Robert Geathers festeggia una delle sue numerose giocate di ieri notte.
In occasione dell'oramai tradizionale doppio Monday Night che chiude la giornata di apertura, il primo opener in diretta nazionale di sempre in casa Bengals, si sono presentati poco più di 66.000 spettatori al Paul Brown Stadium di Cincinnati, secondo record ogni epoca della recente storia dell'impianto in fatto di tagliandi staccati all'ingresso; l'evento era di quelli da non perdere perché poneva una contro l'altra due forti contendenti della Afc North, consce di non dover perdere terreno nei confronti dei Pittsburgh Steelers, vincenti il giorno prima contro Cleveland, e consapevoli dell'importanza di una vittoria divisionale quando i conti per un'eventuale corsa ai playoffs potranno ritornare utili in caso di decisioni da prendere nello spezzare le scomode situazioni di parità che spesso a fine stagione trasformano un campionato con un bilancio positivo in una delusione.
Se nella giornata domenicale, nonché nell'anticipo del giovedì, avevamo usato spesso la parola inusuale nei nostri pensieri per come molte delle partite erano state vinte, tale concetto non è per nulla fuori luogo collegando gli eventi che hanno determinato l'imposizione dei Bengals per 27-20 nei confronti di una squadra fisica e punitiva come i Baltimore Ravens, perlomeno a giudicare quanto successo negli ultimi istanti di gara e valutando chi, alla fine, è stato più determinante degli altri.
Quattro fumbles ricoperti, due intercetti da parte di due uomini di linea, un touchdown difensivo, sette azioni difese consecutivamente dinanzi alla propria goal line sono statistiche che non è poi tanto difficile trovare nei tabellini che Ray Lewis e compagni sono abituati a compilare: per una volta, il loro modo di vincere le partite gli si è ritorto contro, e questi numeri sono stati scolpiti da una difesa che era stata la terza peggiore di tutto il 2006.
Ebbene sì, la criticatissima difesa di Marvin Lewis, incolpata con cognizione di causa di essere l'anello mancante tra una squadra da playoffs ed una da Super Bowl, si è eretta quale improbabile protagonista della gara davanti al palcoscenico nazionale, riuscendo a tenere distante un attacco che dalla linea delle 2 yards avversarie non ha saputo raggiungere il pareggio, impossibilitando la percorrenza di una così breve distanza che talvolta nella Nfl si trasforma in un abisso.
Kyle Boller, entrato a sostituire uno Steve McNair tediato dai crampi (ed il fatto che non sia stato il solo rende l'idea circa l'intensità della partita) nell'ultimo drive della contesa, a dire il vero ci aveva provato ed era pure riuscito a trovare in endzone con un preciso pallonetto le mani sicure dell'opzione principe dei Ravens in tale situazione, vale a dire Todd Heap, ma la meta era stata immediatamente annullata per un fallo offensivo dello stesso tight end nei confronti del suo marcatore, Dexter Jackson, causando quindi la ripetizione del down con ovvio arretramento del punto del nuovo snap. Commettendo uno di quegli errori che fanno infuriare chiunque, i Bengals avevano commesso un holding nell'azione immediatamente successiva, che aveva ridato un primo down automatico ed aveva segnato l'inizio di un nuovo incubo.
Questo lo scenario che ha fatto da contorno alla prontezza di riflessi di Michael Myers, che ha vissuto un raro momento di gloria raccogliendo in tuffo un pallone dapprima rimbalzato sul petto del solito Heap e quindi ulteriormente tenuto in aria dal tocco di un altro difensore, sigillando una vittoria sofferta e molto combattuta per la sua squadra.
Tuttavia, la prodezza di Myers non è stata la sola a condizionare l'andamento delle ostilità : un gesto di simili modalità era costato caro a Baltimore quando Robert Geathers, migliore in campo con tutta probabilità , aveva colto un passaggio sfuggito dalle mani di Derrick Mason gettandosi a terra appena prima che l'ovale terminasse il suo percorso verso il basso, evitando il pericolo che Baltimore, sopra di un punto in quell'istante, potesse provare a chiudere la partita e decretando nel contempo il secondo ed ultimo intercetto ai danni del frastornato McNair, il quale aveva già dovuto sopportare in precedenza le conseguenze di un pallone scivolatogli dalle mani, tramutato in sette punti dal ritorno di Landon Johnson.
Troppi i sei turnovers commessi dall'attacco dei Ravens, maggiormente deleteri perché avvenuti in posizioni di campo molto favorevoli ai Bengals, come sempre puntuali e spietati nel prendere il sopravvento psicologico dell'avversario immediatamente dopo un errore, prerogativa dalla quale sono poi nati i TD di Chad Johnson (memorabile la giacca sfoggiata sulle sidelines) prima e T.J. Houshmandzadeh poi, tutto ciò nonostante una prova numericamente sotto il par di Carson Palmer (20/32, 194 yards, 2 TD) ed un fumble di Rudi Johnson che ha rischiato di riaprire la partita.
Una legge non scritta del football sancisce che perdere è inevitabile se non si ha cura del pallone e solo così è spiegabile una sconfitta nella quale i Ravens hanno prodotto 314 yards offensive contro le 236 degli avversari, con Baltimore a rientrare in gara solamente grazie ad un punt return di Ed Reed, autore del suo quinto TD di carriera.
Pesante il bollettino medico: i Bengals hanno perso ben tre titolari della linea offensiva, Willie Anderson, Eric Ghiaciuc e Levi Jones, e sono dovuti rimanere momentaneamente senza Shayne Graham, che tentando un field goal nel primo tempo ha riaggravato un vecchio problema alla coscia; dal canto proprio i Ravens hanno giocato il secondo tempo senza Jonathan Ogden, ed ora aspettano i risultati degli esami che verranno eseguiti in giornata sul braccio di Ray Lewis, che ha giocato sopportando il dolore di un colpo di conseguenza ad un suo placcaggio nel primo quarto.
Marvin Lewis si è ovviamente dichiarato soddisfatto della vittoria ai microfoni della stampa, pur non enfatizzando troppo la prova corale ed individuando diverse aree di miglioramento per i suoi giocatori al fine di preparare la meglio un'altra importante partita divisionale, quella di domenica contro Cleveland. Il coach ha lamentato inefficacia circa la difesa sulle corse e troppe situazioni di terzo e lungo in attacco, sottolineando l'inconsistenza di un gioco di corse molto limitato (d'altra parte Rudi Johnson è l'unica opzione esistente) e frenando i facili entusiasmi che una vittoria di tale spessore potrebbe generare.
Il primo passo verso la direzione giusta i Bengals l'hanno fatto, stavolta senza la tradizionale spettacolarità che sono capaci di mettere in scena ai nostri occhi durante le loro esibizioni: in fondo, "An ugly win is always a win."