble provocato e ricoperto da Robert Mathis, i placcaggi di un Raheem Brock raramente visto così in forma, l'intercetto riportato in meta da Matt Giordano a partita archiviata e l'intelligenza di Sanders nel reagire conformemente allo svolgersi dell'azione trovandosi sempre vicino ad essa, si riesce ad avere la chiave di lettura della partita difensiva dei Colts, che hanno tenuto Brees ad un parziale di 15/23 per 75 yards alla fine del terzo quarto.
Riguardo le famose corse, il duo McAllister/Bush ha vissuto una serata molto difficile collezionando un totale di sole 76 yards (esattamente 38 a testa), fattore che ha cambiato presto la strategia di gioco di uno Sean Payton conscio della scarsa credibilità del ground game, abbandonato man mano che il passivo si faceva sempre più pesante.
E come ciliegina sulla torta, chissà come dev'essersi sentito l'ex di turno Jason David, autore sì di un TD su ritorno di fumble, ma bruciato in copertura su tre delle mete offensive realizzate da MArvin Harrison e Reggie Wayne"
Giudicare come rivitalizzata e dominante una difesa che più avanti troverà test più duri di questo, soprattutto perché gli attacchi diventeranno sempre meno imballati, non è nelle nostre intenzioni, sia chiaro. Tony Dungy ha abituato i suoi ragazzi ad affrontare una sfida alla volta, senza preoccuparsi delle pressioni esterne: l'ultima volta che ha avuto successo è arrivato un Super Bowl.
Se questa è la difesa che si presenterà in campo anche le prossime volte sarà difficile porre Indianapolis come terza incomoda per la supremazia della Afc, se la tenuta atletica e la salute fisica reggono questi Colts possono fare di nuovo molta strada, e vedere se gli ostacoli posti dal duo Brady/Moss e dall'Mvp uscente Tomlinson potranno davvero essere superati, nuovamente contro tutte le previsioni.
Ad Indianapolis, oramai, ci hanno fatto il callo.